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"Dracula": gotico d'amore.



Chi ha letto "Dracula", di Bram Stoker, o ha visto le numerose trasposizioni cinematografiche, quella di Francis Ford Coppola in particolare, non dovrebbe stupirsi se affermo che l'opera non si limita al pur originale (nella struttura, nella trama) racconto horror.
"Dracula" è questo, ma anche, soprattutto, una delle più profonde storie gotiche d'amore.
L'amore irripetibile, oltre le convenzioni.
Oltre la barriera tra la vita e la morte.

***
Il mito del vampiro nasce essenzialmente dal tabù della morte, che, in varie trasformazioni nel mondo, è ancora una cappa sul mondo odierno, con particolare fobia in quello Occidentale (rinvio ai miei precedenti articoli in questo blog).



“Dracula” di Bram Stoker rimane un libro di attualità anche per questo motivo, oltre l’originalità della scrittura e dei personaggi.


Come si sa, l’autore si è ispirato a un personaggio storico, Vlad Tépes, di cui qui, purtroppo, non ho modo di soffermarmi.


Spunto interessante, che lascio per una prima riflessione, è il tema della resurrezione.
Stoker scrive in una civiltà cattolica puritana e il mito del vampiro serve anche a scardinare il dogma.


Rispetto alla Resurrezione cristiana, Dracula ritorna a una vita dannata.
Prima di trasformarsi in vampiro, deve morire, per poi continuare un’esistenza "border-line" tra il morto e il sentimento del vivo. 


La grande motivazione della resurrezione di Draculia (figlio di Dracul, il Drago) è sempre l’amore.
Ma l’amore per la sua sposa (suicidatasi a seguito di un inganno), il desiderio di ritrovarla, oltre il tempo e lo spazio.


Non è amore per l’umanità, non è Resurrezione per la redenzione degli uomini. Anzi.


Eppure è resurrezione nella morte per mantenere in eterno l'amore per la sua donna.


Bram Stoker crea la prima, intensa, resurrezione laica.


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