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Verso i monti

Verso i monti
Giovanni Sicuranza

Mattina grondante umidità. Cade dai davanzali, dalle foglie, dai pori. Diventa folla che avvolge e può spingere alla follia.
L'uomo apre la porta e scruta il cielo. Un gesto abitudinario, installatosi nel genoma dopo sette anni trascorsi a caccia. Caccia grossa. Enorme.
Caccia di donne.
Ha smesso di rapirle, ha smesso di sezionarle, ha smesso di amarle pezzo dopo pezzo, solo da quando ha trovato i due ragazzi.


Erano rimasti nascosti sotto il letto durante il suo ultimo amplesso di morte con una donna e non avevano fiatato, oppure sì, solo che lui era così pieno di affetto per i pezzi di lei, da non essersi accorto di nulla, fino a quando non si era sentito completamente soddisfatto. L'attimo dopo si era accorto del piede che spuntava da sotto il letto e per un attimo aveva creduto si trattasse ancora di lei, sparsa nella stanza da letto. Ma subito dopo aveva realizzato che i piedi della donna erano nelle tasche del soprabito. Parte succulenta, saporita, da assaggiare con calma a casa.
Si era chinato. Quattro occhi grandi, quattro occhi attenti, senza lacrime.
"Ci lasci andare", aveva detto il ragazzino. Non a voce bassa, non con voce spezzata della paura.
Sembrava un ordine. Un tono così fuori da tutto il potere dell'uomo, una frase che lo aveva paralizzato.
Niente lacrime in quegli occhi, proprio niente.
"Mio fratello ha la leucemia e tra poco morirà, perché la mamma ha sempre detto che le medicine sono veleno e la morte è un dono di Dio", aveva aggiunto la ragazzina, come se raccontasse la trama di un film noioso.
"Ah", si era sentito rispondere l'uomo.
Che donna abietta, aveva pensato subito dopo. Le mani erano entrate nelle tasche, avevano afferrato i moncherini di lei, li avevano lasciati cadere al suolo.
Tonf tonf
Nessuna reazione dai ragazzini. Sussulti, lacrime. Nulla.
"Quindi ci lasci andare", aveva aggiunto lei, allungando un braccio verso l'uomo. Lui aveva fatto un passo indietro e per poco, chinato sotto la sponda del letto, non era caduto sulla schiena. Sarebbe stato certo poco dignitoso per un seduttore di sangue. Ma la ragazzina non ci aveva fatto caso e aveva steso ancora di più l'arto. Privo di mano.
"Non si impressioni e ci aiuti ad uscire da qui".
Non si impressioni? Aveva appena dilaniato la madre sopra di loro e questi due mocciosi cercavano di rassicurarlo. L'uomo aveva afferrato il braccio proprio sopra il polso e aveva iniziato a tirare fuori la ragazzina. Il ragazzo lo fissava, occhi penetranti, senza emozioni.
Poi lui si era fermato, lo sguardo sul quel moncherino rosso, gonfio.
"E' infetto".
La ragazzina aveva sbuffato.
"Mia madre non ha fatto nulla di buono, vede?".
"Davvero?"
E allora chi ho amato in questi minuti, avrebbe voluto aggiungere, ma, per pudore, era la domanda era rimasta sospesa nell'aria.
Evidentemente troppo piena per essere nascosta.
"Ha scelto nostra mamma per punirla, vero", la voce del ragazzino era giunta dalle penombre sotto il letto.
"Mi ha tolto la mano una settimana fa, quando ha scoperto che davo piacere a mio fratello. E non mi ha curato", lei, ora rancorosa.
"Non ci ha mai curato", lui, sibilando.
"Se non ci pensava qualcuno, aveva già deciso di ucciderla, presto. E poi di scappare".
"E di sposarci, vero?"
"Sì, ma al signore non interessa mica questo, Abele"
L'uomo si era affrettato a tirare fuori la ragazzina.
Subito dietro, era uscito il fratello.
Due fagottini consunti, sporchi.
Si erano guardati intorno, lungo i resti della madre. Sul volto scotennato e privo di occhi, tra le pozzanghere di sangue, le isole del fegato, le paludi dei polmoni e la lunga costa dell'intestino. Intorno la pioggia densa che impregnava le pareti.
Nei loro occhi. Niente lacrime. Niente.
"Grazie", aveva detto Abele.
"Grazie di averci liberato della mamma", aveva echeggiato la ragazzina.
L'uomo si era chinato sulla ginocchia, le mani unte dal sangue di una donna indegna. Per la prima volta si era sentito sporco. Per la prima volta aveva capito di avere scelto male.
"Come si chiamava vostra madre?"
"Eva"
Lui aveva annuito, pesantemente.
"E io Maria Maddalena", aveva aggiunto la ragazzina.
Abele si era avvicinato al viso chiazzato di rosso dell'uomo.
"Portaci con te".
Sì, aveva detto con la testa l'uomo, guardando in quegli occhi fatti di nulla.
Poi si era alzato, sentendosi improvvisamente pesante.
"Sì", aveva ripetuto, flebile, rivolto alla ragazzina.
E da quel giorno era nata una nuova famiglia. Clandestina. Unita.

Lui è magro, ha la leucemia e morirà subito dopo questo racconto.
Lei è senza una mano e creerà il seguito di questa storia.

Perché anche l'uomo è malato. Da quando ha scoperto di avere scelto la donna sbagliata, una donna senza cuore, ha già avuto due infarti e ha smesso di cacciare.
Ma in questi mesi è stato un buon maestro per entrambi.
E Maria Maddalena è una promessa.

L'uomo guarda il cielo. Benedetta umidità, con la nebbia sarà più difficile vederli sui monti.
Il ragazzo guarda il cielo. La nebbia è come un tumore che mangia i monti.
La ragazza guarda il cielo. La nebbia è un disegno di poesie che cambia le forme.
E lei oggi cambierà la forma al suo primo ragazzo. La sua prima scelta d'amore abita sulla cima del monte.
I tre guardano ancora il cielo. La nebbia. Il monte. Poi si scambiano gli sguardi.
Pieni di vita.

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Seguito di "Polvere di silenzi".

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