Siamo stanche.
Ascoltale. Sono le tue gambe.
Muoviti.
Ascoltala. La tua paura.
Il sudore non è la risposta, non serve a niente.
Teodoro non pensa tutto questo, o meglio, sì, ma non può permettersi la tranquillità con cui tu, lettore, ti appropri del suo stato d’animo.
Intanto, Teodoro Acuzie, amministratore delegato di “Livor”, ha l’occhio destro di un verde splendido, esaltato dal terrore e da rivoli di pianto.
E se iniziate a pensare che sia un bell’uomo, cosa che probabilmente è, finché morte non lo separi dalla bellezza, è perché non hai ancora visto l’occhio sinistro. O forse sì. E ti piace il macabro. Quella gelatina che striscia sulla sua guancia, lasciando una bava di muco e sangue, come una lumaca ferita.
All’inizio, mentre correva, l’amministratore in giacca e cravatta e chiazze di sudore, cercava di reggersi i tendini muscolari che circondano il nervo ottico, ma ora ci fa meno attenzione.
Che l’occhio sinistro cada del tutto, che si spiaccichi a terra, magari per essere calpestato proprio dai suoi piedi, è diventato ora l’ultimo dei suoi pensieri.
Perché ha capito che chi lo sta braccando, chi lo vuole vedere così ridotto, e, peggio, dilaniato, ormai respira sulle lancette dei suoi ultimi minuti.
Gli occhi del predatore in questo momento sono su di lui.
Teodorio Acuzie si è anche chiesto come mai è stato scelto proprio lui, placido amministratore della catena di pompe funebri “Livor”, con sedi in tutta la Regione, prossima apertura anche nella capitale, prego, signore e signori, diamo spazi ovunque ai vostri imperituri defunti.
E se fosse proprio per questo? L'anteprima della fine già scritta in una professione di morte.
Ma queste domande si formavano nei vortici di qualche secolo fa, ovvero pochi minuti prima, quando tutto è iniziato e lui si è trovato a correre, stanco, con un occhio strappato.
Con un destino segnato.
Ed eccolo, Teodoro Acuzie, nell’ultimo anelito della vita, infine già inginocchiato sull’asfalto caldo della città.
È incredibile come possa arrendersi facilmente alla morte un uomo ancora giovane, piacente, nell’apoteosi della carriera.
Non c’è una spiegazione, perché la sua mente ora è svuotata di ogni futuro e passato, è solo attesa del presente di morte.
Solo, come tanti a morire in questo primo pomeriggio di inizio primavera, gli è bastata solo una pagina per accettare il suo destino.
Una pagina senza altre domande.
E allora fai presto lettore, cala la mannaia dei tuoi occhi, uccidilo con la fine della lettura, poi sentiti soddisfatto.
Infine dimenticalo e passa a altre pagine.
Perché Teodorio Acuzie, ora lo hai capito, ha tentato di fuggire dal predatore, ma non aveva scelte.
Il predatore sei tu, lettore, con la voglia di immaginare il macabro.
Per rendere la pagina di un racconto, o di un romanzo, degna di essere vissuta.
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