Il vento della sera - Giovanni Sicuranza
E poi c'è l'aria di questa sera, vento a catinelle sulle piante da balcone. Vorrei chiuderli fuori dai miei spazi, questi strazi, la musica cacofonica del vicino, che mi costringe a lunghe sedute sulla tazza, e il vento che, dicono, è il respiro della primavera. Come no, una primavera da eutanasia, se penso a tutti i rumori che si porta dentro. Non è solo lo stereo da genocidio del vicino, è il falsetto reiterato dei clacson, le dissonanze gutturali della famiglia del piano di sopra.
Tanto vale cedere, mi affaccio sul davanzale, almeno l'aria della sera spinge alle prime sbirciate, all'epifania di donne con abiti ridotti, e, invece di gambe femminili, ecco la replica dell'evoluzione su zampa del cane piscione, il bastardo che ha scambiato la mia auto per il confine del suo territorio, da ridefinire, sera dopo sera, a ogni nuovo spazio in cui parcheggio. Mi sa che è giunta la sua ora, mi sa che almeno mi godo la fusione di energia cinetica e gravitazionale di un lancio dal quinto piano sul suo cranio idiota. Non vedo migliore utilità per questo libro di oltre quattrocento pagine, per giunta intitolato "Lungo il vento". Un tomo che l'autore, un tale Sicurazza o giù di lì, avrebbe fatto meglio a chiamare "Lungo lo sbadiglio", sottotitolo "il complice delle vostre serate pattumiera". Mi sporgo appena, prendo la mira, sorrido; ancora un istante e il bastardo piscione, l'untore a quattro zampe della mia auto, si renderà conto di quanto "Lungo il vento" sia pesante. Comprenderà a fondo il concetto di noia mortale ed io avrò dato un senso a questo inizio primavera.
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