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Dove può la musica



Dove può la musica
Giovanni Sicuranza

Nell'ultimo video, quello delle ore 03.10, si vede la figura che entra dalla porta a vetri. E' l'ingresso principale, ci sono due videocamere puntate come canne di fucile sul suo capo. La figura alza lo sguardo e lo spiana sul video. 
Poi solleva anche una mano e fa un movimento strano, come a dirigere un'orchestra con la bacchetta. 
- E' un adagio - mormora Socrate, alle mie spalle.
- Cosa? - non riesco a staccare gli occhi dal video. 
La mano è pendolo, è ellisse, è circonferenza. Una danza muta di polso e dita. La mano è incanto.
Alle ore 03.13 il video si interrompe. Scariche grigie, fasce bianche. E subito dopo il nero.
- Non ha senso, sembra un'allucinazione. 
- Uh, uh. 
Il particolare di Socrate è che un agente scialbo, ignorante fino alla fine dei tempi. 
Chissà le speranze frantumate dei suoi genitori, ma a me è utile.
Lo porto a ogni sopralluogo, per essere sempre io il protagonista. 
- Va bene, sequestra la registrazione video e raggiungimi di là. 
Lascio Socrate a ciondolare nel vuoto encefalico e apro la porta di servizio. 
Il negozio oltre la soglia vendeva strumenti musicali.
Almeno fino alla chiusura delle 19.30 di ieri. 
Oggi c'è un salone centrale e due nicchie comunicanti. Oggi c'è un pavimento di marmo in chiazze stile mucca. Ci sono mura pulite, colore blu con tentazione di virare al nero. 
Non ci sono più strumenti musicali, ora. 
Nemmeno uno. 
Doremi, il proprietario, è chino su stesso e su una sedia di vimini. Ha lo stomaco prominente, anzi, prepotente, sfacciato nella sporgenza oltre i pantaloni, e la faccia buia, protesa su un cilindro che tende ad infinito. Potrebbe essere una nota disegnata su un pentagramma. 
- Ventidue chitarre elettriche, sei batterie, tre clavicembali. 
E' una nenia monocorde, che lascio trascrivere all'agente Sbadiglio. Non ci penso nemmeno a parlargli. Credo che quando arriverà ai pianoforti saremo già tutti in catalessi. 
Così, prima che questo avvenga, mi porto all'ingresso e mi volto, come se stessi entrando. Guardo le telecamere, sperando che Socrate non le abbia riattivate per poi dare l'allarme nello scorgere il sottoscritto. 
Alzo la mano e inizio. Provo a ricordare i movimenti del video, la frequenza delle oscillazioni. 
L'attimo dopo, Doremi e Sbadiglio sono svaniti. 
Ho un punto interrogativo negli occhi, quando torno alle videocamere. Scommetto che anche Socrate è solo un ricordo.
Faccio spallucce e esco al freddo del mattino. 
La gente è già corsa frenetica, disordinata. 
Mi chiedo quale composizione starà preparando l'uomo che ha portato via gli strumenti.  
La gente è un unico volto corrucciato e distante.
Solo la musica ci salverà, mi rispondo. E celo le mani nel cappotto.


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