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Il giorno della morte. Dove scorre il fiume.



Dove scorre il fiume. Il giorno della morte.
Giovanni Sicuranza

Le dita, serrate. Mordono il palmo delle mani, sanguinano attese.
Gli occhi, affranti. Celati dietro palpebre chiuse.
Per sempre.
L’uomo non vuole più vedere.
Anche se l’esplosione dei passi sul pianerottolo sta per investirlo, che almeno la vista si abitui alla morte.
***
Il sindenofril è refolo fresco nella gola del Maresciallo. Un altro puff, il torace che si espande per accogliere il farmaco, quindi Amentore apre gli occhi.
I colori del Capitano Darlia sono riflessi di arcobaleni nel tramonto di Bonomia. Rosso e giallo, qualche traccia di viola.
Niente blu per la città di Bonomia, non da quando il cielo brucia. Da quando l’atmosfera si è diradata e l’acqua è diventata così preziosa da trasformarsi in mito. E divinità.
- Abbastanza eccitato?
Amentore socchiude le palpebre e pensa “rosso”, fino a quando il rosso non copre del tutto il volto della donna.
- Stai violando il protocollo della Milizia, Capitano - rantola.
Darlia annuisce. “Giallo”, decide Amentore, e una scia gialla la segue e fissa il movimento della sua testa nell’aria, ectoplasma farmacologico.
- Sarai anche il mio superiore, e questa droga autorizzata in missione, ma non farmi la ramanzina sui regolamenti, Maresciallo. Hai superato il dosaggio concesso da almeno due ore.
Amentore arriccia le labbra, il flacone di sindenofril che si inabissa nella tasca del giubbotto.
- Signore – vibra l’auricolare mimetico, colore carne tra la carne; pulsazioni digitali tra sudore e cerume – Signore, siamo pronti.
Il Maresciallo amplia in grandangolo il viso di Darlia, fino a quando non diventa un ovale rosso. Come un sole al tramonto. Come una vescica pronta a esplodere.
- Signore?
- Perché non hai la divisa di ordinanza? – sussurra, il microfono disinterito.
- Signore, siamo pronti.
Darlia ha un sorriso nero, lo stesso colore del giubbotto, dei pantaloni, degli stivali.
- Il nero è pericoloso. Stai assorbendo più raggi solari …
- E tu perché hai superato la dose autorizzata, Amentore?
Il Capitano allunga un passo verso il superiore. Il viso si sgonfia, torna quello reale, il colore bianco delle guance. I capelli lunghi. Neri.
Amentore tenta un sorriso, vaporizzato in una smorfia.
- Già, non hai avuto tempo di cambiarti, immagino.
- E’ da un po’ che non ci capitava una giornata così frenetica.
- Signore? Signore, chiedo l’autorizzazione all’irruzione.
Un secondo. Occhi negli occhi. Amentore e Darlia. Il Maresciallo e il Capitano della Milizia di Bonomia. I responsabili della sicurezza. L’uomo e la donna. Il regolare e la ribelle. Solo che, questo, Amentore non lo sa.
Lo scoprirai presto, bastardo, pensa lei.
Il batterio è già in replicazione lungo le acque dell’Aposa. È una metastasi di morte che si diffonde nella linfa di Bonomia.
Tra poco i problemi di adesso saranno ricordati con nostalgia, caro Maresciallo.
- Perché mi fissi così, Darlia?
- Signore!
- Che Aposa lo anneghi! – Amentore accende il microfono, senza staccare lo sguardo da quello del Capitano. In Darlia c’è qualcosa che gli sfugge e non riesce a comprendere. Conosce la donna da dieci anni, ne riconosce le sfumature, ma ora.
- Signore, chiediamo l’autorizzazione a …
- Qui il Maresciallo Capo, ho capito, ho capito! Sfondate la porta e portatemi il rinnegato!
Darlia alza lo sguardo lungo l’edificio, all’altezza del terzo piano.
- Pensa se si butta giù anche lui – sussurra e Amentore non comprende se a lui o a se stessa.
- Mi è bastato il suicidio del medico – replica in ogni caso.
Lei annuisce.
- Mattina intensa, oggi.
Amentore allunga gli occhi sulla facciata del palazzo. Gialla.
Un flash rosso riempie il riquadro di una finestra e questa volta il sindenofril non c’entra nulla.
- Bene, hanno fatto irruzione e nessuno è saltato giù.
- Non come il medico – Darlia si gira appena verso di lui, le labbra che lasciano intuire l’embrione di un sorriso – Cioè, intendevo, il marito del Giudice Marasmat.
Amentore stringe il flacone del sindenofril.
- Un disastro. Il Consiglio mi ha convocato subito, ma per colpa di questo rinnegato non sono ancora riuscito a ... E tu, nemmeno al sopralluogo eri presente. Ti abbiamo cercato – gli occhi sono fessure, lame sulla gola del Capitano.
- Ero in perlustrazione. Sì, ho pensato che comunque voi eravate già sul posto e forse era meglio se mi muovevo nella zona del decesso, alla ricerca di indizi – Darlia sospira – Siamo stati interrotti da questo rinnegato.
- Ma era il marito di un Giudice. Del Maestro Grazia Marasmat! Sai che significa? Dovevi attenerti agli ordini! – sbotta lui. E non mi stai guardando, Darlia. Cosa nascondi?
Darlia ha perso ogni colore. È un nero silenzioso che fissa il portone del palazzo.
Quando sente il fragore delle porte spalancate, Amentore smette di interessarsi a lei. Sullo sfondo, i suoi miliziani avanzano velocemente, trascinando il rinnegato.
Sembra innocuo, considera con una punta di delusione.  
- Quanti anni ha? – sente la voce di Darlia.
- Sessantasette. Compiuti una settimana fa – pausa - Non è una minaccia - pausa - Credo.
- Però ha osato sfidare il sistema.
Il Maresciallo si gira di colpo sul Capitano. La frase lo ha stupito, non per il contenuto, ovvio, ma per il tono.
- Sei ironica, Capitano?
Darlia non risponde. I Miliziani si avvicinano.
Ne riparleremo, si ripromette Amentore.
Torna a concentrarsi sul rinnegato, sul fragile vecchio che si lascia spintonare dai suoi uomini. Ha i capelli bianchi. E indossa una tunica bianca, come prescrive il Regolamento di Prevenzione sui danni da radiazione solare.
Il Maresciallo socchiude ancora gli occhi e si concentra su un colore.
L’uomo diventa rosso.
***
L’uomo ha nome e cognome e indirizzo e numero di Previdenza Sociale. Noti alla Milizia.
L’uomo anziano ha una data di morte, nota alla Milizia.
Quando la porta è saltata in aria, ha aperto gli occhi, in sincronismo con la diffusione dei gas irritanti. Li ha lasciati penetrare nelle pupille fino a quando gli uomini in divisa blu non sono diventati acquarelli indistinti nel campo visivo. Poi ha richiuso le palpebre, ha pensato “sono morto, ecco com’è”, e si è afflosciato.
I Miliziani non lo hanno ucciso subito, come ha atteso tra le lacrime, ma non si illude. Sa che, ovunque lo stiano trascinando, gli ultimi istanti della sua vita consistono in questo: è già morto.
Non vedere è solo l’inizio. È solo un’illusione, o una speranza.
Sente una voce roca, di uomo, pronunciare il suo cognome, poi il nome e sorride. Un errore che si ripete ovunque. Prima il nome e poi il cognome. È una regola dimentica. Tutto in questa società è stato dimenticato, da quando Bonomia è diventata capitale di uno Stato devastato dalla siccità e dalla nuova religione. Ma lui ha la memoria buona e ricorda il tempo del ragazzino che studiava e giocava in strada, senza timore dei raggi solari o dogmi da rispettare nel quotidiano.
Senza conoscere la morte prima di riceverla.
- Lei ha redatto le volontà finali il due novembre di tre anni fa.
Non ci sono domande in questa voce, pensa l’uomo, le palpebre appiccicose di lacrime e sangue. Deve essere il capo dei Miliziani.
- Da allora non ci risulta che le abbia rinnovate.
Silenzio. Ora mi uccidono.
- Ha da dire qualcosa a giustificazione del suo gesto?
La voce nuova lo sorprende. Viene dalla sua sinistra e sembra quasi una supplica. Una donna.
Apre la bocca e si accorge di non avere fiato. I gas lo stanno bruciando dall’interno.
- Sicuro che non c’è un errore? – la voce femminile si abbassa, ma non al punto da non essere udita.
Sì, vorrebbe dire lui.
- No – lo sovrasta l’altra voce, roca, graffiante – Abbiamo fatto i controlli. La data di morte risale a una settimana fa ed è controfirmata dal suo medico curante.
- Però mi sembra strano – insiste lei.
L’uomo si gira dal suo lato e cerca di avvicinarsi, di toccare quella verità. Mani crollano sulle spalle, mentre qualcosa lo investe nell’incavo delle ginocchia.  L’attimo dopo si ritrova a terra, il capo chino, le gambe piegate come in preghiera. Il dolore non c’è, non c’è più, forse per il gas che gli sta bruciando i neuroni, forse perché si muore davvero anche negli istanti che precedono una morte programmata.
- Chi è il suo medico? – la voce della donna arriva dall’alto, ovattata da nuvole di ottundimento.
- Lo stiamo verificando, Capitano, ma il visto risulta regolare.
- Non si può aspettare, Maresciallo?
Pausa.
L’uomo sospira, scuote piano la testa, sospira.
- Vuole dirci qualcosa?
- Lasci perdere, Capitano, procediamo.
- Signore, il rinnegato ha diritto a una difesa prima di …
- Capitano – ringhio, poi un bisbiglio – Ti ricordo che sono stato convocato al Consiglio per la morte del dottor Marasmat. Sbrighiamoci.
- No!
- Cosa? – lei, stupita.
- Cosa? – lui, rabbioso.
- Aspettate! – ordina la donna, forse a qualche miliziano che tenta di farlo tacere, così l’uomo trova un ultimo slancio.
- Per favore, è proprio lui il medico.
- Di che farnetichi, vecchio? Veloce, non ho tempo. Abbiamo il modulo della tua Previdenza. Lo hai compilato come tutti i sessantenni dello Stato. Hai indicato la data in cui essere soppresso o suicidarti, per non pesare sulla società – il ringhio si avvicina e diventa alito che sa di chimico, di qualcosa di pungente.
Come i gas, pensa l’uomo.
- Sissignore – spiega, lento, abbassando il volto al suolo per sottrarsi a quella sensazione – Ho scritto che decidevo di morire una settimana fa. Ma poi ho cambiato idea.
- Non risulta – sbuffa “Ringhio”.
- E’ previsto dal Regolamento – ancora lei, calda, quasi materna.
- Capitano, non mi dica cose che so. Mi spieghi, allora, come mai, qui, nel nostro modulo, vede, non risulta. Sa bene che il medico curante deve inoltrare la Volontà di Decesso. Ed eccola qui, nel database.
Pausa.
- Manca il modulo di disdetta – mormora lei.
- Appunto – “Ringhio” sembra ridere.
- Aspettate – l’uomo alza il volto, cercando un odore della donna negli occhi bruciati – Il mio medico è il dottor Marasmat, chiedete a lui perché non vi ha inviato anche la mia disdetta.
Passi, intorno, sopra il buio. Sussurri.
Poi, “Ringhio”, le sue chimiche zaffate.
- Il dottor Marasmat era uno stimato medico. Un professionista di rispetto. Non può avere commesso un errore così grave.
- Era?
La domanda dell’uomo rimane sospesa nell’aria.
- Per evitare questi errori, lo sa, è previsto che il modulo di disdetta sia spedito in automatico dopo tre giorni dalla compilazione.
Finalmente l’uomo la avverte. La voce della donna è vicina, china al suo livello. Ha un odore di umido, di sudato e, sotto, di qualcosa che sembra.
- Ma che fa, sorride? – “Ringhio” – Ci prende in giro?
L’uomo ha trascorso quarant’anni di vita a produrre latte. Latte biologico. La sua colazione, la sua cena, ogni giorno, prima che il Governo decidesse di sospenderlo a favore di quello liofilizzato.
- Ci prende in giro? – ripete “Ringhio”, più vicino.
Lui non può smettere di sorridere. La donna ha un segreto. Un segreto di latte. E di umidità nascoste. La donna sta allattando nei sotterranei dell’Aposa.
- Oh … - avverte l’odore di lei che si allontana, rapido, e sa che lei ha compreso. Sa di avere ragione.  
- Io, Maresciallo Capo della Milizia di Bonomia …
- Aspetti.
- Capitano, si tolga da lì.
- Amentore, no – la voce di lei è affanno – Dobbiamo verificare. Perché il modulo non è partito? Forse Marasmat lo ha distrutto.
- Come osi, Capitano! Offendere così la memoria del marito del Giudice Grazia Marasmat! L’onore di un uomo appena morto! – “Ringhio” è un’esplosione che brucia ogni altro respiro.
L’uomo si piega sull’asfalto, rassegnato. Del resto lo è da due giorni, da quando è giunta la mail della Milizia con richiesta di spiegazioni sul suo mancato decesso e con l’accusa di essere un “rinnegato”. Il timbro dell’infame che inganna la società.
Questo è accaduto tre ore dopo l’ultimo bacio di sua moglie. Prima che lei si lasciasse andare al tumore.
- Per essersi sottratto alla dichiarazione di morire nel giorno concordato con il suo medico curante, io, Maresciallo Capo della Milizia di Bonomia, l’accuso di avere sottratto, con l’inganno, energie preziosa alla società.
C’è un bambino nei sotterranei di Bonomia, pensa il rinnegato, sopra la sentenza di “Ringhio”.  Un bambino nascosto che beve latte.
- Sono costretto a ristabilire l’ordine del nostro Stato, condannandola a morte con esecuzione immediata.
L’uomo è in posizione fetale sull’asfalto.
Attende la scarica e il nulla.
Tra un istante sarà tutto finito.
Ma in un istante c’è ancora tempo di immaginare il perfetto ordine sociale che si sfalda. Perché a Bonomia si sta consumando il sacrilegio.
Un bambino cresce nei sotterranei del Fiume Sacro, nascosto dal Capitano della Milizia.   
In un istante c’è ancora tempo di sorridere.



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