“Democrazia della Morte” – Prima lettera
incipit in anteprima di Giovanni Sicuranza
Sono morto una sola volta e da allora non mi sono più ripreso.
Questo è l’epitaffio che trovate sulla mia lapide; non male, vero?
Ancora una settimana alla mia morte e potrete vederlo, bassorilievo tra le tombe del Cimitero di Lavrange, impronta di denti affondati nel marmo; eppure, credo, la lapide migliore sarà dedicata a Teodoro Iorio, il Maresciallo della Morte, l’eroe della Storia, della nostra arida demografia. Una stele alta mezzo metro, larga sei centimetri; una faccia rivolta al muro di cinta, come un condannato offerto al plotone di esecuzione, l’altra, quella che guarda verso le altre lapidi, su tutti noi defunti, con due linee che, sinuose, si avvicinano, si intersecano e si allontanano per poi ricominciare; sembra la storia stilizzata di un amplesso tra serpenti, ed è una similitudine che spero mai sfuggirà, in realtà è il simbolo del nostro DNA. Questa stele è già pronta da anni, in attesa del nostro compaesano Teodoro Iorio, e ogni sopravvissuto può vederla nella chiesa diroccata del Cimitero di Lavrange o sul sito internet del Comune. C’è anche una frase, sopra il DNA, ed è “Democrazia della Morte”.
***
Teodoro è cresciuto a Lavrange, mio compagno di giochi, mio allegro amico di sangue, prima di consegnarsi alla Storia come l’uomo fatale, l’ideatore del Decreto per la Razza Sana. Ha giocato con le vite degli altri, le ha sbattute sottoterra per rendere grande il nostro Paese. E’ stato il Ministro delle Pari Mortalità, nero e sfuggente come la prima notte senza luna. Lo sappiamo tutti, noi tutti che lo abbiamo acclamato, seguito, ma lui, il nostro eroe caduto, lui ormai ignora. Ora che è anziano, ora che è malato, come tutte le migliaia di disabili che ha spento per sempre, è ancora qui, a Lavrange, tra i nostri sopravvissuti. Non ricorda nulla, niente è rimasto nella memoria delle cicatrici che ha lasciato tra la gente, tra la sua gente. Ha un tumore all’encefalo così affamato da avergli portato via tutto, il senso del dovere, la coscienza, forse la pietà, se pietà ha mai conosciuto.
Toc toc, a proposito, sei presente, Teodoro? Il tuo cranio ha il suono di una pentola fessa.
Allora, prima di ucciderti, scrivo della tua vita bastarda, perché almeno negli istanti della lettura tu possa ripercorrerti dentro.
Tra le tante cose, amico caro, hai dimenticato la Morte.
Nell’amnesia compassionevole, l’hai cancellata. Solo per questo, credo, lei ha dimenticato te.
È tempo che vi incontriate, Teodoro Iorio, Maresciallo della Razza Sana, teologo e soldato del Nuovo Sterminio. E' tempo che sia io a presentarvi.
Questo è l’epitaffio che trovate sulla mia lapide; non male, vero?
Ancora una settimana alla mia morte e potrete vederlo, bassorilievo tra le tombe del Cimitero di Lavrange, impronta di denti affondati nel marmo; eppure, credo, la lapide migliore sarà dedicata a Teodoro Iorio, il Maresciallo della Morte, l’eroe della Storia, della nostra arida demografia. Una stele alta mezzo metro, larga sei centimetri; una faccia rivolta al muro di cinta, come un condannato offerto al plotone di esecuzione, l’altra, quella che guarda verso le altre lapidi, su tutti noi defunti, con due linee che, sinuose, si avvicinano, si intersecano e si allontanano per poi ricominciare; sembra la storia stilizzata di un amplesso tra serpenti, ed è una similitudine che spero mai sfuggirà, in realtà è il simbolo del nostro DNA. Questa stele è già pronta da anni, in attesa del nostro compaesano Teodoro Iorio, e ogni sopravvissuto può vederla nella chiesa diroccata del Cimitero di Lavrange o sul sito internet del Comune. C’è anche una frase, sopra il DNA, ed è “Democrazia della Morte”.
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Teodoro è cresciuto a Lavrange, mio compagno di giochi, mio allegro amico di sangue, prima di consegnarsi alla Storia come l’uomo fatale, l’ideatore del Decreto per la Razza Sana. Ha giocato con le vite degli altri, le ha sbattute sottoterra per rendere grande il nostro Paese. E’ stato il Ministro delle Pari Mortalità, nero e sfuggente come la prima notte senza luna. Lo sappiamo tutti, noi tutti che lo abbiamo acclamato, seguito, ma lui, il nostro eroe caduto, lui ormai ignora. Ora che è anziano, ora che è malato, come tutte le migliaia di disabili che ha spento per sempre, è ancora qui, a Lavrange, tra i nostri sopravvissuti. Non ricorda nulla, niente è rimasto nella memoria delle cicatrici che ha lasciato tra la gente, tra la sua gente. Ha un tumore all’encefalo così affamato da avergli portato via tutto, il senso del dovere, la coscienza, forse la pietà, se pietà ha mai conosciuto.
Toc toc, a proposito, sei presente, Teodoro? Il tuo cranio ha il suono di una pentola fessa.
Allora, prima di ucciderti, scrivo della tua vita bastarda, perché almeno negli istanti della lettura tu possa ripercorrerti dentro.
Tra le tante cose, amico caro, hai dimenticato la Morte.
Nell’amnesia compassionevole, l’hai cancellata. Solo per questo, credo, lei ha dimenticato te.
È tempo che vi incontriate, Teodoro Iorio, Maresciallo della Razza Sana, teologo e soldato del Nuovo Sterminio. E' tempo che sia io a presentarvi.
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