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Penombre - anteprima da "Ritorno a Città di Solitudine" di Giovanni Sicuranza

- Questa, egregi colleghi, è proprio bella!

Sbam! concorda il fascicolo che il dottor Tullio De Tisis getta sulla scrivania. Nell’impatto, l’elastico che racchiude la documentazione sguscia come un serpente impaurito e alcuni fogli fanno capolino sotto valanghe di certificati.

- Come lingue bianche e tatuate – mormora la dottoressa Alessia Renina, osservandoli con occhi perplessi.

- Cosa?- chiede De Tisis, aggrottando sopracciglia e rughe sparse sulla fronte.

- Niente, pensavo ad alta voce, questi fogli sono come – e la voce della dottoressa si affloscia nel silenzio, gli occhi che continuano a fissare il fascicolo smembrato.

De Tisis è un interrogativo sorpreso che cerca lo sguardo del medico seduto oltre la collega. Ma questi si limita a scrollare le spalle e a recuperare a caso parte della documentazione.

- Dov’è il buffo? – chiede mentre i suoi occhiali fanno lo slalom tra le pagine.

- Allora, visto che non capite la situazione al volo, tanto vale fare entrare l’interessata. In fondo abbiamo poco tempo, prima di passare a casi seri – De Tisis sbuffa, così forte che i lunghi capelli della dottoressa seduta al suo fianco ondeggiano di protesta – Insomma, siamo o non siamo la Commissione incaricata dal Ministero di verificare se queste persone sono davvero invalide?

- Non capisco questo cosa c’entra – replica il collega, gli occhiali che arrancano sui fogli – Questa signora ha fatto una domanda regolare.

- Appunto, egregio nonché illustre dottor Pierluigi Emisferi.

Sbam, echeggia una versione più soft della precedente valanga, quando De Tisis schianta un pugno sulla scrivania.

Alessia Renina ha un sussulto.

- Ti ho già detto che non siamo sordi. Non c’è bisogno di accompagnare ogni volta le tue osservazioni con un pugno.

De Tisis inarca ancora di più rughe e sopracciglia, tanto che la pelle delle tempie diventa una sottile membrana in esposizione di arterie pulsanti.

- Ma senti – inizia.

Emisferi alza una mano, su, più in alto possibile, con uno scatto che spezza la tensione della seduta della Commissione di Verifica.

- Facciamo accomodare la signora e poi ne parliamo – decide per tutti – Signora Rosaria Vanesia Pia! – tuona subito dopo, per evitare discussioni e proteste varie.

La porta si apre immediatamente e una testa piccina e silenziosa si affaccia sull’uscio.

- Venga pure avanti, signora – la invita il dottor De Tisis con aria affabile e, mentre la signora Rosaria Vanesia Pia entra nella stanza, si concede ancora il gusto di un’occhiata derisoria ai suoi colleghi.

- Si accomodi – la invita con un sorriso la dottoressa Renina.

La donna sposta la sua fragile figura sulla sedia di fronte al trio dei medici. Naso largo e rosso, rughe scolpite da escavatrici, occhi neri, come tutto il vestito, e immobili, come il resto del corpo.

- Ma respira almeno? – chiede De Tesis, sporgendosi dietro la collega, con un sorriso grasso rivolto ad Emisferi.

Renina scrolla le spalle, come a scacciare un insetto, poi apre ancora di più il sorriso sulla donna. Lei non ricambia, intenta a fissare il dipinto di natura morta da chissà quanti secoli, appeso dietro i medici.

- Ha documentazione recente, signora – lo sguardo di Alessia Renina scivola sul fascicolo – signora Vanesia Pia?

No, fa’ la donna con la testa, in un gesto così accennato che per un attimo la dottoressa si chiede se non se lo sia immaginato.

- Vede – spiega, professionale – sembra che ci siano dei problemi con la sua richiesta di invalidità e senza documentazione – le parole si infrangono inutili sul viso immobile della signora.

- Signora Vanesia Pia? – chiama il dottor Emisferi.

Lei si gira verso il medico, piano. E tace. E non ha espressione.

- Ma qual è il problema? – domanda allora Pierlugi Emisferi, rivolto ai colleghi, il tono che vaga tra impazienza e fastidio.

- Oh, ecco, questo è il punto – salta su il dottor De Tisis, con la voce forte e decisa di chi ha finalmente una platea attenta – Riassumo. La signora qui presente ha una certificazione che attesta uno stato epilettico grave, comparso quando era bambina, ma risoltosi completamente e senza più ricadute circa tre anni fa’.

- Bene, bene – si rallegra la dottoressa Renina, rivolta alla signora, aspettando una reazione positiva della paziente, un sorriso, un accenno, un che.

Niente. Rosaria Vanesia Pia guarda il dipinto e respira appena. Forse.

- E che farmaci usa? – chiede allora con tono perplesso, continuando a fissare la donna, ma aspettando ormai una risposta solo dal collega.

- Qui sta il bello di cui vi dicevo – tuonano all’unisono parole e pugno sulla scrivania – La signora non ha più fatto visite da quando era bambina. C’è solo una dichiarazione scritta nemmeno da lei, ma da una tale – De Tisis affonda le mani nella documentazione sparsa sul tavolo, la sparpaglia ancora di più e intanto impreca in un sottofondo incomprensibile – Ma deve esserci, ecco.

- Per caso si tratta della signora Benedetta Agresti? – domanda il collega Emisferi sollevando un foglio tra le mani come la coppa del vincitore.

- Proprio – sibila De Tisis, uccidendolo con lo sguardo – Questo tipo sostiene che la signora sarebbe completamente guarita ingurgitando quantitativi esagerati di valeriana coltivati nel suo campo.

- Ma la valeriana non era il rimedio per le epilessie? – la dottoressa Renina ha un’intuizione che la gonfia di orgoglio – Nel sedicesimo secolo i medici Colonna e Panaroli impiegarono la Valeriana officinalis proprio per tentare di controllare la malattia.

- Immagino con quali risultati – la smonta De Tisis con un affondo di ironia. E subito dopo riprende il controllo – Ma l’insolito non è nemmeno questo, mi perdoni signora Vanesia Pia.

Rosaria Vanesia Pia non mostra segni né di perdono, né di interesse. Continua a starsene seduta, immobile, gli occhi neri sul quadro della natura morta.

- Il punto – continua allora De Tisis con maggiore determinazione - è che la signora ha fatto domanda di invalidità, perché dopo l’assunzione di valeriana sarebbe sì guarita dall’epilessia, ma avrebbe sviluppato l’effetto collaterale che possiamo vedere. Insomma, egregi colleghi, la valeriana, che oggi è usata anche per combattere l’ansia, avrebbe reso la qui presente completamente apatica!

Silenzio. I medici guardano la paziente, che guarda il dipinto, indifferente ai medici, che allora si guardano tra loro, confusi.

- Direi che la signora può andare, no? – conclude con un sorriso compiaciuto De Tisis.

- Sì, certo – concorda Pierluigi Emisferi – Può andare.

Rosaria Vanesia Pia solleva la fragile figura dalla sedia senza nuove espressioni.

- Non vuole spiegarci niente, signora? – tenta allora Alessia Renina.

E finalmente Rosaria la guarda, la guarda davvero.

- La natura è morta solo nei dipinti – mormora atona – Ma meglio morta che infelice.

Ed esce di scena lasciando la commissione sospesa sulle sue parole.

- E’ andata – spezza il silenzio De Tisis.

Il collega Emisferi si gratta la testa, scuote la testa e sospira.

- Con tutta la buona volontà, insomma.

- Sei anche uno psichiatra, hai visto – lo incalza De Tisis – E’ una storia che non regge. E per di più priva di documentazione.

- Non vedo che documentazione potrebbe fornire – concorda il collega - La valeriana non guarisce dall’epilessia, figuriamoci, già è dubbio che possa aiutare nell’ansia. Quindi escludo che possa provocare un’apatia del genere, nemmeno come effetto collaterale.

- Ma qualcosa ha. È chiaro, no? – replica Alessia Renina, gli occhi ancora vagabondi tra i fogli sparsi sulla scrivania.

- E’ un po’ fuori, certo. Ma, ripeto, non ha nessuna documentazione valida – sbuffa De Tisis, sempre più impaziente.

La dottoressa annuisce, si alza dalla sedia e si porta davanti alla scrivania, seguita dallo sguardo sorpreso dei colleghi.

- Eppure – insiste, lo sguardo che si posa sulle penombre del dipinto – Eppure qualcosa ha.

- Sei proprio una rompi. Questo è un caso da respingere e basta – e tanto per essere più chiaro, De Tisis fa’ esplodere un altro pugno sulla scrivania.

Emisferi concorda con un rapido cenno della testa.

Alessia Renina tace, lo sguardo perso tra le pennellate di una natura decisamente morta.

E la seduta può considerarsi conclusa.

***

L’erba si muove sulla carezza delicata di un vento tiepido.

Immerse nel campo, le due donne si guardano in un silenzio lungo di complicità e decisioni senza ritorno.

Poi, quella più anziana indica le ceste di vimini che le circondano.

- Le porta via subito?

Alessia Renina annuisce, veloce.

- Mio marito mi aspetta sul viale con il fuoristrada – un sospiro – La ringrazio davvero, signora Agresti.

- Non mi chiami signora, le ho già spiegato chi sono e cosa faccio.

- Sì, ci ho pensato tanto da quando ho visitato Rosaria – un altro sospiro e Alessia chiude gli occhi – So che è morta di apatia poche settimane fa’.

Benedetta Agresti appoggia la mano deformata dall’artrite sulla spalla della giovane donna.

- Discendo da generazioni di rozotomi, così ci chiamavano nella Grecia antica. Il nostro compito è sempre lo stesso, oltre i secoli, selezionare erbe speciali per curare.

- O per proteggere – sussurra Alessia.

Benedetta Agresti ha un sorriso stanco, pieno di rughe e tristezza.

- Se non è possibile curare, sì. Come Rosaria, anche sua figlia ha una forma di epilessia molto grave, che non risponde ai farmaci. Questa valeriana sarà la sua salvezza, ma non la sua cura.

- La farà diventare apatica, vero?

Sì, risponde Benedetta con un cenno del capo.

- E poi sarà così apatica che non vorrà nemmeno più nutrirsi e vivere. E come Rosaria anche mia figlia – Alessia si nasconde il viso tra le mani – Mio Dio, anche lei morirà.

- Ma grazie alla valeriana avrà almeno smesso di soffrire - Benedetta Agresti stringe a sé la giovane donna scossa da singhiozzi – Lei e suo marito avete amore e coraggio. Per questo vi aiuto.

E mentre Alessia affonda il viso nel suo petto prosciugato, Benedetta alza lo sguardo al cielo.

- Una natura morta è meglio di una natura infelice – mormora alle nuvole bianche che scivolano sopra il campo di erbe.

Commenti

INPS - Commissioni di Prima Istanza delle AUSL e di Verifica.

Le disposizioni stanno arrivando dall'altro, pressanti per gli stessi Medici delle Commissioni (vd. Linee Guida interne dell'INPS).

Erosione del disabile.

Da medico legale che, quotidianamente, ha a che fare con decine di questi misconoscimenti, anche plateali, come la negazione dell'indennità di accompagnamento a chi non è in grado di compiere da solo la deambulazione o atti quotidiani della vita se non con la necessità di assistenza continuativa, e da medico coordinatore regionale di un grande Patronato, ho una prospettiva abbastanza ampia del fenomeno (confermatomi da colleghi delle altre Regioni).

Pertanto, pertemettetimi, ESORTO tutti coloro che ritengono di avere subito un danno sottostimato dalle Commissioni, a rivolgersi, con il Verbale, al più presto a un Patronato o a un'Associazione di Categoria.

Non lasciatevi intimidire dalle notizie, ipetrofizzate dai "media", dei "falsi invalidi".

Del vostro diritto negato, nessuno ne parla.

Ci sono professionisti che valutano ogni caso e decidno se è meritevole o meno di ricorso in giudizio.

Sommergere questi Enti con esiti positivi, in cause ponderate presso i Tribunali del Lavoro, è l'unico modo, nel tempo, perché gli Enti stessi facciano retromarcia.

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