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rimembri ancor



Bentrovato, "maschere", mio primo libro edito (2006- Giraldi Editore): 

Nonostante lo squallore dello pseudonimo scelto (homo interrogans), e uno stile ancora non ben definito, i padrini del mio esordio furono i coraggiosi Autori Valerio Evangelisti ed Eraldo Baldini (prefazioni). 



Nei ricordi delle prime recensioni, tra quotidiani ("La Stampa", "la Repubblica") e riviste on-line, ritrovo questa, a cura di Annamaria Trevale (http://www.progettobabele.it/rec_libri/mostrarecensione.php?VOTO=90&IPVT=79.55.23.249&INVT=SI&id=2679)

La protagonista assoluta di questa anticonvenzionale raccolta che alterna racconti e poesie, con il tocco finale di un’intervista immaginaria, è la morte.
Attenzione, però. Non la troviamo come oggetto di tediose ed astratte riflessioni esistenziali, per carità, ma fatta personaggio essenziale, compagna d’avventure per la maggior parte degli individui che popolano le vicende narrate, analizzate e descritte sotto gli aspetti più disparati e sorprendenti da un autore (Giovanni Sicuranza, nella vita medico legale bolognese) che è prima di tutto uno scienziato e ne possiede la capacità di analisi fredda e distaccata.
Perché il titolo “Maschere”?
Perché secondo l’autore tutti gli esseri umani, nel corso della loro esistenza, ne indossano una, o più d’una, ed è solo di fronte alla morte che tutte queste maschere cadono, svelando la vera natura profonda di ogni individuo.
Partendo da questa teoria, è facile intuire come i racconti di questa raccolta riservino al lettore molte sorprese, perché è assai raro che l’epilogo ci descriva una situazione simile a quella di partenza, mentre la sensazione più frequente che ci rimane al termine di ogni singolo episodio è quella del disorientamento totale.
Si può dire che la lettura, oltre che intrigante, risulti sempre del tutto spiazzante per i capovolgimenti assolutamente imprevedibili rispetto alle certezze iniziali.
Una sola avvertenza per il potenziale lettore: non è un libro destinato a chi cerca e predilige le storie a lieto fine, perché l’umanità tanto abilmente descritta da Interrogans, sotto questo punto di vista, non lascia proprio alcuna speranza.

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