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L'insolvente



L’insolvente
Giovanni Sicuranza

- Non posso pagare, non quest’anno.
Le pale al soffitto agitano torpori viziati di chiuso. 
Urbano Vitale scuote la testa al loro ritmo, un ciuffo tra l’alopecia prende slancio, rossastro come una carota, ma una carota arsa nel caldo, una carota già deceduta quando l’uomo apre la bocca e i denti bianchi, bianchi come la neve, ma una neve distesa a sudario del mondo.
- Lei, signor – le falangi delle mani artigliano il frontespizio della polizza, gli occhiali rotondi, piccoli come monete sugli occhi di un cadavere, scivolano sulla lucidità del naso – signor Esodato, già, lei non paga da nove anni. È decisamente fuori tempo. 
Le pale al soffitto cigolano, addolorate. Esodato porta lo sguardo all’asta che le sostiene e una parte del riflesso ottico gli mostra crolli di calcestruzzo e cemento armato contro la sua testa. Sarebbe un bel modo di onorare l’insolvenza, si dice, osando pensare sul monologo del Direttore Vitale. 
- A cosa pensa? – gocce di saliva densa si spargono tra la scrivania di metallo nero, ma nero come la notte ultima dei tempi. Una si schianta sulla mano di Esodato, che stringe i denti per non ritrarla dal bracciolo. La plastica della sedia suda dietro la schiena e sotto il culo.
- A niente, signor Direttore. 
Falange, falangina e falangetta del dito medio destro di Adolfo Vitale si tendono in linea retta nell’aria e fanno “no no no”. 
- Se lei non paga, signor Esodato Ulisse, vedovo di Assunta Celeste, non potrà morire nemmeno quest’anno – gli occhiali del Direttore diventano fessure di rettile – E se non muore, non potrà raggiungere sua moglie.
- Signor Direttore, Dottore, Illustrissimo.
Le pale scattano, aumentano la frequenza del giro e trascinano verso loro i titoli gementi del vecchio. 
- Lei ha novantanove anni oggi, signor Esodato. Il contratto è molto chiaro, no? Doveva morire già sette anni fa, nell’incidente d’auto con sua moglie. 
- Sì, Direttore, ma il mutuo, gli interessi sul mutuo e l’inflazione sul mutuo e la crisi del mutuo.
- Sua moglie ha sempre pagato l’assicurazione, ma se lei non paga.
Falange, falangina e falangetta si uniscono alle altre della mano, si ritraggono in se stesse, sorde ai lamenti dell’assicurato, ed esplodono in un pugno sdegnato sul metallo. Per un istante il nero diventa grigio, come topo consumato dalla terra. Ma forse è solo un riflesso ottico. 
- Lei ci sta dando seri problemi, signor Esodato. E tutti gli altri irresponsabili come lei. Rischiate di mettere a rischio il contratto finanziario con la Morte. Lo sa cosa significata se il mondo perde gli accordi, signor Esodato? 
Pallini di saliva affondano nelle guance insipide del vecchio. Il Direttore ha alzato il viso e il tiro. 
- Dobbiamo pagare tutte le rate sulla vita, per morire all’età desiderata, lo sa molto bene. È il primo obbligo dalla maggiore età di tutti noi. Se non paghiamo, il debito si accumula e la Morte attende. 
Ulisse Esodato vede le pale scendere lente, giro dopo giro, i bordi diventati lame per decapitare il Direttore, ma sa che non può sorridere a questo desiderio. Non davanti al Urbano Vitale, Responsabile dell’Ufficio Vita e Morte al Municipio del paese. Non durante il Momento annuale dell’Ira. 
- Conosce anche le conseguenze dell’insolvenza, vero, Esodato? La Morte prolunga la vita oltre i termini concordati, in attesa del pagamento, e tutta la società soffre per mantenere gli insolventi come lei. Lei che è un parassita. Un. Un un.
Le palpebre del vecchio si chiudono e si aprono e si chiudono, rapide, stupite, sulla rigidità fulminea del Direttore. 
Matacarpi e falangi vari di Adolfo Vitale si raggruppano all’altezza del cuore. 
- Ma – bolle di saliva rossastra come fragola, ma fragola andata a male, spingono tra le fessure dei denti, oltre le labbra – dovevo morire tra dodici anni. Il contratto. 
Ulisse Esodato osa alzarsi in piedi e sbirciare dall’altro capo della scrivania, dove giace supino e immoto il corpo del Direttore. Solo un attimo di curiosità, prima di alzare le spalle, schiacciare il pulsante che blocca le pale del soffitto e prendere la copia del suo contratto. 
Ulisse Esodato sorride all’afa della vita.
- La clausola, signor Direttore – la maniglia della porta si apre sul corridoio luminoso come un mezzogiorno di fuoco– Mi chiedevo chi sarebbe morto al posto mio, in anticipo, quest’anno. 


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