Il potere della parola è:
incompleto (incapace di descrivere, senza modificarle, spesso "banalizzarle", le suggestioni date da una musica, un quadro, un orgasmo);
imperfetto (difficilmente si riesce, e/o si vuole, comunicare il proprio pensiero);
soggettivo (quello che si dice non è quello che si pensa e quello che si recepisce è filtrato da personali prospettive, per cui ognuno rileva quanto più in sintonia con il suo sentire).
Qualunque concetto cerchi di generalizzare un "critico" di letteratura, il punto è che la parola scritta tende a rendere quanto sopra più indelebile.
Nota: alcuni sociologi ed antropologi sostengono che il motivo per cui abbiamo sviluppato la parola è la menzogna, metodo rapido per acquisire vantaggi. Teoria interessante, suffragata dalla Storia e dalla Cronaca.
O forse il primum movens fu la richiesta d'aiuto. Che tuttavia, nel consolidamento delle prime comunità sociali (agricole), può essersi evoluta in richiesta non tanto per effettiva emergenza, quanto di attenzione. E, dunque, torniamo al punto di partenza: la parola che si evolve attraverso la menzogna.
Quest'ultima teoria ha molti margini interpretativi e, del resto, l'ho letta solo da una parte: qui e ora.
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