Il mio incipit
Giovanni Sicuranza
Nel buio della notte, John Allan Poanza si ferma.
Si. Blocca.
Le mani decollano dai fianchi al viso, stropicciano le palpebre, fino a quando luci stroboscopiche non esplodono nel nero dei nervi ottici.
Quindi riapre gli occhi e li inarca fino alla prima riga, il petto che si dimentica di respirare.
"Nel buio della notte", pensa, "Nel buio della notte", ridonda.
E si affloscia, il mento una circonvoluzione di grasso sul petto, le mani che crollano, come rami spezzati nella tomba delle tasche.
Un repentino calcio a tutte le righe successive e, solo, siede nel bianco della pagina.
- Mi rifiuto di continuare - sentenzia - "Nel buio della notte", ma che incipit è? Andrà bene per i romanzi da vetrina, i "consigliati", quelli che sono già dimenticati in una settimana.
John Allan Poanza si umetta le labbra, la lingua bianca come le pagine cancellate.
- Dai, sono un personaggio di spessore, io. E' come scrivere "il sole, alto nel cielo, era un disco rosso". Lo so, sono frasi che trascinano, che vendono, ma non mi adeguo. Ho una dignità, se non lo hai capito.
Detto questo, si sdraia, proprio a metà di una pagina vuota, e chiude i sensi al mondo editoriale.
***
Fu l'ultima volta che lo vidi.
Sono andato avanti con le frasi d'apertura rifiutate dal mio primo personaggio e il tempo mi ha dato ragione, ora mi acclamano autore di successo. Ogni mio romanzo esce a giugno e vende quasi un milione di copie fino a tutto agosto.
Eppure, ancora oggi, dopo che ho scritto la parola "fine" al mio annunciato bast-seller, ho un sospiro. Solo lieve. Passeggero.
John Allan Poanza, un po' mi manchi.
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