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Visualizzazione dei post da dicembre, 2013

La strada condivisa

Imploso in frenesie di istanti, vivo come massa oscura di me stesso;  per questo mi affanno in autoritratti.  Scatto immagini al mio volto, lo faccio giorno sopra giorno; con la fotografia fermo il tempo e, nella morte del tempo, solo questo tento, di riconoscermi come individuo tra la gente   [“La strada condivisa”; Ernest G. Sicurangway, 31.12.2013]

All'ultimo dell'anno

All'ultimo dell'anno (reprise) - Giovanni Sicuranza "E' una serata che promette, questa.  Nel ristorante siamo io, la mia ragazza e molti amici, tutti concentrati a questo tavolo, li guardo, sorrido tra i sorrisi, e ancora non so chi vorrei vedere l'attimo prima di morire. Elena è tanto brava nell'impegno civico, quanto nel fare pompe spezza-respiro, e abbiamo una cerchia di coppie che dissertano di politica e di nuovi modelli di cellulari con la stessa ovvietà con cui tutti evitiamo di parlare di morte, della nostra inevitabile morte.  Nessuno di loro sarà in grado di aiutarmi tra poche ore. Mancano centoventiquattro minuti, li conto da questa mattina, da quando ho preparato la fiala, cenventiquattro per sessanta tic tac e poi la mia coscienza si annullerà nel sempre.  Io lo so, loro no.  Non l'ho detto ad Elena, non lo dirò nemmeno a Mirco, il mio amico delle elementari e delle medie e della laurea in medicina, fianco a fianco nelle cors

Dove ululano le volpi

Dove ululano le volpi - Giovanni Sicuranza   Se non lo conoscete, provate ad attraversare il paese di Trebenau, sul Carpazio occidentale, entrate nei silenzi della strada che svolta a destra dopo la piazza gotica, quella che perde l'asfalto sulla salita verso i monti e fermatevi, in attesa, dove giacciono le rovine del Cimitero degli Infanti.  E adesso ascoltate il suono.  Il lamento delle volpi, questo richiamo denso.  Non è canto alla luna, lo sentite; questo salire di note cupe, umide, come emerse dalla terra del cimitero, è sinfonia alla nebbia. A Trebenau c'è chi dice che le volpi ululano quando la loro cucciolata diventa carne e sangue per altri predatori e allora il cielo diventa di un buio sgomento, svuotato di stelle, nero come mai un pittore potrebbe dipingerlo.  Durante il mio ultimo vagabondare, l'ho sentito con le mie orecchie. Il vecchio era barba e muco e sapeva di fermenti e di putrescina, eppure, quando parlava, il tempo si annullava e tu

Peli sulla lingua

Peli sulla lingua. https://www.facebook.com/Scrittura.Sicuranza?fref=ts I puristi non mi interessano, nemmeno coloro che danno  credito solo a chi ha già fama.  E' il pelo sulla lingua che svela le sorprese.

La guerra è finita

Fine della guerra – Giovanni Sicuranza Respiro sfiora respiro; questo, per la bambina, è l’ultimo incontro con la madre.  Un randagio le osserva cadere nella morte, appena, troppo intento a cibarsi del volto di un neonato per interessarsi ad altre offerte di carne. Il resto del branco, lesto, si raduna al nuovo desco. In questa Europa tutti sono bastardi. La guerra è finita, dice un caporale inglese, i passi da ometto che sguazzano tra pozze di sangue; trascina una donna sottobraccio e la donna ride, il collo di volpe gonfio di gioia; lui le fruga tra le pieghe del cappotto, fino al fruscio del nylon.  Si lasciano alle spalle i profughi, chilometri di morti che camminano, anni di relitti umani che vagano tra la polvere in tempo di pace. Un bimbo piange, stridulo, come la sirena di un allarme aereo e, aspetta un istante, dice il caporale inglese, l’ometto, rigido; la donna annuisce, non si volta, abbassa la testa. Il soldato si gira verso il bambino, prende la mira

Pianto di Natale

Pianto di Natale da “ Storie da Città di Solitudine e dal Km 76 ”; Giovanni Sicuranza; Youcanprint – Boré Editore; 2010  Il pianto dall’altra parte della porta. Continuo, senza pietà. Così intenso da riempire tutto il palazzo. La chiave che annaspa tra le mani per tuffarsi nella ferita della serratura.  Uno scatto, il pianto, un altro scatto, il pianto.  E finalmente la donna si tuffa all’interno del corridoio, le borse della spesa che precipitano al suolo con tonfi di macigni. - Arrivo – urla – ecco – continua, con l’intenzione di dire “eccomi”, se il fiato non fosse già diventato agonia nell’affannosa corsa sulle scale dal portone al secondo piano. Romilde è il nome di una fiaba. Così aveva deciso sua madre quando lei era nata, fragile e inconsapevole del mondo. Ventisei anni dopo, Romilde è capelli arruffati, sudore che vela occhi, moccio che serpeggia denso da una narice. É continua corsa nella quotidianità. Il lavoro, la casa.  Nessun segreto su cui sog

Muffe

Leggere libri aiuta.  Probabile, ma non ad evolversi.  A seguire i post di gruppi di "lettori forti", i grezzi riciclano il grezzo, quelli con la puzza sotto il naso continuano a sentire, ed evidenziare, solo il fetore altrui e chi indossa paraocchi persevera nel proprio basso profilo.  Il social network ci ha dato la possibilità di espanderci come gas intestinali in un fiorire di citazioni e, ancora peggio, nell'improvvisazione dello squallido ruolo di recensore, così rispettato da zerbini di scrittori e lettori.  A mio avviso, il recensore è un supponente il quale, filtrato un testo attraverso personale lettura, spaccia un soggettivo parere per oggettività, forte dell'evidenza che avrà in chi gli delega la scelta del Bello e del Brutto. Il recensore altri non è che un parassita dell'autore, colui che alimenta la propria visibilità declamando o svilendo opere altrui.  Credo che il modo migliore di lasciare libero un testo, libero di essere intuito,