Salute al Duce! - Giovanni Sicuranza
Mio nonno, mi raccontavano, era un gentiluomo e amava il vino rosso, corposo, quasi più di nonna. In paese, ai tempi, gli squadristi incitavano i contadini, tutti educati come mio nonno, urlando "Salute al Duce!". Nonno e i suoi compagni per educazione alzavano il fiasco di vino e, anche se avevano votato socialista, rispondevano "Alla salute del Duce!".
Al primo raduno di massa, era il 1935 e c'era aria di Impero, mio nonno si trovò a Roma, in visita al fratello, che, da buon fascista, non solo non gli permise di perdersi il momento solenne, ma fece in modo di trovargli un posto tra le prime file in attesa della comparsa del Duce.
"Salute al Duce!", fu l'ordine dei microfoni. E, mentre la folla oceanica diventava un unico braccio teso al cielo, mio nonno si arrampicò lesto su un palo della luce, innalzò la bottiglia di vino rosso, con i suoi riflessi sanguigni alle luci dell'alba, e rispose "Ciao, Duce!" con tutto il fiato possibile, tutto quello che aveva, davvero tutto.
Mi raccontano che il Duce si spaventò e che l'istante dopo una decina di pallottole aprirono in due mio nonno. E poi, mi dicono, quando cadde dal palo, il nonno aveva ancora la bottiglia in mano, intatta.
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