Da "Thanatos e i Romanzi di Giovanni Sicuranza"
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La morte viene prima allontanata dalle nostre case attraverso la medicalizzazione del morente, la privatizzazione del dolore e dei riti di commiato, l’isolamento del soggetto che vive la perdita spesso anche da parte del suo diretto intorno sociale, e poi ricontestualizzata, rimediata nel quotidiano mediante la trasposizione all’interno di contenuti mediali.
Ciò che si verifica, spostando la morte in uno spazio – quello mediale – riproducibile, vicino e lontano, separato eppure incluso dentro contesti familiari, è una derealizzazione e contemporaneamente una deterritorializzazione dell’esperienza della morte e dell’immaginario ad esso connesso (Abruzzese, 1992). Sicuramente la televisione ha avuto un ruolo di primo piano in questi processi di decodificazione di esperienze espulse dalla realtà:
"quanto più le vecchie agenzie di socializzazione catastrofavano di fronte all’aumento di complessità della civiltà di massa, tanto più la televisione assumeva un ruolo vicario, ristrutturando ciò che altrove andava destrutturandosi, rielaborando qualitativamente e quantitativamente ciò che altrove era marginale o alternativo, caricando emotivamente ciò che altrove si manifestava a freddo, scaricando nella leggerezza quotidiana ciò che altrove era troppo violento e coinvolgente" (Abruzzese, 1992, p. 45).
Da questa ricostruzione si evince che i media assumono delle funzioni precise rispetto al tema della morte e di fronte a un tacito abbandono da parte di altre agenzie di socializzazione più dirette. La televisione, il cinema, la stampa e la Rete hanno in primo luogo un compito vicario e suppletivo rispetto alle mancanze di una società sempre meno preparata a fare i conti con la finitezza umana. Allo stesso tempo, è opinione condivisa che i contenuti mediali possano anche avere una funzione educativa, di condivisione e preparazione alla realtà della morte anche al di fuori del territorio finzionale dei media (fra gli altri Abruzzese; Ortoleva, 1997). Detto in altre parole, i mezzi di comunicazione di massa e soprattutto il mezzo televisivo hanno permesso alla morte di tornare ad essere una questione pubblica, di riconquistare una scena perduta. Scena che, seppure costruita e ritagliata in un contesto senza spazio e senza tempo, potrebbe continuare ad assolvere le funzioni svolte un tempo dal territorio rurale e urbano (Abruzzese, 1992): "non esiste una funzione diretta tra rimozione sociale e occultamento e manipolazione dei media, quanto piuttosto tra modificazioni della vita sociale e adeguata risposta delle sue forme di comunicazione e rappresentazione. La derealizzazione dell’esperienza è inscritta nella realizzazione dei media". Opinioni ottimistiche a sostegno di un uso pedagogico dei media sottolineano che usare canali di così ampia diffusione potrebbe contribuire anche all’affermarsi di nuovi riti e nuove ritualità che aspettano di essere legittimate (Ortoleva, 1997).
Come suggerisce Castells (2000), Internet "è un’estensione della vita così com’è in tutte le sue dimensioni e con tutte le sue modalità" (p. 119). Essendo la Rete un contesto sociale – mediato e mediale – non scindibile dal quotidiano, diventa sensato chiedersi in che modo il tema della morte possa trovare uno spazio definitorio al suo interno.
La Rete utilizza codici testuali e visivi organizzati sotto forma di storie. Internet è un archivio – proprio come l’immaginario – di racconti, condivisi, socializzati attraverso la narrazione per iscritto.
Social network come Facebook sono iper-metaromanzi condivisi, in continua evoluzione, dove ognuno lascia brani della propria memoria e di quella altrui, rendendoli eterni. Internet diventa in questo senso la protesi artificiale della nostra memoria, attraverso i post, i video, le foto. E' il luogo della memoria per eccellenza, a prova di amnesia, dove fare rivivere il defunto e il fenomeno morte. Con questa ha inoltre analogie meritevoli di approfondimento, innanzitutto l'incorporeità, che rende l'Altrove sovrapponibile al metafisico virtuale, e, per il suo carattere narrativo, ha funzione di elaborare il lutto nel ricordo, reso non solo imperituro dal post, ma accessibile ad altri, ovunque, con commenti, condivisioni, iniziative in bacheca, senza limiti di tempo e di spazio. Si vedano a questo proposito le pagine R.I.P. dedicate alla memoria non solo di personaggi famosi, ma, in crescendo, anche di persone comuni. Da questo punto di vista, anche "I romanzi di Giovanni Sicuranza" diventa pagina che suggerisce la richiesta di una nuova forma di elaborazione dell'evento fine vita [...]
Giovanni Sicuranza
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