Ho uno tsunami nelle gonadi.
C’è questa notizia negli aggiornamenti meteo.
Il mio meteo, quello planetario, che va dai peli cranici alle unghie dei piedi.
È un vortice in espansione, una valanga di rottura di sinapsi e coglioni, che si innalza fino alle falangette delle mani e mi spinge a digitare.
Voi, piccini, che ancora credete che, se si pubblica a pagamento, allora si vale zero. Come se non aveste mai circumnavigato scaffali di librerie, orripilato a editi Mondadori, Feltrinelli e Fatebenefratelli.
Voi, che ancora credete che, se una Casa Editrice pubblica, lo fa perché l’autore scrive bene, in modo personale (non originale); che chi si affida al self-publishing è una sega, in grado di eccitare solo se stesso.
Se questo è vero, ed è vero, non è un dogma. È un ragionamento stabile solo se lo perpetuate.
Voi, che vi fregiate di chiamarvi Lettori, e ancora credete alla favoletta del Buon Editore-Buon Libro. Roba che nemmeno i Recensorum.
Avete mandato in ebollizione le croste terrestri del mio soma, persino quelle lattee, con le vostre spocchiosità pregiudizievoli, con il vostro sermone in copia e incolla.
Il buon autore si trova anche altrove, tra le pieghe, che voi, con il vostro plumbeo distacco, avete lasciato alla muffa.
Leggete sempre i soliti. Rassicuratevi in voi stessi.
Fottetevi di parole.
E voi, colleghi scrittori. E noi. Siamo migliori?
Ognuno a pisciare nel proprio vaso, a lodare la propria urina, sbirciando quella altrui con disprezzo, perché ognuno, si sa, scrive meglio di tutti gli altri.
Ognuno, si sa, non vale la nostra attenzione.
Non deve avere attenzione, altrimenti si rischia di scoprire che altri, meglio di noi, centrano il pitale.
Ah, sì, tempo in peggioramento, prevedo scrosci.
Di piscio.
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