Per cortesia, guardate l'immagine della copertina.
In questa pagina, tornate in alto e fissate chi vi fissa dal dagherrotipo.
Se ce la fate.
Perché un conto è inserire immagini che riproducono scheletri, o parti di questi, un altro è riprodurre fotografie post-mortem o rappresentanti cadaveri in putrefazione.
Ne ho già accennato, ma trovo utile ribadirlo.
E' facile fare entrare uno scheletro nella nostra virtualità, che sia bacheca, blog, pagina o gruppo.
Lo scheletro, che pure io sto utilizzando, ha poco delle sembianze dell'uomo, così come lo familiarizziamo durante la vita. Difficilmente la sua visione inquieta, a volte, anzi, il nostro giudizio è tanto neutro da riuscire a rappresentarlo in pose grottesche, che inducono al riso.
Inserire immagini scheletriche non è indice di sapere gestire l'evento morte, a livello individuale e sociale, ma, nella peggiore delle ipotesi, è, al contrario, spia svelata di quanto temiamo la morte.
Ora, provate ad immaginare una fotografia post-mortem sulla vostra bacheca, o quella di un cadavere in putrefazione.
Immaginatele in atteggiamenti ironici. Ad esempio, immaginate che, a fianco della famiglia da me riprodotta ci sia la fermata di un autobus e la didascalia "Ancora in attesa del n. 13". Se fosse riferita ad uno scheletro, potrebbe persino strappare un sorriso, magari sarebbe condivisa.
Non nel caso di una famiglia ritratta accanto ai propri defunti, bambine nel caso specifico; non nel caso del cadavere putrefatto.
Perché qui si tratta ancora di corpi riconoscibili, che causano senso di fastidio, fino alla repulsione. Perché la morte per noi vera non è rappresentata dallo scheletro, privo di fisiognomica umana, comunque lontano, ma della negazione assoluta, improvvisa, inaspettata (bambini), della vita. O dalla trasformativa, gonfia, lacerata, pestilenziale e verde/nera, del corpo in putrefazione.
Ed ora, forza, riguardate negli occhi i soggetti del dagherrotipo. Si sono messi in posa con le figlie morte per stabilire un patto di non aggressione, per rinsaldare il ricordo prima della putrefazione delle bambine.
Per catturare un po' della loro anima all'interno della foto.
Guardateli e pensate questo, che tutti sono morti.
E chissà, magari un po' del loro inquieto spirito è rimasto nella foto.
Chissà, magari adesso tutta la famiglia è nel vostro schermo.
Vi osserva. E si chiede se può esserci unione tra loro e voi.
Chissà, magari, da quando esistono le fotografie, i video, da quando proliferano le eternità di internet, che salvano frasi, profili, immagini, anche dopo il nostro decesso, qualcosa ci tiene qui, con i vivi, e allo stesso stempo sta imprigionando un numero crescente di morti.
Guardate bene la foto, per cortesia, e ditemi se, davvero, vi sembra del tutto assurdo che questo stia accadendo.
Ora.
[dal romanzo "Mirabilia- Nostra Signora della Fossa" di Giovanni Sicuranza]
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