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Polvere di Silenzi - Pezzi di dolore.




"Polvere di Silenzi" - "Pezzi di dolore".
Giovanni Sicuranza


Io so cos'è morire. 
Io sono morto.  
Anche voi lo sapete, ma fermarvi a pensarci viene sopra l'angoscia dei ragni, dei topi, dei serpenti, dei dentisti. In quale ordine, a voi la scelta. 

Prima del deragliamento, mi chiamavo Alfio Barrato. 
Prima di iniziare a cercare l'amore nel sangue, frequentavo il Centro Salute Mentale del quartiere, prendevo ansiolitici a colazione, pranzo e cena, nel senso che erano colazione, pranzo e cena, eppure riuscivo a portare avanti con profitto la mia impresa funebre. 

La notte ero vagabondo di internet. Social network, chat, giochi interattivi. Passavo da un sito all'altro, veloce, veloce, etereo. 
Ero ovunque e da nessuna parte. 
In quei momenti nemmeno nella realtà del divano. 
Il mondo concreto aveva la stessa attenzione del resto, anzi, più mi perdevo tra i link, meno diventava consistente. 
Ecco, la notte morivo. 

Morire è essere ovunque e non esserci. 
Un senso di immenso spazio in cui potete muovervi e dove non siete davvero. 
Alieni privi di consistenza. 

Questi tempi ci stanno insegnando la morte e nemmeno lo capiamo. 

Ora sono morto anche per la società, nel fuoco di un deragliamento di treno. Passeggero scortato con l'accusa di avere ucciso tre donne. 
Sette, per la precisione. Tutte scelte perché il loro corpo fosse la mia corporeità perduta. 
E' successo qualcosa, tra il vagare etereo in internet e la ricerca di passione carnale, che mi impedisce di essere morto al punto da non potere comunicare con voi. 
Voi che, fino a prova contraria, siete più defunti di me.






























Pensieri rapidi. 

Anche il treno deragliato era un rapido. Regionale Veloce, lo chiamano. Veloce era la fiamma starnutita dal vagone centrale sulle carrozze avanti. L'infiammazione non ha avuto periodi di incubazione. Incendio su incendio, immediato. Letale. 
Mani fuse ai poggioli di metallo della seconda classe. 
Corpi di bambini scolpiti nel legno, pronti a combattere nella vita. Solo che era tardi, solo che non si trattava di bambini. 
I cadaveri dei bruciati diventano piccoli, perché l'acqua evapora, e le fibre muscolari si contraggono. Per questo, tra l'altro, sembrano combattenti. Hanno tutti la posa di pugili, pugni chiusi davanti al viso, gomiti piegati, ginocchia flesse.
Niente fiamme per me. Sono stato preso da una mano d'aria rovente e scagliato attraverso il finestrino sul binario. Sono morto senza nemmeno l'onore del pugilato, accanto a tanti piccoletti in posa di attacco o difesa. 
Ora, come vi spiegavo, devo essere veloce a ricordare, prima che la Famiglia Psicotici mi raccolga per assaggiare le carni risparmiate dall'incendio. Temo preferiscano altro tipo di cottura. 
Capire perché sono vivo, nonostante la morte certa, può salvarmi da questi serial killer da stampino in formato best seller. 
Forse.


Ero titolare di un'Agenzia di Pompe Funebri, come vi spiegavo. 
La portavo avanti con l'aiuto di due dipendenti, ma di solito il grosso del lavoro lo facevo io. 
Perché entrare nel lutto mi rendeva vivo, bussare al dolore dei superstiti mi permetteva di guardarmi intorno. E capire che la morte è solo argomento per vivi.
Beh, ovviamente prima di me non avevo statistiche di morti pensanti. Oggi mi chiedo se qualcuno dei miei clienti non formulasse pensieri illeggibili a chi recita la vita. 


Già, la Famiglia Psicopatica assorta sul mio cadavere, mi sente, vero?
Mi ascoltate, scommetto, perché non recitate la vita. Anche voi date la morte. Senza il mio stile, certo, ma siete oltre le maschere sociali. 
Allora, ascoltatela anche voi, la storiella dell'Agenzia di Pompe Funebri "Barrato & Sbarrato".
Un buon gioco di parole tra il mio cognome e la velocità con cui si potevano assemblare e disassemblare i pezzi.

IKEA è l'innovazione dell'arredamento per tutti, il suo nome è il mondo. 
Forse sarebbe successo lo stesso del marchio "Barrato & Sbarrato" se non fossi morto prima. O se non avessero scoperto i cadaveri delle mie amanti. 
Sono cresciuto dentro IKEA, non come fanciullo, purtroppo. Cronologicamente sono arrivato tardi, ma il mio tempo libero lo trascorrevo nei percorsi del divenire di questi scatoloni magici. Ogni particolare della mia abitazione, ogni dettaglio della mia Agenzia è IKEA. 
Anche gli utensili con cui ho guardato nei corpi delle mie donne sono made in IKEA. Avete idea, immagino, dell'arsenale che vi arriva a casa, del potenziale dei kit di montaggio. 
IKEA è veloce, economica. E libera la fantasia. 


La mia Agenzia aveva ripreso il principio. 
Volete risparmiare? Costruire su modelli base la bara ideale per il vostro defunto? 
I moduli di assemblaggio di "Barrato & Sbarrato" sono a vostra disposizione.  
Catalogo gratuito, anche in spedizione postale, o scaricabile da internet. 
Unico limite, la necessità della nostra assistenza nel montaggio. Beh, era anche per impedire la concretizzazione di richieste assurde, come quella dell'enorme uovo in cui deporre i figli. La signora li aveva persi entrambi nell'incidente stradale. Affogati di alcool prima ancora di affondare nel fiume con l'auto, ma questo non era particolare che mi riguardava. Le parlai a lungo, la ascoltati tanto. E la convinsi a costruire una bara per ognuno. Un semiovo speculare all'altro. Era felice, ricordo. Non soddisfatta, non rasserenata. Proprio felice. 
Anche quello morì, voglio pensare. 
Accadde un mese dopo il funerale dei figli. 
Come vi spiegavo, fare questo mestiere mi dava il vantaggio di conoscere il lutto. 
Di entrare nelle case prive di difese sociali. Di scoprire la bellezza della sofferenza. 
Annabella, la madre degli annegati, fu la prima donna che trovai stupenda. La prima che amai fino in fondo, in una notte di passione. La aprii del tutto, avido di conoscerla. 
Si concesse solo quella volta, con parole di sangue. Così iniziai a cercare altrove. 
Intanto, l'assemblaggio funebre di "Barrato & Sbarrato" continuava.
Le domande aumentavano.  

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