Fiaccola e una luna * - Giovanni Sicuranza
La prima volta in cui Fiaccola scopre la luna, il cielo è così silenzioso e nero che tutta la gente di Putrescina accende le connessioni e inizia a socializzare.
Fiaccola, seduta davanti alla finestra, si domanda se può essere bello, questo cielo notturno, con i brufoli gialli e l’occhio biancastro. Sola in camera, immersa nel castigo di papà-orco, che l’ha sgridata per avere portato in cucina nonna Festina, scopre che sì, il cielo è bello, comunque più di papà-orco, e forse in tutto quello spazio c'è posto anche per l'intelligenza, mica come il suo papà, l'orco, che non capisce, non sa che nei videogiochi succede, i morti non sono mai davvero morti, se ne vanno in giro, e allora, ecco, perché lei non può prendere in braccio la nonna e portarla a spasso, la sua nonna, bella anche ora che ha smesso di ridere e giocare.
I videogiochi sono la conoscenza di ogni bambino, ma forse anche questo cielo, tanto grande e pieno, non scherza.
In una nuvola di sospiro grigio, Fiaccola cancella l’’immagine del padre e torna con il naso all'insù. Modelli di universo scorrono sullo schermo dei televisori, particolari zoomati di ogni galassia sono esposti nei video di Youtube, ma mai, proprio mai, Fiaccola si è accorta della luna dentro la notte.
Le versioni che conosce sono più belle. Tridimensioni musicali di montagne grigie, da popolare con astronauti, gnomi, insetti. O per un viaggio in HD sull'astronave. Da togliere fiato e parole. A volte il fiato, sempre le parole.
Questa luna non può essere ingrandita o volteggiata a piacere.
Però è nel cielo, sembra vera, forse è vera.
Deve essere qualcosa di prezioso, pensa Fiaccola, e si sporge di più sul davanzale, la mano tesa.
Meno sette gradi di temperatura esterna, di quelli veri, non da display del telefonino, mai provati sulla pelle nuda delle braccia.
Meno sette gradi sul braccio è come un morso doloroso, che fa fremere. Che fa piangere e ridere.
Fiaccola si siede. Le gambe oscillano oltre il davanzale in ventate di meno nove, l'aggiorna lo schermo del cellulare.
Bip, il singhiozzo di un SMS.
Bip bip bip.
Fiaccola segue i profili frastagliati delle macchie lunari.
Apre e chiude gli occhi, movimenti frenetici in sincronia con il numero di messaggi che si gonfiano nel telefonino.
Le macchie sembrano spostarsi piano, una verso l'altra.
Cinque dita si aprono a coprirle tutte.
Nel touch-screen la luna può essere ingrandita o rimpicciolita sui suoi desideri. Nei videogiochi può cadere sul mondo, esplodere contro un'asteroide.
Qui non succede nulla.
La luna è più forte della sua volontà.
Wow, sospira Fiaccola.
Bip bip bip, maree di SMS.
"Hai visto la luna? E' +++".
"Io ci vado".
"tvb luna"
Fiaccola chiude le palpebre sul suo mondo.
Meno sette, meno nove gradi. E' gelo, è nuovo.
E' bello.
Ora sa perché le macchie sembrano allargarsi.
I suoi amici lo sanno.
Con uno slancio verso la luna, si getta nel vuoto. Quello vero.
I bimbi del paese, tutti, fanno lo stesso.
****
L'ultima notte di ottobre, a Putrescina qualcuno tra gli adulti si concede un minuto di realtà e scopre due eventi stupefacenti.
I bambini sono scomparsi. E la luna, quella nel cielo, è piena di macchie. Le macchie si spostano lungo le case di Putrescina, verso loro, sembrano occhi che fissano.
Massimo Riserbo ancora non sa come tutte le assurdità dell'incipit del romanzo stanno avendo un senso, anche se tanto surreale che meglio sarebbe rimanere ignoranti; se ne sta in disparte, fuori da questo nuovo inizio, il commissario tipicamente noir, a ciondolare sul caso del prete risorto, e lo lasciamo così, ignorante, ma solo fino alla prossimo capitolo.
Fiaccola, seduta davanti alla finestra, si domanda se può essere bello, questo cielo notturno, con i brufoli gialli e l’occhio biancastro. Sola in camera, immersa nel castigo di papà-orco, che l’ha sgridata per avere portato in cucina nonna Festina, scopre che sì, il cielo è bello, comunque più di papà-orco, e forse in tutto quello spazio c'è posto anche per l'intelligenza, mica come il suo papà, l'orco, che non capisce, non sa che nei videogiochi succede, i morti non sono mai davvero morti, se ne vanno in giro, e allora, ecco, perché lei non può prendere in braccio la nonna e portarla a spasso, la sua nonna, bella anche ora che ha smesso di ridere e giocare.
I videogiochi sono la conoscenza di ogni bambino, ma forse anche questo cielo, tanto grande e pieno, non scherza.

Le versioni che conosce sono più belle. Tridimensioni musicali di montagne grigie, da popolare con astronauti, gnomi, insetti. O per un viaggio in HD sull'astronave. Da togliere fiato e parole. A volte il fiato, sempre le parole.
Questa luna non può essere ingrandita o volteggiata a piacere.
Però è nel cielo, sembra vera, forse è vera.
Deve essere qualcosa di prezioso, pensa Fiaccola, e si sporge di più sul davanzale, la mano tesa.
Meno sette gradi di temperatura esterna, di quelli veri, non da display del telefonino, mai provati sulla pelle nuda delle braccia.
Meno sette gradi sul braccio è come un morso doloroso, che fa fremere. Che fa piangere e ridere.
Fiaccola si siede. Le gambe oscillano oltre il davanzale in ventate di meno nove, l'aggiorna lo schermo del cellulare.
Bip, il singhiozzo di un SMS.
Bip bip bip.
Fiaccola segue i profili frastagliati delle macchie lunari.
Apre e chiude gli occhi, movimenti frenetici in sincronia con il numero di messaggi che si gonfiano nel telefonino.
Le macchie sembrano spostarsi piano, una verso l'altra.
Cinque dita si aprono a coprirle tutte.
Nel touch-screen la luna può essere ingrandita o rimpicciolita sui suoi desideri. Nei videogiochi può cadere sul mondo, esplodere contro un'asteroide.
Qui non succede nulla.
La luna è più forte della sua volontà.
Wow, sospira Fiaccola.
Bip bip bip, maree di SMS.
"Hai visto la luna? E' +++".
"Io ci vado".
"tvb luna"
Fiaccola chiude le palpebre sul suo mondo.
Meno sette, meno nove gradi. E' gelo, è nuovo.
E' bello.
Ora sa perché le macchie sembrano allargarsi.
I suoi amici lo sanno.
Con uno slancio verso la luna, si getta nel vuoto. Quello vero.
I bimbi del paese, tutti, fanno lo stesso.
****
L'ultima notte di ottobre, a Putrescina qualcuno tra gli adulti si concede un minuto di realtà e scopre due eventi stupefacenti.
I bambini sono scomparsi. E la luna, quella nel cielo, è piena di macchie. Le macchie si spostano lungo le case di Putrescina, verso loro, sembrano occhi che fissano.
Massimo Riserbo ancora non sa come tutte le assurdità dell'incipit del romanzo stanno avendo un senso, anche se tanto surreale che meglio sarebbe rimanere ignoranti; se ne sta in disparte, fuori da questo nuovo inizio, il commissario tipicamente noir, a ciondolare sul caso del prete risorto, e lo lasciamo così, ignorante, ma solo fino alla prossimo capitolo.
* Nessun caso per il Commissario Massimo Riserbo.
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