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Virus zombie


Ipotesi interessante, quella dell'articolo del National Geographic, mantenuta a livello divulgativo e per l'ennesimo romanzo a proposito (mio incluso) 
Personalmente, pensavo che per la trasformazione bastasse mangiare una settimana da McDonald's. Ah, sì, sto leggendo "World War Z" e, dopo le prime trenta pagine, inizio ad entrare nell'atmosfera; nel frattempo, tanto per non tralasciare altre atrocità sopite, leggo anche il saggio di Focardi, "Il cattivo tedesco e il bravo italiano - la rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale". Dimentico qualcosa? Ma certo, una mia ipotesi sulla realtà degli zombi, di seguito riproposta:

Dove esistono gli zombies - Giovanni Sicuranza

All'inizio dell'evoluzione, il cervello sviluppò la capacità di creare rappresentazioni sensoriali di primo livello di oggetti esterni che suscitavano un numero limitatissimo di reazioni.
Per esempio, il cervello di un ratto ha solo una rappresentazione di primo livello del gatto: nello specifico, la rappresentazione di un oggetto peloso e mobile da evitare istintivamente. 
Ecco quello che sa un topo del gatto.
Invece il cervello umano si è evoluto in un secondo grado (o meglio, si sono sviluppate maggiori connessioni nervose), in un certo senso parassitario su quello dei proto-mammiferi (o dei topi). 
Questo "secondo" cervello crea meta-rappresentazioni (rappresentazioni di rappresentazioni, un ordine superiore di astrazione), elaborando le informazioni essenziali alla sopravvivenza, provenienti dal primo cervello, e trasformandole in unità gestibili, che si possono usare in un più ampio repertorio di risposte, sofisticate, tra cui linguaggio e il pensiero simbolico. 
Ecco perché, a differenza del ratto che lo vede solo come essere peloso, gli umani comprendono il gatto come mammifero, predatore, animale domestico, avversario di cani e topi, o come una bestia con orecchie, lunghe vibrisse e una coda gesticolante. 
A questo essere abbiamo persino dato un nome, "gatto", che simboleggia un'intera costellazione di associazioni ("lesto come un gatto", "nove vite come quelle dei gatti"). 
In breve, il secondo cervello carica di significato l'oggetto, creando una meta-rappresentazione, che ci consente di essere consciamente consapevoli del gatto in un modo in cui il topo non può esserlo. 
Le meta-rappresentazioni sono anche il requisito dei nostri valori, le nostre credenze sociali. 
Per esempio, la rappresentazione di primo livello del "disgusto" è la reazione viscerale che ci dice: "Evitalo". 
La meta-rappresentazione si trasforma in: "Chi si scaccola continuamente in pubblico non è socialmente integrato".
La meta-rappresentazione include il disgusto sociale per qualcosa che si considera moralmente sbagliata o eticamente inappropriata. 
O evitabile, come "I romanzi di Giovanni Sicuranza". 
Queste rappresentazioni di livello superiore sono manipolate dalla mente in un modo esclusivo dell'uomo e ci permettono di "ritrovarci" nel mondo esterno. 
Sono, cioè, connesse al nostro senso dell'essere, sia individuale, sia sociale. 
Le meta-rappresentazioni, dunque, sono la concretizzazione dell'individuo che vede se stesso e dell'individuo per come si percepisce nella società. Sono il soffio del nostro secondo cervello e provengono in gran parte dalle sinapsi dal cingolo anteriore dei lobi frontali. 
Attenzione, ora, perché una lesione della parte visiva di questa regione anatomica può fare perdere le meta-rappresentazioni correlate al vedere e al vedersi. Tradotto nella quotidianità, la capacità di riscontro dell'esserci, come persona e come contesto sociale. 
In altri termini, la perdita della capacità di meta-rappresentare il visivo, di elaborarlo a un livello superiore, carico di simbolismi e significati elevati, può portare l'individuo a considerarsi non presente.
Morto. 
La consapevolezza della morte rimarrebbe in quanto non tutto il cingolo anteriore, ma solo quello visivo, è leso. La parte uditiva della meta-rappresentazione rimane intatta. Dunque quest'uomo ha una percezione "estranea", incompleta, di quanto lo circonda e di ciò che è. 
E, poiché la "coscienza" rimane intatta, per difendersi non può che trovare la logica di rappresentarsi come "morto vivente". 
La prossima volta che affermate di non credere agli "zombies", pensate agli individui con lesioni dei lobi frontali. 
Forse stanno camminando accanto a voi, inconsapevoli di esserci ancora.
E voi, voi ci siete?
P.S.: ritengo l'immagine riportata più calzante al simbolismo eucaristico cristiano rispetto all'Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Il sacrificio nel mito cristiano (a sua volta di origina ebraica) come primo esempio meta-reale del "fenomeno zombi"? O il "fenomeno zombi", così come concepito in Occidente, trae ispirazioni (anche) da questo simbolismo religioso?

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