Cliché – Giovanni Sicuranza
- Sicuro?
- Come il mio cognome. Del resto, mi sono rivolto a lei per il suo.
- Non capisco.
- Lei è il famoso Commissario Riserbo, Massimo Riserbo. ***
- Beh, sì.
- Si svesta dal sorrisino di circostanza, Commissario. Io ho smesso di usarlo tutte le volte che qualcuno mi chiede se sono sicuro e rispondo “Come il mio cognome”. Alla gente piace, vero, ma è una battuta stantia.
- Appunto, la gente. Senta, Sicuranza, questa storia delle scomparse è assurda.
- Come le altre in cui il protagonista è stato il Commissario Massimo Riserbo, no?
- Già, facile per lei crearmi come personaggio dei suoi racconti e, attraverso me, prenderci tutti per il culo, a tutti noi, dico, noi paladini delle storie noir, seguiti da migliaia di affezionati lettori.
- Storie banali.
- Noi commissari, noi detective, noi, come ha detto, scusi?
- Banali, anzi, monotone, prevedibili.
- Non la capisco, Sicuranza. Cioè, non l’ho mai capita, sinceramente, da quando ha iniziato a scrivere.
- Semplice, Massimo Riserbo, oh, Commissario, volevo intendere. I cliché noir mi annoiano. Insomma, prendi una storia tormentata, un paio di cadaveri, dai al tutto una passata di inchiostro di seppia e mettici in mezzo un rappresentante della Legge, per quanto sfigato, a risolvere il caso.
- Moderi i termini, Sicuranza. Sono un personaggio creato dai suoi fermenti lattico-cerebrali, è vero, ma qui, in questo spazio, lei ed io siamo reali allo stesso modo e posso farla arrestare.
- Poi le verrebbero dubbi, avrebbe notti ferite, gonfie di alcool e solitudini, si chiederebbe se non ha messo in galera la persona sbagliata e fuori, nel mondo grigio-noir, continuerebbero i delitti. Ecco come aumenterebbero le letture di questo dialogo, caro Commissario.
- Ma qui non è così, immagino.
- No, come le dicevo, uh, grazie, credevo non si potesse fumare.
- Beh, lei sta scrivendo questo dialogo inutile, lei detta le regole. Comunque, mi permetta, Sicuranza, anche la pipa è un cliché dello scrittore.
- Vero, ma se non diamo un minimo di appiglio al lettore, proprio a questo punto, vede, perdiamo ogni prospettiva di interesse. È questo che voglio dire, capisce, Commissario?
- No, non proprio.
- Certo che no, devo ancora scrivere la spiegazione, ma rimedio subito. Personalmente trovo i noir, con soluzione demandata a un rappresentante della Legge, tanto prevedibili, quanto ottimi per il successo del genere. Nell’apparente anarchia della storia, il protagonista è un poliziotto, un carabiniere o
- o il detective privato.
- Ecco, bravo, Commissario, vede che mi segue?
- Per forza, leggo i dialoghi, come suo personaggio sono costretto a farlo. Mi creda, Sicuranza, rimpiango il libero arbitrio del lettore.
- Mah, mica è vero per tutti, ci sono lettori che si sentono in colpa ad abbandonare una storia iniziata, ma non perdiamo il discorso e, già che ci siamo, nemmeno questo buon tabacco. Le dispiace?
- Prego, accenda pure, il fumo è dedicato tutto al mio Autore.
- Grazie. Dunque, in realtà trovo il classico romanzo noir sfacciatamente tradizionalista, rassicurante, pigro nel ripetere la solita formula: crea il caos, ma chi lo ristabilisce è sempre un’Autorità, per cui ecco il messaggio: tranquillo, caro lettore, non spaventarti troppo e, mi raccomando, ora che mi conosci, compra anche il prossimo libro in cui sono protagonista.
- Ah, ora capisco. E dunque ha creato me, il Commissario Massimo Riserbo, come caricatura del genere? Mi ha addirittura dedicato un capitolo del suo “Polvere di Silenzi”. Beh, Giovanni Sicuranza, lasci che le dica questo, che sono lieto della povertà di vendite dei suoi miseri libri. Cerca l’originalità, poi ne fa polpette indigeste come questo nostro dialogo. E a me le polpette fanno schifo.
- Dunque non si stupisca se sono qui per la scomparsa dei miei lettori.
- No, anzi, mi stupisco che siano così pochi i nomi che mi ha citato. In media uno al giorno, ha detto, vero?
- Vero.
- E lei, Sicuranza, è qui per denunciarne la scomparsa.
- Uno stillicidio quotidiano, come le dicevo.
- Mah, se vuole crearci intorno un’altra demenzialità, condurrò l’indagine e, immagino, lei se la riderà tra il fumo della pipa, ma lasci che le dica il mio pensiero di personaggio, anche se, immagino, lo conosce già.
- Sì, lo sto scrivendo giusto ora.
- È lo stesso, lo legga bene. Io credo che chi abbandona la sua pagina facebook, quella dei raccontini, come si chiama.
- “I romanzi di Giovanni Sicuranza”.
- Ecco, quella. Io credo che la gente lo faccia di spontanea volontà, Sicuranza, non c’è alcun mistero, solo la noia di leggerla. Di leggerci.
- Quindi questa denuncia sarebbe inutile. Insomma, dalla mia pagina scompaiono decine di persone, di gradimenti, per essere preciso, all'improvviso, giorno dopo giorno, e mi dice che non dovrei preoccuparmi per la loro sorte?
- Ecco, quella. Io credo che la gente lo faccia di spontanea volontà, Sicuranza, non c’è alcun mistero, solo la noia di leggerla. Di leggerci.
- Quindi questa denuncia sarebbe inutile. Insomma, dalla mia pagina scompaiono decine di persone, di gradimenti, per essere preciso, all'improvviso, giorno dopo giorno, e mi dice che non dovrei preoccuparmi per la loro sorte?
- Sicuranza, basta, è lei che me lo sta facendo dire, io sono solo una sua creazione. Ora, mi permetta il consiglio, soffochi la pipa, metta fine a questa fragile parodia e, soprattutto, scompaia dalla Narrativa. Ci sarà sempre un personaggio che avrà piacere di cercarla, mi creda. Un personaggio commissario come me che, tanto per non essere banale, per non rispondere ai cliché del noir, mai e poi mai riuscirà trovarla.
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