Il sentiero ha persino un nome.
Da non crederci, dato che è poco più di un acciottolato gettato alla rinfusa tra folle di grano intente a seguire il pigro assenso del vento. Eppure qualcuno, in un tempo che non ci è dato sapere nel nostro breve vagare, ha deciso di chiamare questo serpiginare di erba e ghiaia “Passo del ridente”.
E qui la marea montante del nostro smarrimento potrebbe persino gonfiarsi e travolgerci.
Fermiamoci, dunque, perché l’altezza del grano ci sta già sovrastando in una negazione assoluta dei particolari a noi familiari.
Se ci giriamo verso il punto da cui siamo partiti, solo l’intuizione di un ricordo ci mostra ancora il casolare al confine tra la strada provinciale e questo campo di grano, enorme, steso come una mano butterata di giallo a schiacciare il mondo.
E sopra i fruscii stranieri delle spighe di grano, oltre il sommesso borbottio delle cicale, scopriamo il nostro respiro spezzato.
Il sentiero si chiamerà anche ridente, ma capite che qui da ridere non c’è proprio nulla.
Non nel grano che si chiude intorno a noi senza accennare a segni di comprensione, non nel cielo che cala sulle nostre teste in un pesante groviglio di nubi nere. Non nello stesso sentiero, che sogghigna mete oscure oltre la collina.
E soprattutto, non nell’unico movimento nel cielo, quello che ci ha spinti fin qui, incuranti dell’ira di un temporale in rapida avanzata e della presenza di così tante spighe di grano, da formare un esercito pronto a respingerci oltre i confini del mondo. Persino oltre la nostra rassicurante città, dove, all’alba, tra aromi di cappuccini e fragranze di brioches, abbiamo stabilito di avventurarci senza meta nei territori sul confine del fiume.
Ed eccoci, qui riuniti, come si direbbe nelle grandi occasioni, per cui vale la pena aggiungerlo, considerato che ci stiamo muovendo al centro di questa palude di grano, spinti dal lento planare dei falchi. Il loro cerchio nel cielo ha dapprima ammaliato la nostra curiosità, attraverso le finestre del casolare dove ci siamo fermati per la sosta, poi ha preteso la nostra totale attenzione, i nostri respiri, i nostri corpi.
La carcassa di qualche animale sta fermentando sul nero giaciglio della terra, avremmo deciso in altre occasioni con un sorriso distratto ad imbecillirci i volti. E invece la nostra espressione è quella tesa della domanda che ha urgenza di risposta, e non può essere altrimenti visto che proprio poche ore prima di questa lenta danza di falchi, la nonnina è sparita.
Era nel letto della sua stanza, certo con un’espressione serena un po’ insolita date le circostanze, ma sicuramente con ben poche intenzioni di muoversi.
Lo sapevamo bene quando siamo usciti in gruppo dalla camera e ci siamo voltati a salutarla con massimo rispetto dopo averle preso soldi e argenteria e, affascinati dal peso specifico di un candelabro in ottone, frammentato in più parti la sua testa fragile di capelli e rughe.
Ha smesso subito di muoversi, senza un lamento, con quell’espressione rassicurante a baciarle le labbra, nemmeno le avessimo fatto un favore.
Forse adesso mi darete ragione, mentre siamo qui a girare su noi stessi in un sudario di grano e cicale. Quell’aria soddisfatta doveva farci intuire che c’era qualcosa di davvero storto nel posto dove siamo finiti, anche di più storto di questo sentiero.
Mica sorridevano gli altri, nemmeno quando li abbiamo uccisi nel sonno.
Ed ora, circondati di grano e domande nel “Passo del ridente”, nemmeno noi abbiamo da sorridere. Li vedo i vostri volti, scolpiti di dubbi, con tutte le parole che potevamo dirci già disperse nel campo, e scommetto che vi somiglio, come non mai.
Per questo alla fine avanziamo, insieme, con lo stesso passo e la stessa angoscia, lungo il filo srotolato di questo sentiero. Alla ricerca del cadavere della nonnina.
Il campo davanti ai nostri passi, celato allo sguardo, sembra attenderci. Immoto.
***
- È andato del tutto – le parole arrivano con un ritardo di qualche secondo sull’immobilità decisa e fredda dell’uomo.
- Andato – le raggiunge un bisbiglio assorto – Buffa espressione per uno che se ne andava tranquillo con gli amici dalla città al campo di grano sul fiume –
- Se la vuoi sapere tutta – si rafforzano le prime parole – a quella nonnina la patente dovevano toglierla da un pezzo. È piombata addosso alla comitiva senza nemmeno rendersi conto di quanto era successo. Pensa che l’hanno trovata fuori dall’auto, assorta a contemplare questo tipo con espressione sorridente –
L’aria si riempie ancora di silenzi, solo un istante, prima che il bisbiglio accenni di nuovo a disperderli.
- È successo al casolare vicino al “passo del ridente”, vero? Chissà poi perché lo hanno chiamato così -
Il lungo fruscio del lenzuolo steso sul cadavere è l’unica risposta che rimane nella sala di rianimazione.
***
La vecchia osserva labbra muoversi frenetiche intorno a lei, ma il sorriso sceso sul suo volto dopo anni di buio è così fiero e assordante da celarle frasi ed urla.
Non ha nessuna intenzione di abbandonarlo, quel sorriso, nemmeno ora che la stanno interrogando. Mai più lo lascerà, non dopo averlo trovato, caldo e inaspettato come un nuovo amante, tra il sangue di quegli uomini che ha seguito, discreta, paziente, nell’auto, e che ha investito proprio quando sono arrivati davanti al casolare vicino al fiume.
La dimora in cui ha vissuto con il marito e la figlia fino a quando proprio quegli uomini non hanno divorato il suo futuro. Solo per caso, in sussurri mescolati ad alcool e fumo nel bar del paese, li ha sentiti vantarsi dei loro annuali saccheggi ed omicidi. Solo per caso, nelle penombre di nuovi progetti assassini, ha rivisto le mani che hanno stritolato il collo della figlia, i sorrisi chini sull’agonia del marito e sulla sua, purtroppo non assoluta.
lei era soltanto sopravvissuta.
Dopo, mentre la sera affievoliva ogni movimento nel suo campo di grano, e lasciava le cicale stordite di suoni, era finalmente tornata nel casolare.
Qui, compagna di un buio senza sonno, aveva condannato a morte gli assassini.
Nell’unico modo in cui avrebbe potuto vincerli.
Le parole la sommergono, ora, e lei sa che sono domande, ordini, richieste, come sa che tutto questo le basta intuirlo e ignorarlo allo stesso tempo.
Il suo sorriso è il più forte, adesso, come lo era stato un tempo, quando il suo giovane marito aveva dato il nome al sentiero angusto che sibila nel campo di grano.
“Passo del ridente”, perché, per la prima volta, lì si erano amati. Ridendo di vita.
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