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Visualizzazione dei post da giugno, 2012

Il mio fidanzato è sempre oltre

Il mio fidanzato è sempre oltre Giovanni Sicuranza Anche oggi.   Il mio fidanzato è sempre oltre.  Nemmeno la domenica riesce ad accompagnarmi al fiume, dove mia sorella e nostra cugina Giada sono a bagnarsi le caviglie.  A volte, il Signore mi perdoni, vorrei infilare l'ombrello parasole nella gola dello strillone, proprio quel ragazzino  all'angolo del negozio del mio fidanzato.  "Crisi economica", è magro da fare pena, eppure ha una voce grassa, che riempie tutto il quartiere "Le banche non ce la fanno".  E la gente si suicida.  Gli amici di mio padre scommettono che entro il 1930 ci riprenderemo. Mio padre tace.  Ha sempre parlato poco e i suoi lunghi silenzi erano la compagnia della casa; per questo non sentiamo molto la sua mancanza da quando si è sparato al cuore.  Anche a lui ha pensato il mio fidanzato.  Così, durante il funerale, mentre tutti mi erano accanto, ancora una volta mancava proprio il mio amore, troppo impeg

Massimo Urlo

Massimo Urlo Giovanni Sicuranza Il suo urlo fu come orgasmo tra due faglie in movimento. Decibel, la puttana più anziana e a buon mercato del quartiere, non aveva mai assistito ad una esplosione di spasmi muscolari e sperma tanto devastante e pensò subito al terremoto, salito dal buio della terra a devastare le sue tette e forse tutto il pianeta.  Fece per alzarsi, le labbra piene del sapore di quel ragazzino sverginato. Lì, tra la testa china sul pene e le gambe in flessione, tese allo scatto sulla porta, vide il suo ultimo istante.  Lo sguardo si sollevò al soffitto.   Nero, enorme, pieno di desideri repressi, di fantasie morbose, coagulato da veti e punizioni, la sovrastava e fremeva.  L'urlo di lui. Enorme. Il cervello di Decibel fece appena in tempo a stupirsi. Denso, sputato in alto durante l'orgasmo, l'urlo rovinò sulla coppia. E fu silenzio. 

Ninnananna per te

Ninnananna per te Giovanni Sicuranza Lascia che la notte ci respiri addosso, Lascia che le mie parole, infine, scivolino sulla tue pelle, tra rivoli di desiderio appagata. E che il buio sia la dimora dei nostri sogni vicini.

Dal Morbo al Vampiro Nero - reprise

Io sono il tuo popolo.  La morte dei tuoi occhi, i denti sui tuoi figli.  Io sono la tua gente. Lo sfacelo della speranza. Furia batterica sull'evoluzione.  La mia vita è il tuo dolore. Il dolore nel tuo popolo. 

"Vanity Author"

"Questa storia, secondo cui se uno scrittore si autoproduce non è un vero scrittore, non è solo incredibile: è assurda e anche un po' buffa. Stiamo parlando dell'unico settore al mondo in cui, se uno scommette sulla sua impresa, gli danno del vanitoso. Quando con i soldi dell'assicurazione mi buttai nell'immobiliare, nessuno diceva che ero un vanitoso: dicevano che ero un imprenditore coraggioso che credeva nel suo prodotto ... Però, se paghi con i tuoi soldi per pubblicare i tuoi libri, perché credi nel tuo lavoro ... allora no, allora non c'è scampo: vanitoso. Vanity author" (dall'intervista a John Locke, pag. 31 del settimanale "Il Venerdì di Repubblica"). Aggiungo questa osservazione rivolta al "vanity author":  "Se ti autoproduci, sai che schifo. Almeno i libri in libreria sono filtrati da un editore e, dunque, valgono più dei tuoi".  Affermazione dogmatica, senza appello.  Chiunque abbia un minimo di

A ogni alba

A ogni alba Giovanni Sicuranza Sotto casa mia vive una famiglia di zombie.  Fa un casino bastardo tutta la notte.  Non li sopporto.  E' vero, sono asociale, prima di farmi partecipare a una festa dovete promettermi una pompa per almeno un anno, tutte le mattine. Perché, cavolo, gli orgasmi migliori di noi maschi sono all'alba, quando ci svegliamo già duri. Siete voi, femmine, a non capire un testosterone, a intestardirvi sulla monta serale.   Vi batte giusto la monotonia dei miei vicini: ogni sera, cenone di gruppo. E vai fino all'alba. Non ci sono mai stato, ma li vedo.  Uno ad uno, in una fila di danza, attraversano il viale di cipressi, nel bianco e nero della notte.  Ad occhio e croce, e qualche mezzaluna, sono i  cadaveri del Cimitero di Femorina. D'accordo, nel paese si contano meno di trecento anime, ma quelle trapassate sono molte, molte di più.  Forse aveva ragione mia moglie, sono un fallito, basta vedere dove vivo da quando ci siamo s

Maschere d'amore

Maschere d’Amore Giovanni Sicuranza  - Accomodatevi – bisbiglia Edgar Allan Poe, le spalle che si alzano con indifferenza, mentre l’ombra sale sulla nuca, gli morde i capelli di gelo e poi lo oltrepassa.  - Il divano – aggiunge, atono. L’ombra esita: - Come in psicanalisi? Poe sbuffa. La Morte Rossa almeno non chiedeva. Questo demonio,invece, è decisamente diventato troppo umano.  - Credevo vi facesse piacere sdraiarvi in un divano sfondato. Vi ricorderà una bara. Da qualche parte del suo confine sfumato, l’ombra ha l’eco di una risata.  Poi l’eco si prosciuga e la risata prende forma, decisa, secca, come il corpo che assorbe l’ombra.  Poe osserva la scena. Le mani, i piedi, il viso, tutto ritorna a vita davanti ai suoi occhi.  Quanto spreco di carne, riflette, l’ectoplasmia delle persone è tanto più interessante. Tanto più sopportabile.  - Bella la storia della bara. Secondo me, il divano è sfondato solo perché voi siete un poveraccio, caro Poe – continu

Il mio incipit

Il mio incipit Giovanni Sicuranza Nel buio della notte, John Allan Poanza si ferma.  Si. Blocca.  Le mani decollano dai fianchi al viso, stropicciano le palpebre, fino a quando luci stroboscopiche non esplodono nel nero dei nervi ottici.  Quindi riapre gli occhi e li inarca fino alla prima riga, il petto che si dimentica di respirare.  "Nel buio della notte", pensa, "Nel buio della notte", ridonda. E si affloscia, il mento una circonvoluzione di grasso sul petto, le mani che crollano, come rami spezzati nella tomba delle tasche.  Un repentino calcio a tutte le righe successive e, solo, siede nel bianco della pagina.  - Mi rifiuto di continuare - sentenzia - "Nel buio della notte", ma che incipit è? Andrà bene per i romanzi da vetrina, i "consigliati", quelli che sono già dimenticati in una settimana.  John Allan Poanza si umetta le labbra, la lingua bianca come le pagine cancellate.  - Dai, sono un personaggio di spess

Massimo Paciere ha vinto la Guerra Mondiale

                                          Massimo Paciere ha vinto la Guerra Mondiale Giovanni Sicuranza Massimo Paciere mostra di interessarsi a poche questioni. Il calcio, Il Grande Fratello. E la figa, naturalmente, anche se non ne ha mai vista una dal vivo.  Tuttavia la certezza di questo ragazzo è unica. Ben salda da anni.  Le Guerre Mondiali non sono terminate nel 1945, come credono tutti.   Perché Massimo Paciere odia il mondo. E' in guerra con il mondo.  Lui contro tutti in una nuova Guerra Mondiale. I motivi di tale belligeranza non sono noti.  Vedete, Massimo Paciere non si considera un personaggio da romanzo, per cui mi avrebbe massacrato se solo avessi dedicato pagine e pagine a spiegarne le caratteristiche, come del resto si consiglia nei corsi di scrittura e si aspettano molti lettori. Massimo Paciere sarebbe diventato un feroce assassino di autore anche a scoprirsi in un racconto, che, come insegna l'editoria, e ancora credono i lettori, è,

Il mio premio

Il mio premio Giovanni Sicuranza Quando ho chiesto a mia madre di comprarmela, perché, insomma, avevo tutti 8 e 9 in condotta, perché, lo aveva appena detto lei a tavola, il suo capo l'aveva promossa (ed io le credevo, bastava vedere la camicetta strappata sul colletto e i segni di morsi sul collo), e dunque stavano finendo i tempi delle vacche magre, la sua faccia estranea si aprì sbalordita sulla rivista.  - Tu - pausa, deglutizione, pausa - Tu vuoi questo - deglutizione, arricciamento delle labbra sbavate di rossetto - questo mostro? Non le diedi tempo di deglutire ancora; la mia mano calò come una zuppiera accanto al piatto di tortellini, proprio sulla foto della moto rivestita dallo scheletro del canide.  - Mamma, dici sempre che posso essere unico, se mi applico.  Lei tentò di espirare una protesta, ma io morsi l'aria.  - Non dire che non riesco mai, sono appena stato promosso a pieni voti e tu, anche tu, ora, sei riuscita a diventare qualcosa graz

titolo?

Non mi fate l'editing.  Uccidereste i miei difetti. 

"L'homo logato" e dintorni

A tratti sparsi, sguazzo qui:  http://www.facebook.com/pages/I-romanzi-di-Giovanni-Sicuranza/191339770885285 https://www.facebook.com/groups/285237254908089/ Facebook è Arma di Omologazione di Massa

Città di Solitudine - presentazione dei volumi

Ah, sì, se ne sentiva proprio la mancanza.  

Da chi è stato a Città di Solitudine.

Recensione di "Città di Solitudine" a cura dei collaboratori di DANAE Libri SCHEDA DI VALUTAZIONE Selezione del Catalogo DANAE -  Lettura Incrociata Titolo: Città di solitudine Autore: Giovanni Sicuranza   Genere: Antologia (narrativa) (SCHEDA PER L’EDITORE) Inquadramento dell’opera Città di Solitudine è un libro di racconti, che si richiama, per luoghi personaggi ed atmosfere, ad “Antologia si Spoon River”, ma con una originale scelta di alternanza tra prosa e poesia che impreziosisce i vari racconti e, grazie al carattere spesso proemiale delle poesie, genera nel lettore uno stato di attesa e curiosità che accentua il piacere della lettura. I racconti, che hanno la particolarità di concludersi tutti con la morte del protagonista o di un personaggio vicino ad esso, affrontano temi come la morte, la drammaticità del caso, e sondano gli aspetti più cupi e imprevedibili della psiche e dell’animo umano. In rapporto a tali elementi essi si svo

Guardami

Guardami Giovanni Sicuranza - Anche tu, ragazza, devi morire.    - I miei occhi sono già seppelliti.    - Lo so, ma non mi basta.   - Lascia che ti tocchi, fatti conoscere.    - Ascolta, ragazza.    - Nemmeno tu hai occhi?     - La tua mano, per favore.    - Sei come me, in un mondo nuovo tra quello che percepiscono gli altri e quello creato dai miei sensi.     - Gli occhi ingannano, ragazza, riempiono di prospettive limitate. Con gli occhi non riuscirei a vedere chi portare con me.    - Capisco.     - Capisci?     - Gli occhi servono le maschere.    - Dunque nemmeno tu, ragazza, hai apparenze. Eppure devo prenderti.    - Non mi dispiace. Conosco la vita meglio di molti altri, senza i limiti della vista. Ti aspettavo come ho sempre atteso un bacio. La differenza è che tu sei arrivato davvero.    - Sì, ragazza mia. Oltre le illusioni. immagine di Liana Filimonov

In principio era il verbo

Il potere della parola è:  incompleto (incapace di descrivere, senza modificarle, spesso "banalizzarle", le suggestioni date da una musica, un quadro, un orgasmo);  imperfetto (difficilmente si riesce, e/o si vuole, comunicare il proprio pensiero);  soggettivo (quello che si dice non è quello che si pensa e quello che si recepisce è filtrato da personali prospettive, per cui ognuno rileva quanto più in sintonia con il suo sentire).  Qualunque concetto cerchi di generalizzare un "critico" di letteratura, il punto è che la parola scritta tende a rendere quanto sopra più indelebile.   Nota: alcuni sociologi ed antropologi sostengono che il motivo per cui abbiamo sviluppato la parola è la menzogna, metodo rapido per acquisire vantaggi. Teoria interessante, suffragata dalla Storia e dalla Cronaca.  O forse il primum movens fu la richiesta d'aiuto. Che tuttavia, nel consolidamento delle prime comunità sociali (agricole), può essersi evoluta in richi

L'occhio

L’occhio - Giovanni Sicuranza Nel chiaroscuro della cucina, l’occhio si muove.  Lento. Non ha i rapidi sipari delle palpebre, è solo iride grigia spalancata sul silenzio.  L’umidità si lacera sotto il suo sguardo fisso, senza un lamento, come carne fradicia sotto la lama. L’occhio si gira, prima verso una parete, poi verso l’altra. Dalla finestra chiusa, con le tapparelle cadute come palpebre sulla morte, alla porta, serrata a chiave come confine inviolabile tra il mondo esterno e la cucina, lascia una ferita di ghiaccio sulla viscosità dell’aria.  E quando ha completato la visuale non cerca altri particolari, ma ricomincia, in senso inverso. Tenace.  Vigile.  Nel suo percorso ostinato ha sfiorato più volte l’uomo, con la stessa indifferenza lasciata sul mobilio della stanza.  Vittorio lo ha dapprima ignorato, smarrito in ben altri insoliti avvenimenti, poi ne ha avvertito il movimento, così flemmatico da essere percepito come uno sbuffare che gli ha riempito