"Anima noir"
Giovanni Sicuranza
Seduto sulla tazza del cesso.
I Theatres des Vampires si affannano a coprire con "Rain" i barriti defecatori di Egli.
Dall'altra parte, oltre la fragilità del cartongesso, Ella ha una smorfia di disgusto.
- E' pieno! - sibila, la mano che naviga nella palude gastrica del cane.
Egli alza lo sguardo all'altezza della serratura.
- No, ti prego - sudano le sue parole. Poi stringe le palpebre, solo che non basta.
Non basta a fargli uscire tutto il vortice che gli morde l'intestino. Non basta a cancellare la scena di sua sorella che azzanna il bastardo al ventre, lo lacera aiutandosi con le unghie e poi inizia a rovistare.
- Hai finito, stronzo? Mi sa che la prossima caccia la faccio da sola.
- Cosa hai - agonizza Egli, mentre "Rain" lascia il posto ai sintetizzatori di "Dust".
Ella estrae un grumo giallo, compatto come gelatina, grosso come un nido di rondine, lo pulisce veloce sui pantaloni e lo innalza verso la finestra.
Bolo gastrico alla luna.
- Non so che cazzo di cibo è, però.
- Oh - si affloscia Egli. La tazza diventa un murales marrone.
- Non importa, è solo un figlio di cagna.
Il tono di Ella è simile a quello della sorella, ma vuoto di emozione.
Lui, invece, vorrebbe sciogliersi con l'intestino.
- Ti prego.
- Muoviti. Il padrone di questo cagnolino può essere già vicino.
"Cagnolino"?
- Ella, lo hai sembrato, hai immerso tutta te stessa nello stomaco. Come riesci a chiamarlo ancora - gemito, scarica - cagnolino?
La donna si alza tra rivoli di visceri e sangue. Un'occhiata alla porta scardinata del monolocale, un calcio ai resti del cane con uno "splash" che le rammenta il fratello.
- Se non ti muovi, ti lascio qui - sbuffa.
Egli picchia la fronte sulle mani, poi cerca a tentoni il rotolo di cartigenica alle sue spalle, sul lavabo, ma quello che sente è
- Arghh!
Ella sfonda la porta con l'ariete di una spalla.
Il fratello ha un muso attaccato alla mano, continua a urlare, il fratello.
- Cazzo. Erano due.
Il cane la fissa con occhi neri, abissali.
Stacca la presa da Egli e sputa la mano. E il polso. E parte dell'avambraccio, tendini e ossa inclusi.
Poi salta.
Ella sente il morso alla gola.
Cade sul pavimento e si accorge che è scivoloso del sangue del fratello. E di liquame marrone, fetido.
Egli balla un tip tap agonico nell'aria e nello sguardo ha pensieri di sconfitta.
Cani abbandonati per ore nei monolocali. Cani impazziti di territorialità.
Sua sorella che prende il nome di battaglia e gli impone quello di Egli.
"Diamo una lezione a questi umani egoisti".
Lui annuisce, più annoiato, che convinto, più innamorato del culo della sorella, che della causa.
Durante la prima spedizione con scasso, il lupo si dimostra poco incline alla liberazione.
Il suo dissenso è profondo sul sedere di Ella.
Un no sfigurante.
Da allora la missione diventa "Diamo una lezione a questi cani stronzi".
Ed è il massacro.
Ella punta il cane, lo aggredisce, ne viola le viscere.
Egli assiste alla scena. Di Ella che urla, di Ella che è belva.
Di sua sorella che aveva il sedere a mandolino e ora una protesi atrofica.
Nell'aria i piedi ballano ancora, ma lui non se ne accorge.
Dello sfacelo del suo corpo, nulla gli importa.
Gli occhi si annebbiano sul grosso pelo nero che sbrana Ella.
Non urla, nemmeno geme, Ella, la gola maciullata tra le mandibole del cane.
"La protesi", pensa Egli, "Non riuscirà a digerirla".
I Theatres des Vampires sfumano in "Anima noir".
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