In limine vitae - Giovanni Sicuranza
Sa, Alfonso Vasari, Professore della Cattedra di Medicina Legale di Lavrange, che è terminato il tempo dell'ultima autopsia. Tra le dita bianco lattice, tra polpastrelli con ovali di sangue rubino, nei fruscii di tessuti sfiniti, stringe il muscolo più bello e nobile del suo cadavere. Il cuore della donna è sano, anche dopo la fine, nonostante si stia già trasformando in altro. Tre i bambini, tre le giovani donne, uno l'uomo anziano; sette le vite passate alla morte per gravi politraumatismi da investimento pedonale.
Tutte avevano un cuore che avrebbe respirato ancora a lungo.
E' delicato, Vasari, mentre lascia andare il muscolo della ragazza nel piatto della bilancia, nero di memorie, di sangue e di organi. 260 chilogrammi, legge sul display verde, e spunta una voce tra gli appunti. Solo un fremito di esitazione, poi con la biro, segna qualcosa, veloce, sussulti blu notte sulla pagina grigia, che potrebbero essere ortografia o epifanie di extrasistoli all'ECG.
“Beati i puri di cuore”, scrive.
Prende il cappuccio della biro, ne inuma la punta, si passa una mano sul sudore gelido della fronte e lungo è il suo sospiro negli echi della sala autoptica, debole tra i silenzi dei giacenti.
“Beati i puri di cuore”, si ripete Vasari, il medico legale che ha sezionato ogni tipo di morte, l’uomo che ha visto grandiosità e sfacelo dei corpi come mai altri riescono a fare, così a fondo da non trovare altre parole per i vivi.
“Beati i puri di cuore”, questo si dice, perché la frase gli sembra avere un senso concreto, perché la frase gli sembra avere un senso concreto, non slogan teologico, bensì sintesi della vita terrena, e così è bello, ed è triste, il sussurrarsela ancora dentro, e poi ancora, fino a quando il corpo cede al pavimento e i suoi battiti si spezzano nella morsa dell’infarto cardiaco.
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