Passa ai contenuti principali

I racconti del Direttore - La stanza numero tre

Eccomi nella Stanza Arancione.

Ah, scusate, mi presento.

Sono Giovanni Draculia Sicuranza, il Direttore di un hotel costruito anni fa sulla collina, tra il fiume dove tutte le domeniche venite a cercare trote e il bosco in cui molti voi si sono persi alla ricerca di funghi.

C’è poca clientela di questi tempi, ma non per la crisi economica, no. L’hotel offre ogni confort, dalla piscina al campo giochi, a prezzi modici.

Credo sia per il cimitero in cima alla collina, sul lato ovest, dove affacciano le stanze migliori.

Quando ho preso possesso di questo hotel, ovviamente non di mia proprietà, e mi sono affacciato alla Suite Rossa del quarto piano, quella con vasca idromassaggio per quattro persone, e mi sono sporto oltre la nebbia, fino a sfiorare le ultime chiome dei cipressi, ho trovato la distesa delle lapidi rilassanti.

Temo che agli ospiti non faccia lo stesso effetto.

Ora, il punto è che il lato est e nord sono abbracciati dal fiume e dall’acqua in corsa, durante la notte, provengono suoni strani, versi gutturali, come di rospi. Versi però così cupi, profondi, da arrampicarsi sulle pareti dell’hotel, entrare nelle stanze e riempirle.

Probabilmente è un fenomeno di amplificazione, dovuto alla vallata tra le colline, ma in paese si mormora che solo rospi grossi almeno tre metri possono emettere lamenti del genere.

E io mi sono fottuto la clientela.

 
Ah, dimenticavo, il lato sud. Il lato sud non esiste. Nel lato sud c’è l’orizzonte degli eventi, dove il mondo finisce. Una distesa così tenace di nebbia, che non solo cancella ogni indizio di forma, ma assorbe, risucchia il suono. Potete affacciarvi, sul lato sud, e subito penserete di correre il rischio di cadere in un’altra dimensione. E forse è proprio così.

Poco rassicurante, vero?

Insomma, ora capite perché in genere, da queste parti, si fermano poche persone.

E perché questa notte mi trovo, solo, nella Stanza Arancione. E’ un’ampia sala, costruita durante la Grande Guerra da un aristocratico, il Barone Fumosi, e aveva lo scopo di uccidere la morte con la gioia.

Feste, libagioni, balli. Quasi ogni sera. Così il Barone pensò di dimenticare la guerra e di donare l’oblio ai suoi invitati non chiamati alle armi.

Morirono tutti, una cinquantina di persone, e ballavano senza stringersi, tanto che, vedete, è ampia questa sala. Ballavano, mentre il Reparto d’Assalto, V Battaglione del Genio Militare, su una falsa informazione, perso tra le nebbie, credette di avere intercettato il Comando Generale degli austriaci.

E sperimentò per la seconda volta un gas, un prototipo dello Zykilon B, poi affinato dai nazisti per soffocare gli ebrei in massa.

Il Barone Fumosi e i suoi cinquanta invitato caddero uno ad uno, senza riscatto di vita, tra vomito e scariche diarroiche.

Ma, scusate, divago, perché questa sera, seduto nella Stanza Arancione, è un’altra la storia che vi voglio narrare.

Il the è sempre pronto. La pipa, ah, il sapore del niente che soffoca i polmoni!

Questo è il mio pensiero della sera per l'hotel.

Vuoi ascoltare, hotel? C'è qualcuno nella penombra che ha già sentito echeggiare i lamenti dei rospi, o qualunque cosa essi siano?

Avrete notato che manca la stanza numero tre.

Dalla due si passa alla quattro, su, al primo piano.

E' stata una decisione presa personalmente qualche anno fa, quando ancora sembrava che la clientela fosse un movimento concreto e non l’astrazione di un progetto fallito, per cui ne sono responsabile. Nemmeno gli altri Amministratori lo sanno.

Ora, se qualcuno mi chiede le chiavi della stanza numero quattro, di solito rispondo che la stanza è in ristrutturazione. Perchè ho cambiato il numero, ma quella, in realtà, è rimasta la camera numero tre.

Ha solo un nuovo vestito, esteriore. Dentro è rimasta come allora.

Di solito, comunque, per quanto vi ho spiegato, capirete che non ho una clientela che arriva a chiedermi fino alla stanza numero quattro. Di rado, sì, qualche coppia per motivi sentimentali, mi dice “è libera la stanza quattro? Sa, è lo stesso numero della stanza in cui abbiamo passato la notte di nozze?”.

La notte di nozze? Si usa ancora?

In ogni caso, questa è la domanda che più mi angoscia. E se mi seguite nella storia, capirete perché.

Dunque, ti raccontavo, hotel, e raccontavo a tutti i sussurri assenti di questa sera, che in realtà la stanza numero quattro è la tre. Un inganno? Sì, senza danno però.

Voi non avete la stanza quattro, io passo accanto e dimentico la stanza tre.

Almeno ci provo. Fallendo ogni volta. In realtà passo accanto a una ferita. Perchè in quella stanza, vedete, ah, scusate un istante, devo ...

… ecco, scusate, il camino, mi sembrava che l'ambiente si stesse raffreddando.

Vi dicevo, uhmm, la pipa ... coff coff, devo ancora abituarmi, è un regalo dei mie colleghi ...

Insomma, la stanza tre è una ferita ancora aperta. Voi non la vedete, leggete quattro, io ci passo accanto e leggo il numero celato.

Un giorno mi deciderò ad entrarci. Magari una sera come questa, in cui tutti voi siete altrove. Aprirò la porta e non credo che cigolerà come in dozzinale film dell'orrore.

Credo che scivolerà sul pavimento in parquet. Liscia, docile, come tutto il desiderio che è rimasto dentro le sue pareti.

E io ne sarò pieno. Perchè in quella stanza, dove sono morti i due ragazzi, non si è spento l'odore del loro amore.

Non parlo di poesia, di alchimie magiche.

Si sono amati così tanto, nel corpo, da lasciare la stanza carica di energia. Di desiderio di andare avanti.

A volte il desiderio fa male, vedete, perchè prosegue anche quando i sensi non ci sono più. E noi lo alimentiamo, sia pure celandolo agli occhi altrui.

Il desiderio rimane, come polvere che si posa sul mobilio del nostro percepire il mondo. Lo invade, è uno strato sottile, che non ci impedisce di essere vivi, ma c’è. Granelli di desiderio, caduti sulla razionalità dei pensieri. E lì rimasti.

Per questo non entro ancora nella stanza tre e vi inganno con il numero quattro e non permetterò mai a nessuno di varcarne la soglia.

C’è troppa polvere nella stanza.

La vedreste sulle lenzuola del letto matrimoniale, ancora sgualcite. Sullo specchio che ha riflesso per sempre ogni atto degli amanti. Sul pavimento, dove i loro vestiti si sono affannati a disperdersi, per permettere ai sensi di conoscersi.

Polvere di desiderio, ovunque.

Un giorno aprirò quella stanza. Sì. E sarò solo.

Ora, non so se ve lo siete chiesti o vi interessa, ma arrivati a questo punto, ah, ecco, sto finendo il the ... il bar è chiuso ... scusate, tendo a divagare in questa fase ...

In ogni caso mi avvio a concludere la storia. Il camino, la pipa, il the, sì, c'è tutto per rimanere soli a raccontarsela.

Dicevo, non so se vi interessa e se ve lo siete già chiesto, ma perchè io percepisco questo desiderio?

I due amanti non erano soli quella notte. Io ero con loro.

Lei voleva che ci fossi, voleva che capissi cos'è il tradimento. Mi ha costretto a guardare mentre si amavano, con una passione che mai le ho dato.

Ed io ho accettato, l’ho fatto per deriderla, incredulo. E subito dopo, sono rimasto per rabbia, mentre li vedevo.

Sono andato vicino ad ucciderli, ma subito dopo, mentre già cercavo un’arma da scagliare sull’unione di quei corpi …

Ho visto il desiderio riempire la stanza.

Sapete, non sono stato onesto con te, hotel, o con voi, penombre in ascolto, ho mentito, prima.

Perché il desiderio che ancora riempie la stanza tre non era il loro. Ma il mio. Il mio, irraggiungibile per lei. Finalmente, violentemente scosso, risvegliato.

E il suo. Il suo carico di rabbia.

Mentre lui la penetrava, e lei gemeva, i suoi occhi erano in me. Occhi soffocati dal pianto. Di un desiderio forte, ma perso. Perso per sempre, ormai.

Lei sarebbe stata di un altro. Lui sarebbe stato la sua scelta. Ma il desiderio, il mio, quello di lei, cominciava a cadere ovunque nella stanza. E noi lo percepivamo. Lo percepì anche lui, credo.

Me ne sono andato, ho deciso di lasciarla comunque alla sua scelta.

Da allora sono un vampiro, morto dentro. Per questo amo le lapidi del lato ovest.

Lei, invece, è morta davvero.

Uccisa da lui, che poteva possederne il corpo, ma non il desiderio.

Furioso. Le ha spezzato il collo. Le ha tolto il respiro con cui spargeva desiderio, il richiamo di me.

Poi il cuore di lui si è fermato. Perchè non c'è corpo senza respiro, non ci sono sensi senza desiderio.

Semplicemente, lui è morto perchè ha scoperto che non aveva più ragione di essere.

Ecco, questa è la storia della stanza numero tre. La quattro per voi. Inaccessibile per lavori, spiacente.

Questa è la fine della storia. Che non ha fine.

Un’ultima occhiata all’agonia del camino, un’ultima finta inspirazione di pipa, uno sguardo ai fondi neri del the e vi saluto, sfumando nella nebbia.

Torno al mio loculo.

Ciao, amore perso.


Commenti

Post popolari in questo blog

Esempio di Relazione medico legale. La Valutazione Multidimensionale dell'Anziano

Tolti i riferimenti nel rispetto della riservatezza (vi piace di più "privacy"?), riporto una mia Relazione scritta in risposta al parere negativo del Consulente Medico d'Ufficio, incaricato da un Giudice del Tribunale del Lavoro di rispondere sulla sussistenza dei requisiti per l'indennità di accompagnamento. Non cominciate a sbadigliare, non è troppo tecnica, forse persino utile per comprendere anche aspetti di interesse sulle autonomia della personza anziana (e non solo). Dott. Giovanni Sicuranza Medico Chirurgo Specialista in Medicina Legale cell.: 338-….. e-mail: giovanni_sicuranza@.... Controdeduzioni medico-legali a Relazione di Consulenza Tecnica d’Ufficio del Professore Libro de’ Libris Causa: Itala NEGATA / INPS RGL n. … Premessa. Nella Relazione Medico Legale di Consulenza Tecnica d’Ufficio, redatta il 15.08.2009 in merito alla causa in epigrafe, il professore Libro de’ Libris, incaricato come CTU dal Giudice del Tribunale

Afasia e disabilità. Tra clinica, riabilitazione, medicina legale.

Premessa. 1. La patologia. Il linguaggio è una capacità esclusiva della specie umana e circa 6000 sono le lingue attualmente parlate in ogni parte del mondo. Espressione del pensiero, il linguaggio è il più complesso sistema di comunicazione che assolve alla funzione della regolazione sociale ed alla elaborazione interna delle conoscenze. Tra i disturbi del linguaggio, le afasie abbracciano una molteplicità di tipologie strettamente collegate ai vari livelli di competenza linguistica compromessi (fonetico, fonemico, semantico, lessicale, sintattico e pragmatico). Gli studi sull’afasia iniziano più di un secolo fa quando l’antropologo francese Pierre Paul Broca (1824-1880) utilizza il metodo anatomo-clinico per descrivere, da un lato, le caratteristiche del disturbo del comportamento e, dall’altro, le peculiarità della patologia che ha danneggiato il sistema nervoso di un suo paziente, passato alla cronaca con il nome di “Tan”, unico suono che riusciva a pronunciare, affetto da afasi

In limine vitae

In limine vitae - Giovanni Sicuranza Sa, Alfonso Vasari, Professore della Cattedra di Medicina Legale di Lavrange, che è terminato il tempo dell'ultima autopsia. Tra le dita bianco lattice, tra polpastrelli con ovali di sangue rubino, nei fruscii di tessuti sfiniti, stringe il muscolo più bello e nobile del suo cadavere. Il cuore della donna è sano, anche dopo la fine, nonostante si stia già trasformando in altro. Tre i bambini, tre le giovani donne, uno l'uomo anziano; sette le vite passate alla morte per gravi politraumatismi da investimento pedonale. Tutte avevano un cuore che avrebbe respirato ancora a lungo.  E' delicato, Vasari, mentre lascia andare il muscolo della ragazza nel piatto della bilancia, nero di memorie, di sangue e di organi. 260 chilogrammi, legge sul display verde, e spunta una voce tra gli appunti. Solo un fremito di esitazione, poi con la biro, segna qualcosa, veloce, sussulti blu notte sulla pagina grigia, che potrebbero essere ortogra