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Esempio di Relazione medico legale. La Valutazione Multidimensionale dell'Anziano

Tolti i riferimenti nel rispetto della riservatezza (vi piace di più "privacy"?), riporto una mia Relazione scritta in risposta al parere negativo del Consulente Medico d'Ufficio, incaricato da un Giudice del Tribunale del Lavoro di rispondere sulla sussistenza dei requisiti per l'indennità di accompagnamento. Non cominciate a sbadigliare, non è troppo tecnica, forse persino utile per comprendere anche aspetti di interesse sulle autonomia della personza anziana (e non solo).





Dott. Giovanni Sicuranza
Medico Chirurgo
Specialista in Medicina Legale
cell.: 338-…..
e-mail: giovanni_sicuranza@....




Controdeduzioni medico-legali


a Relazione di Consulenza Tecnica d’Ufficio


del Professore Libro de’ Libris


Causa:
Itala NEGATA / INPS


RGL n. …



Premessa.


Nella Relazione Medico Legale di Consulenza Tecnica d’Ufficio, redatta il 15.08.2009 in merito alla causa in epigrafe, il professore Libro de’ Libris, incaricato come CTU dal Giudice del Tribunale Ordinario di …, Sezione Lavoro e Previdenza, Dott. XY, risponde al seguente quesito: “… accerti il CTU, esaminati gli atti e i documenti di causa, esperiti tutti gli accertamenti che riterrà opportuni e necessari, se le infermità da cui era affetto il ricorrente al momento della visita di revisione o altra data che sarà ritenuta congrua, ne avessero determinato un’invalidità al 100% con diritto all’indennità di accompagnamento, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”.


Il CTU giunge alla seguente conclusione: “… si può quindi concludere che la ricorrente si trovi nella condizione di non poter compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita dalla data del 13/6/2009”. Come sopra spiega, tale data è quella della “visita da me eseguita”.


La data della domanda amministrativa, che il CTU non cita in perizia, come se fosse elemento di nulla importanza, e che pertanto è doveroso ricordare, è il 12.07.2007.


In sintesi, il professore Libris ritiene che solo circa due anni dopo (13.06.2009) la sig.ra NEGATA abbia diritto all’indennità di accompagnamento, in quanto in tale data ha il riscontro obiettivo che la ricorrente è priva “dell’autonomia necessaria ... in quanto sono compromesse sia le capacità motorie che quelle cognitive necessarie”.


Dati utili, per il CTU, si ricavano dalla cartella clinica dell’ultimo ricovero, in cui, tra l’altro, “si registra che la paziente vive da sola e che ha almeno una parziale autonomia motoria”. La cartella clinica in questione è riferita al ricovero dell’aprile 2009 presso l’Ospedale "…".


La sig.ra Itala NEGATA versa in realtà in condizioni di erosione significativa dell’autonomia quantomeno fin dalla data della domanda amministrativa.


C’è un documento utile, importante, che il CTU cita nell’elenco sintetico della “documentazione agli atti”. Lo stesso documento che poi, inspiegabilmente, svanisce nelle “considerazioni medico legali” dello stesso CTU, specialista in Medicina del Lavoro.


Considerazioni che, invece, sono focalizzate alla data della visita di CTU e, per quanto concerne il passato, su una cartella clinica, relativa a recente ricovero (marzo 2009), in cui si evince che la sig.ra vive da sola e ha una parziale autonomia.






Quindi, prima di esaminare il documento in questione, cominciamo dalle stesse osservazioni che il Professore Libris sintetizza per demarcare il limite temporale del riconoscimento all’indennità di accompagnamento.






Le controdeduzioni.


La cartella clinica, relativa al ricovero presso l’Ospedale “...”, riporta, nella sezione “raccolta delle informazioni cliniche”, quanto segue: “paziente di 78 aa, vive sola, parzialmente autonoma nelle BADL, viene aiutata da 1 figlio durante le ore diurne, deambulazione in autonomia con ausilio, sd. ipocinetica”.


Primo elemento che emerge dalla lettura: la paziente vive sì da sola, nel senso che non condivide con altri l’appartamento, senso ben diverso da “fare tutto da sola”. Infatti “viene aiutata da 1 figlio durante le ore diurne”.


Ne consegue che l’elemento “vive da sola” non è utile a identificare l’autonomia di una persona, proprio perché non è indizio “dinamico”, ovvero rivolto a stabilire la dinamica dell’autonomia quotidiana di una persona, che, al contrario, pur sola per residenza, non lo è nel passare dei giorni.


Inoltre “parzialmente autonoma nelle BADL … deambulazione in autonomia con ausilio, sd. ipocinetica”.


Anche in questo caso l’interpretazione del CTU, “ha almeno una parziale autonomia motoria”, con l’aggettivo “almeno”, oltre che rimanere vaga, diventa riduttiva: l’autonomia motoria c’è, ma è parziale, il che non significa che la sig.ra NEGATA è autonoma nelle funzioni motorie, ma che riesce a svolgerne alcune.


E l’autonomia data dall’integrità psichica? Da valutare nel contesto delle capacità globali di una persona, contestualmente a quella motoria. “Almeno”.






E ora passiamo al documento sopra citato come importante. Dirimente nella demarcazione temporale del diritto all’indennità di accompagnamento della sig.ra NEGATA.


Lo riporta il CTU, pur ignorandolo nelle conclusioni, era dunque già presenti agli atti, lo cito nella mia relazione medico legale di parte.


Rivediamolo.


È redatto dal dott. Egli, presso il Centro Delegato Valutazione dei Disturbi Cognitivi dell’AUSL Bologna, Sede Crevalcore: “…Residua severa ipocinesia motoria con incapacità di deambulazione autonoma. … Sindrome ansioso-depressiva cronica. Incontinenza urinaria. Recente trauma chiuso del torace con fratture costali multiple a sinistra e versamento pleurico sinistro … Anemia cronica microcitemica. Sindrome delle gambe senza riposo … Ipostenia agli AAII con incapacità alla deambulazione autonoma. Tremore statico e intenzionale agli AASS prevalente a sinistra … Da circa 1-2 anni lamenta turbe mnesiche progressivamente ingravescenti associate a note di disorientamento T/S e ricorrenti episodi confusionali. Vive al proprio domicilio assistita da una badante”.


Il certificato prosegue con i risultati della “Valutazione Multidimensionale”.






Qui occorre soffermarsi, sapendo che ci si sta soffermando su un concetto ovvio, perché ben consolidato, ma con la consapevolezza che a volte, purtroppo, è l’ovvio che viene ignorato.






In sintesi, la Valutazione Multidimensionale (VMD) è un “processo di tipo dinamico e interdisciplinare volto a identificare e descrivere, o predire, la natura e l’entità dei problemi di salute di natura fisica, psichica e funzionale di una persona non autosufficiente, e a caratterizzare le sue risorse e potenzialità. Questo approccio diagnostico globale, attraverso l’utilizzo di scale e strumenti validati, consente di individuare un piano di intervento sociosanitario coordinato e mirato al singolo individuo” (Ferrucci L, Marchionni N e il Gruppo di lavoro sulla Valutazione Multidimensionale, 2001).






La valutazione multidimensionale rappresenta uno dei più riusciti esempi di approccio che, nel coniugare la ricerca dell’appropriatezza clinica con quella dell’appropriatezza organizzativa, sanciscono l’irrinunciabilità di un approccio globale al paziente complesso, in vista di una personalizzazione dell’intervento che richiede una compartecipazione attiva di una serie di professionisti e non (familiari, vicini, Enti amministrativi, etc.).


Non è un caso che l’alveo in cui questo approccio è maturato sia stato quello geriatrico, dal momento che, nelle società occidentali, la transizione demografica e la sempre maggiore rilevanza delle patologie cronico-degenerative ad effetto invalidante hanno fatto emergere sempre più l’anziano come il soggetto portatore per antonomasia di bisogni molteplici e complessi. Pur potendosene riconoscere le origini nel Regno Unito già a partire dagli anni ’30, nella sua evoluzione moderna questo processo ha avuto inizio nei primi anni ’80 in California, per opera di Rubenstein, cui viene unanimemente riconosciuto un contributo determinante tanto nella dimostrazione della necessità dell’approccio valutativo globale, quanto nella successiva messa a punto di efficaci strategie assistenziali.


Le sperimentazioni condotte dall’unità valutativa geriatrica da lui diretta hanno, infatti, dimostrato una significativa riduzione di mortalità, una minore ospedalizzazione e istituzionalizzazione e un minor decadimento dello stato funzionale e psicologico, oltre che minori costi assistenziali, nel gruppo sperimentale dei pazienti trattati sulla base di un piano di trattamento fondato sulla VMD rispetto al gruppo di controllo che aveva ricevuto un’assistenza tradizionale.


In Italia, la VMD ha trovato il pieno riconoscimento nell’emanazione del Progetto Obiettivo “Tutela della salute degli anziani”, valido per il quinquennio 1991-1995. Nello stesso ambito geriatrico essa ha continuato, attraverso il confronto scientifico e la ricerca attiva, il suo percorso, di cui è riprova l’importante lavoro di sistematizzazione realizzato con la stesura, ad opera di un gruppo della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia (SIGG), delle “Linee guida sull’utilizzazione della valutazione multidimensionale per l'anziano fragile nella rete dei servizi”, presentate ufficialmente e pubblicate nel corso del 2001.


Dallo specifico interesse della geriatria clinica, in particolare di natura ospedaliera, tale approccio si è esteso ad altre discipline mediche (oncologia, fisiatria, etc.).


Oltre gli anziani, infatti, anche per altre tipologie di soggetti, come il paziente neoplasico, è essenziale l’approfondimento relativo alle effettive capacità di autonomia del soggetto (concretamente indagate per le comuni attività della vita quotidiana), alle sue condizioni e possibilità economiche, ai servizi/prestazioni di cui già usufruisce e alla rete di supporto assistenziale, formale o informale, attiva o attivabile.


Non autosufficienza, complessità dei bisogni, globalità e interdisciplinarietà dell’approccio, personalizzazione dell’intervento e valorizzazione delle risorse attivabili sono i concetti chiave attorno ai quali è possibile tentare di elaborare una definizione di VMD (vedi sopra).


Schematicamente, le aree tematiche fondamentali, o “dimensioni”, che configurano la natura multipla della valutazione, sono rappresentate da: salute fisica, stato cognitivo (o salute mentale), stato funzionale, condizione economica e condizione sociale.


La valutazione, che concretamente si effettua sulla base della compilazione, cartacea o informatizzata, di liste di quesiti (o item), si avvale dell’uso di cosiddette ‘scale’ di natura monodimensionale, in grado ciascuna di approfondire una singola area o una specifica articolazione di essa (piuttosto conosciute in ambito medico sono le scale ADL – Activities of Daily Living – e le scale IADL – Instrumental Activities of Daily Living, con i loro vari indici), o di “strumenti” multidimensionali veri e propri, pensati per caratterizzare il soggetto nelle diverse aree di interesse: questi ultimi possono evidentemente contenere all’interno scale monodimensionali (ad esempio: ADL e IADL).


La VMD può essere utilizzata per diversi scopi (che comportano livelli differenziati di analiticità e complessità degli strumenti da adottare) e in diversi contesti assistenziali e di ricerca. Usualmente, si parla di VMD di I livello, impropriamente definito di “screening”, laddove si intende indicare un’applicazione della stessa – auspicabilmente affidata al medico di medicina generale (MMG) – volta a differenziare, all’interno della popolazione esaminata (per lo più anziani), i soggetti sani in equilibrio stabile da quelli che presentano condizioni tali da essere soggetti ad un più o meno consistente rischio di rapido deterioramento della propria salute. Tale utilizzo della VMD è distinto da suoi impieghi di natura e caratteristiche più sofisticate, riferiti a soggetti con funzioni sicuramente compromesse; questo secondo utilizzo della VMD, cui deve necessariamente concorrere un’équipe multidisciplinare, detta Unità Valutativa – la cui composizione minima è data da un medico, un infermiere e un assistente sociale – è specificamente orientato al trattamento della persona attraverso la definizione del piano assistenziale individualizzato (PAI). Non è necessario, e di frequente non è praticabile, che il momento della compilazione dei quesiti presenti nelle scale/strumenti coincida con quello dell’impostazione del PAI, ma mentre il primo può essere, eventualmente, svolto da un singolo operatore debitamente formato, per il secondo è indispensabile la collegialità multiprofessionale. Da essa deve inoltre scaturire, per ogni singolo paziente trattato, la figura che svolgerà il ruolo di coordinamento funzionale degli interventi previsti (case manager).


Tutti i dati che scaturiscono dalla VMD possono fornire anche informazioni di carattere epidemiologico su larga scala, tali da permettere la definizione delle necessità assistenziali presenti e future (predittività) della comunità di interesse.


Come accennato, la VMD può, o meglio dovrebbe, essere utilizzata in tutti i cosiddetti ‘nodi’ della rete assistenziale, quali che siano i ‘percorsi’ cui va incontro ogni singolo paziente. È così che, nel caso di un episodio di ricovero scatenato da un evento acuto (per esempio, infarto miocardico) la VMD è strumento ideale per realizzare una dimissione “protetta” del soggetto, in quanto consente di pianificare la presa in carico da parte dei servizi e delle strutture territoriali.


Inoltre, nel caso di un paziente già assistito da un servizio (per esempio, un ambulatorio cardiologico) che vada incontro ad un aggravamento del proprio livello di autonomia, la VMD può consentire, attraverso un corretto inquadramento delle sue caratteristiche e delle sue necessità, di attivare ulteriori modalità assistenziali.


Inoltre, in caso di richiesta di assistenza rivolta da un cittadino o dal suo MMG ad un servizio, per esempio quello di assistenza domiciliare, la VMD può diventare strumento utile per verificarne la sussistenza.


La VMD rappresenta dunque uno strumento di equità, laddove consente di valutare secondo criteri espliciti ed uniformi i bisogni dei soggetti che fanno richiesta di trattamento e su queste basi di fornire a tutti le risposte più appropriate.






Un’ultima osservazione a carattere generico sulla VMD, ritengo debba essere segnalata ai medici che si occupano di medicina legale.


La VMD è infatti elemento prezioso, sia in fase di prima assistenza, sia in fase di ricorso giudiziario, per definire non solo il grado di disautonomia dell’Assistito, ma anche il profilo temporale in cui l’erosione dell’autonomia è tale da concretizzarsi in particolari profili assistenziali, quali l’indennità di accompagnamento.


Capita, tuttavia, che il medico, il professionista che dovrebbe avere esperienza medico legale, soprattutto quando si trova a svolgere il delicato ruolo di CTU, usi il profilo cronologico della VMD in senso acritico e restrittivo.


In altre parole, capita che il CTU faccia coincidere la data della decorrenza dei requisiti per ottenere i benefici (vd. indennità di accompagnamento) con quella in cui sono stati redatti i risultati della VMD.


Scelta discutibile, più “burocratica” che “professionale”. Perché spesso le patologie alla base del risultato della VMD sono cronico-degenerative. E quindi, a meno che tra la data della domanda amministrativa e la successiva VMD non vi sia stato un significativo evento acuto che funge da “spartiacque”, il medico (il CTU) dovrebbe riconoscere il concretizzarsi dei requisiti sanitari per l’indennità di accompagnamento fin da prima dell’esecuzione della VMD, soprattutto quando la domanda amministrativa risale a poco prima, e se la stessa VMD mostra marcati profili di disautonomia.




E ora ripercorriamo la VMD della sig.ra NEGATA:


“ADL 1/6 (dipendente in tute le funzioni riesce con difficoltà a mangiare da sola, necessita di aiuto e assistenza continua del cammino e nelle variazioni posturali) IADL 0/8 (livello di dipendenza totale) MMSE 14/30 Assenti al momento gravi disturbi comportamentali. Ischemic Score 6/18 CDR Staging: 2.0. Conclusioni. Decadimento cognitivo di grado moderato a verosimile patogenesi mista, degenerativo-vascolare … Non proponibili farmaci inibitori della colinesterasi in relazione alla patologia di base, politerapia farmacologica e concomitante bradiaritmia fibrillante … è da considerarsi completamente non autosufficiente e necessita di assistenza continua, non essendo in grado di compiere autonomamente le comuni attività della vita quotidiana …”.




Pertanto, ha ragione il Professore de’ Libris a ritenere la sig.ra Itala NEGATA non autonoma nella quotidianità.


Solo che ha ignorato un certificato specialistico emesso da una struttura pubblica, certificato che evidenzia senza dubbio le condizioni di non autosufficienza della Ricorrente tramite l’esecuzioni di una valutazione multidimensionale, ampiamente accredita e valida nel fotografare le capacità dell’anziano.


Avere ignorato questo certificato, pur riportato in atti, anche solo per confutarlo (chissà come) non è particolare da poco.


Perché questo certificato ha una data.


E la data non è quella della visita del CTU, ma il 05.09.2007.




Per quanto sopra, si ribadisce che la sig.ra Itala NEGATA si trova in condizione di perdita dell’autonomia tale da richiedere assistenza permanente e continuativa e da soddisfare i requisiti per l’indennità di accompagnamento.


Condizioni in essere a partire dalla data della domanda amministrativa del 12.07.2007.






Dott. Giovanni Sicuranza


Ai sensi della L. 675/96 (tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali), e di successive modifiche/integrazioni, tutto quanto sopra descritto, come da incarico conferitomi ed a cui la persona si sottopone volontariamente, viene trasmesso a persone che sono altresì tenute al segreto professionale. Qualunque divulgazione al di fuori di tale ambito non potrà essere attribuita al sottoscritto.

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