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La fila



La fila 
Giovanni Sicuranza

L'ultima volta che ha fatto la fila è stata agonia pura tra sotto-evoluti ciondolanti. Dieci minuti dieci, un'offerta tra sudori e musiche pop-rinco da filodiffusione, che neanche al tre per due, tutti tesi e immobili verso quella cazzo di cassiera.

Davanti a lui un balenottoro in vestaglia floreale, grondante profumo da ipermercato, per l’appunto.

Italo ha pensato a uno sciame di calabroni ingrufaliti, ghiotti dei fiori disegnati sul vestito di quel donnone. E’ stato l’unico momento in cui ha sorriso.

Per il resto, fila, oggetti vomitati sul rullo della cassa, quella fottuta lingua grigia lenta, troppo lenta.

Oggi, però, ha fatto la spesa in compagnia.

Vagina Seminova, la sua vicina di casa. Beh, non proprio lei, ci mancherebbe, poi toccherebbe pagarla. E lui, con lo stipendio da medico neo-specializzato, mica se la può permettere una zoccola ucraina o giù-di-lì come la Seminova.

Ma sua figlia, la piccola Anna, eccola qui. E' con lei che ha gimcanato tra gli scaffali.
Bella, paffutta, un frugoletto acchiappa sorrisi di sette mesi. O otto. Va beh, chi se ne frega adesso.

Italo frena. Il carrello sbanda appena sulla destra, asmatico sotto la valanga della spesa.
Davanti a lui, una coppia di parassiti, studenti universitari. Li riconosci perchè sotto quell’aria scazzata hanno la muffa. Tutti uguali, bighelloni a spese dello Stato, pronti a ingrassare la disoccupazione.

Sono feccia, pisciano, cagano. Oziano. Tanto paga papà.

Anna alza gli occhi su Italo. Italo le rivolge un sorriso aperto.
Ridi, piccola, le sussurra, le parole che scivolano leggere verso il frugoletto seduto sul ripiano del carrello.
La piccola scalcia, poi si perde intorno ai colori del consuma-consuma accesi sugli scaffali.
Italo torna a guardare davanti, dipinto da un sorriso colmo di affetto, che non crolla nemmeno quando si accorge che oltre la mandria degli studenti c’è una nonnina misera misera, che sembra sul punto di spezzarsi mentre spinge il carrello e invece no, porca puttana, avanza avanza verso la cassa. Ma quanti anni avrà quello scheletro osteoporotico? Non dovrebbero recintarla in unca casa di riposo?

Anna è un ghè-ghè festoso rivolto a Italo.
La tipa con percing al naso si stacca dallo zombie intellettualoide che le sta sbavando sul collo e si volta verso di loro. Sorride alla pupa, i denti bianchi, troppo bianchi per essere veri, dai, chissà quante canne si fa tra un esame e l’altro.
Sempre che dia esami.

Anna si agita, presa dal vortice empatico. La tipa allarga sorriso e narici. Il percing ciondola e si innalza, pronto a strapparle la carne. Invece niente, niente.
Questa parassita continua a riconglionirsi davanti alla bimba, dimentica del tipo che fino a un attimo prima la stava praticamente scopando con le mani.
E la fila non si muove.

Cazzo.

Italo si guarda da un lato, poi dall’altro.
La fighetta finalmente si gira verso la cassa.
Anna alza ancora gli occhioni su Italo.
Che le dedica un bacio. E subito dopo una sberla sulla nuca. Veloce.

Anna barcolla, annaspa. Sbatte il naso sulla catena del carrello, appena, per fortuna.
Niente sangue, spera Italo. Per Anna c’è un altro ruolo.
E infatti la piccola fa quello per cui lui si è offerto come baby-sitter.

Prende fiato. E urla tutto il suo dolore. Piange.
Un ululato potente che paralizza il supermercato.

I segaioli della società si voltano con unica testa bovina verso loro. La nonnina scricchiola tutte le vertebre della schiena e del collo. La cassiera si marmorizza su uno scontrino lungo come un pitone.

"Scusate", mormora Italo, mortificato, "Scusate", ripete, gli occhi sbigotti di tutti che rimbalzano tra lui e quella povera ciccina piangente, "Ha fame, non mangia da tempo e ...", urlo del fagottino in sol maggiore, "... La mamma ci aspetta là fuori", conclude indicando un punto a caso oltre il confine della cassa.
Prego, venga, ci mancherebbe, poverina, poverina.
E la fila si apre davanti a lui, neanche Mosè con il Mar Rosso. O era Nero?

Italo ringrazia, un sorriso qui, uno là. La piccola paonazza.
La cassiera batte veloce ogni pezzo. Birra, formaggio sfuso, fuso, veloce, veloce, fino a fondere le dita, gli occhi avviliti sulla bimba.

Italo esce dal supermercato.
Respira a fondo. Soddisfatto.
Spinge il carrello verso l’auto, la cucciola che si è addormentata. Spossata.
Lui si china appena, giusto per controllare che respiri, e intanto si chiede se Vagina Seminova avrà ancora bisogno del baby sitter. 
E sorride. Di un sorriso vero.

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