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Giovanni Sicuranza

- E di questo?
L’uomo si arrampica sul volto della donna, sorvolando in un battito di ciglia tutto lo spazio della scrivania che li separa.
Fino ad ora ha eseguito i test attitudinali con sufficienza, ostentando noia, mordendo la dottoressa con espressioni di superficialità.
Tanto è sicuro che il posto di Direttore sarà suo.
Sente ancora la pressione del braccio dello zio intorno alla giacca.
“E’ solo un pro-forma, lo sai. I test vanno fatti per Legge, ma poi la psicologa l’ho scelta io”, l’occhiolino di zio Tronfio aveva svelato altro sulla dottoressa.
E fino ad ora lui l’ha guardata cercando di farle pesare il suo potere, spingendola a capire che è lì ad annoiarsi, che, invece, potrebbero anche passare ad altro.
Insomma, il nipote del Cavaliere Massimo Tronfio ha pur sempre il vigore maschile del blasone dei Tronfio.
Lei, però, è brava a mascherare indifferenza. Non ha ancora cambiato tono, formale, distaccato, eppure, sotto la scrivania, in zona pubica, Tronfio nipote immagina si stia formando un lago di lussuria.   
- Allora? – incalza lei, parole fredde, che gli tagliano i pensieri e li fanno cadere sotto le suole delle scarpe – Di questo cosa ne pensa?
E’ l’attimo, unico, in cui Tronfio nipote diventa davvero un candidato sotto esame. Intrappolato nel gelo della donna, confuso da quanto sta vedendo, si muove appena sulla sedia. Deglutisce, ma la saliva sembra ristagnare in bocca.
La psicologa, la serva dello zio, lo ha spiazzato. Gli ha messo davanti agli occhi uno schermo piatto, un modello di IPad, connesso su Facebook. La foto del profilo non lascia dubbi: è la pagina della dottoressa e il contenuto è la dottoressa quando è donna. Donna senza indugi. Donna senza dubbi.
- Questo le piace?
Lo sguardo di lui crolla sulle foto. Le gambe in primo piano, ritratte a un soffio dai peli, autoreggenti che promettono fruscii di passione, appena sotto la femminilità che lui ha desiderato, che suo zio ha avuto.
Non sono immagini esplicite, Facebook le censurerebbe, certo, ma lasciano intuire, molto. Fanno male. Molto.
- E’ uno scherzo? – si sente balbettare, mentre un’ondata di calore sulle orecchie lo umilia.  Vergogna e timore, lui, un Tronfio.
- Insomma, risponda come ha fatto prima, velocemente, sì o no – incalza lei, senza irritazione, priva di impazienza, per questo disumana.
- Sì – sibila lui – No, cioè – annaspa subito dopo.
- No?
- N …
- Non le piace questa pagina?
Tronfio nipote non riesce a sollevare lo sguardo da quei ritratti di carne soda, piena, nella vetrina di Facebook. E non ci prova nemmeno, perché sa che non potrebbe reggere gli occhi di lei.
Si limita a scuotere la testa.
- Dunque, se io dichiarassi che ha i requisiti per diventare Direttore d’Azienda, e lei saltasse sulla poltrona che era di suo padre, perderei molti consensi.
Lui annuisce, senza capire.
- Mi dispiace – sentenzia la dottoressa, priva di ombre di dispiacere, e con uno scatto, più veloce dello sguardo, si allunga sul nipote della grande generazione dei Tronfio.
“Stuff” sente lui, appena un sibilo. Solo l’istante successivo arriva il dolore alla mano.
- Ma cosa … - si ritrae quando non serve più a nulla muoversi, quando la mano è già rossa. Mentre la avvicina agli occhi non ha ancora capito “cosa”, ma sa già che i prossimi minuti saranno spiacevoli. La mano giunge a lui in un trionfo rosso ovale.
Lui rimane immobile, le pupille che si dilatano come a tentare di inglobare quell’ammasso di carne pulsante che un istante prima era a forma di dita, di palmo, di polso. Ora sembra un globo insanguinato.
- Bocciato – spiega la dottoressa, la voce lontana, impastata. O forse è lui ad essere “impastato”?
- E’ la mia pagina personale su Facebook, la mia vita. Ho seicentoquindici contatti, visto? E le assicuro che sono in crescita.
Lei fa una pausa, forse si aspetta che lui le dica qualcosa come “le credo”, ma non è possibile, la mano che sembra esplodere e la gola, ora anche la gola si sta gonfiando.
- Il morso di un calabrone, diranno. Lei è allergico a questi insetti, è la prima notizia che ho tenuto a mente del suo profilo medico. D’altra parte, il colloquio si è svolto necessariamente a finestre aperte – fruscio di pagine sfogliate, no, forse di calabroni che entrano a schiere, corre la mente di lui, in pensieri sudati e impotenti – Spero che al prossimo candidato la mia pagina piaccia, o dovrò inventare qualcosa. Sa che la metà delle persone che si sono iscritte viene da questa Azienda? Pensi che influenza nefasta sul mio successo virtuale, come donna, come femmina, se si venisse a sapere che proprio il Direttore non apprezza il mio profilo.
Altra pausa. Tronfio nipote cerca di alzare il volto alla finestra, per mangiare bocconi d’aria, ma non ha più forze, se non quelle necessarie all’agonia.
- Molti annullerebbero il gradimento, anche solo per ruffianeria nei suoi confronti, no?
Poi il tono di lei cambia, all’improvviso, e l’ultimo suono che lui percepisce è la sua voce calda, felice.
- Ecco, guardi qui, visto? Seicentodiciotto contatti!
L’eco ombreggiato di mani che applaudono.
Tronfio nipote non vede più, non sente più. Ha ancora un solo pensiero di vita:
“Per seicentodiciotto contatti … E io, allora, che ne ho novecentosette”.



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