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O2
Giovanni Sicuranza

Dormi. 
Quando entri nella fase profonda, l'aria della stanza è risucchiata nel gorgoglio della glottide. 
Nessun legame tra molecole di ossigeno è così forte da resisterti. Si sono formate con l'universo, hanno plasmato la vita su questo pianeta sulla loro unione, ma non sanno come fronteggiarti. 
Tu spezzi, isoli gli atomi. Quando dormi sei il cancelletto della tavola periodica.  
"Russi", ti accarezzava tua madre, premurosa di farti addormentare sola, già nelle notti giovani, piene di fantasmi. 
"Ho paura", provavi a singhiozzare, ma sapevi che era inutile, perché era la mamma ad avere paura di te. 
"Russi", ripeteva. 
Solo questa frase, una sola breve parola, come se dovesse racchiudere ogni maledizione e mistero. Intanto ti spingeva verso la cameretta, isolata, ben distante da quella dei tuoi genitori. 
Ma la parola, lo sentivi, vibrava di incertezza.
Nemmeno tua mamma riusciva a trovare un termine adatto alla voragine universale. 
Papà era morto quando avevi tre anni. Non lo ricordi, perché dormivi. "Russavi". 
Lo rivedi con l'aiuto delle foto, il suo grande viso, la sua ombra di barba accennata. Le braccia che si schiudono intorno al tuo corpicino. 
Forse ti ha baciato, "buonanotte, tesoro". Forse ti sei sentita protetta e ti sei addormentata, subito. Hai russato. 
Al risveglio, al tuo risveglio, papà era morto.
Nessuno ha mai voluto raccontarti come, ma ormai lo sai. 
Ora che vai in giro per il mondo a fare il "buco nero" dei relitti sociali. Ora che giaci con arroganti, arrampicatori sociali, spacciatori. E tanti politici. 
Prenoti una stanza d'albergo, ti concedi il lusso pagato dai tuoi clienti. Unica condizione, dopo il sesso devono dormire con te. 
La mattina ti svegli presto, verso l'alba, prima che l'albergo apra gli occhi. 
I tuoi amanti, tutti, hanno l'espressione di chi ha sofferto terribili vuoti di fame. 
Fame d'aria. 
Palpebre scomparse sui mappamondi delle orbite, dita che raspate sul collo, lingua grossa come un pitone che ha forzato la tana della bocca. Nessuno cerca di svegliarti, troppo rapido è il legame che spezzi tra le molecole d'ossigeno. 
Uccidi la chimica, quando dormi, e senza lei la vita non ha senso che in sospiri di secondo.  
Qualcuno ti inganna, va via appena ti distrai, magari mentre canti sotto la doccia la marcia funebre di Chopin. L'hai sentita tante volte. 
Al funerale di tuo padre. A quello di tua madre, con il cuore tanto fragile da frantumarsi in schegge di dolore sul tuo abisso assassino.   
La Sonata numero due, Opera trentacinque. Un incanto, il giusto ritmo con cui immagini trasformarsi il corpo nella putrefazione.
Spesso chi scompare subito dopo il sesso, porta via un tuo souvenir, come i collant usati, o le mutandine. Prendi la nuova biancheria dal trolley e continui a mormorare la marcia funebre.
Li immagini in adorazione del loro trofeo odoroso, nell'ancestralità del fallo in erezione, mentre pregano su è giù, su è giù. 
Basta aspettare, fare capire a questi feticisti che non ti sei offesa, che nemmeno ti interessa reclamare il tuo intimo. Basta l'annuncio con il tuo numero di telefono. "E' bello sapere cosa hai portato via di me". 
Spesso ti richiamano. Gli prometti che la mattina dopo avranno ogni indumento che vorranno. 
Ritornano. Felici, rimangono. Adoranti come bambini con la loro mamma. 
"Non è che sei andato via perché russi?", chiedi, allora. 
"Solo un po'", rispondono, sempre, anche se a confronto una segheria è oasi di silenzio. 
Poi ridono, nervosi. 
"E tu?".    
"Oh", un bacino sulla guancia, per calmarli, "Forse. Ma vale la pena stare con me. So farti provare emozioni uniche anche mentre dormo". 

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