Natura morta –
Giovanni Sicuranza
Ascoltalo.
Il sangue denso cerca la mano distesa sul cemento, la tocca, si adagia
sulla pelle, ha bisogno di ritrovarla nell’intimo, eccolo, lambisce la piega
del polso, ogni sentiero del palmo, entra tra gli spazi della dita, si affolla
intorno e già cerca altro.
Ascoltale.
Le vesti pesanti e accorte della morte che lasciano il corpo supino di
questa giovane donna, la mano nutrita ancora dal suo sangue, ma non più
dall’interno, dal sangue che se ne va in un rivolo dal foro sulla fronte, e
adesso esplora anche la mela rotolata dal sacchetto della spesa, una mela
bianca, lucida di sole.
Ascolta il muto surrealismo di questa scena.
Ascoltalo e poi, come fanno dai balconi del palazzo che sovrasta
l’immobilità assoluta di questo corpo sull’asfalto, dalle tane delle persone
rintanate ai piani superiori, applaudi al pericolo scampato.
**********************
Petra dice che farà presto.
Ho già compilato la lista della spesa, è tutto a posto, dice Petra al
cucciolo di umano che dorme e sussulta nel suo stesso letto.
Si sveglierà, si sentirà solo, avrà fame, piangerà, urlerà, sarà l’eco
del tuo senso di colpa amplificato in tutto il palazzo, le risponde il nodo
nella gola.
Una mano di Petra corre in soccorso della lacrima, la prende, la distende
sulla guancia, poi si lascia osservare con gli occhi grandi, grigi, di lei.
No, farò presto, dobbiamo mangiare.
Un’occhiata al figlio, prende il disinfettante, lo usa come vestito per
le dita, nei gesti meticolosi che le ha insegnato il marito prima di
dissolversi in un forno crematorio a duecento chilometri di distanza, e tanto
cosa importa la distanza, tanto non ci sarebbe più stato comunque, Fausto è una
delle migliaia di simbiosi fatali con King Corona V, DNA umano e RNA virale che
si nutrono e confondono a vicenda.
Ogni volta che apre le finestre, Petra si sofferma a respire ancora la memoria
di lui.
Rimane così, gli occhi socchiusi, il naso che cerca, cerca tracce del suo
maschio defunto.
Disinfetta le mani, coraggio, fai proprio come ti diceva Fausto.
Fausto, le sue raccomandazioni continue, la formava sulla prevenzione e
ogni giorni le suggeriva un piccolo gesto in più.
Iniziò da quando l’arrivo del virus sembrava un’ipotesi remota, confinata
ad altri Stati, e andò avanti fino all’istante prima di varcare la porta per partire
verso gli ospedali da campo.
Questo accadeva prima che lui iniziasse a respirare tonnellate di RNA
virale senza i Dispositivi di Protezione Individuale previsti; così le scriveva
su wattsup, bling, nuovo messaggio in arrivo, bling, ehi, tesoro, qui è un
disastro, bling, dovresti vedere, un disastro davvero, bling, voi state bene,
lo scricciolo come se la passa, bling, dai che forse tra due settimane torno,
bling, cazzo se mi mancate, bling, dicono che siamo eroi, ma che ne sanno di
noi come viviamo e lottiamo e sudiamo e mica lo sanno come siamo tutti
esauriti, sai, io vi penso ogni momento io, bling, tesoro mi dispiace mi
dispiace tanto tossisco ho la febbre e il tampone dice, bling, passerà in
fretta, bling, io credo che dovresti stare attenta passerà, bling, smile.
Dopo.
La mattina dopo il telefono ha parlato con una voce estranea, formale, il
tono basso, le ha detto qualcosa e quello che lei comprendeva, piano, piano, è
come la sua vita sarebbe cambiata del tutto, no, quanto era già stravolta; lei,
lei e il cucciolo, e forse è un incubo, forse sto perdendo i nuovi messaggi di
Fausto, forse.
Indossa la mascherina chirurgica, la distende sulla radice del naso,
lungo le guance, prende la lista della spesa, il modulo di autodichiarazione
compilato per l’uscita in stato di necessità, un’occhiata al figlio che adesso
sembra riposare tranquillo nella penombra della tana, disinfetta ancora le
mani, indossa i guanti in lattice.
Esce.
*****************
Ascoltalo.
Ha le congiuntive che sembrano oceani di fuoco, si sveglia così, occhi
sbarrati all’improvviso dopo ogni alba in questo nuovo mondo in cui lo hanno
confinato le ordinanze.
Quando lavorava, per uscire gli bastava fissare la sveglia alle 07.15,
ora non ricorda se la colazione la faceva prima o dopo essersi svuotato in
bagno, forse dopo, ma non aveva più senso farla prima?
Il soffitto è un confine anemico, un tempo verde; disegni neri, crepati percorsi,
che portano in direzioni senza senso e improvvisi cessano, oppure no, forse
entrano a fondo nel cemento, svaniscono come fiumi bui e sotterranei, ed eccolo
di nuovo lassù, ascoltalo, il ragno dalle zampe lunghe, solo che ha smesso di
giocare all’altalena tra i suoi filamenti e se ne sta immobile.
Tra poco aprirò tutte le finestre, dice lui, forse entrerà una preda
anche per te.
Però, prima della colazione, prima del bagno, prima di ritrovare
completamente se stesso, accende il portatile, connessione ultra rapida, o meglio,
un po’ meno da quando vige l’hastag #iorestoacasa, il nuovo dogma su cui non si
discute, e allora va bene, va tutto molto bene, e andrebbe ancora meglio se non
ci fossero questi bastardi, questi incoscienti che si ostinano ad andare in
giro, a mettere a rischio tutti, tutti e lui davvero è incazzato, la gente in
casa, il contagio che non si arresta, la gente in casa, e la colpa è di questi
cretini, di questi pericoli che credono ancora di potere farsi una passeggiata
come se nulla fosse accaduto, come se ora ad abitare le vie e l’aria non ci
fosse sua fottuta maestà King Corona V.
Anche se da soli, anche se nei dintorni, anche se isolati nei brevi
percorsi, gli altri sono un affronto per chi rispetta severamente le norme, per
chi sta rinunciando alle proprie abitudini e vive chiuso in casa nella speranza
di sopravvivere.
Ecco, lo ha appena scritto nella bacheca del social e ha già cinque like,
bene, si alza e con lui si alza una bestemmia; bene, ma mica proprio bene.
Non scrive che lui esce per portare Ringhio a piscio-cagare al parco, ma
almeno questo si può, lui è costretto, lo fa per il cane, mica come gli infami
che rischiano di spargere il contagio.
Sbatte le palpebre, veloce, come se fosse un esercizio di aerobica, tra
lacrime bruciate mette a fuoco la via sotto la finestra della cucina, il resto
non gli importa, gli alberi, le colline, gli altri palazzi, quelli torneranno
dopo, se tutti saremo fermi dentro l’hastag #iorestoacasa.
Il cellulare vibra sul tavolo, goffo accanto alla colazione, il suo
movimento entra in sincronia con la tazza del cappuccino, è un vibrare unico,
corale, su tonalità diverse, sussulta anche il cucchiaino, sussulta anche la
sua mano.
Ciao.
Come te la passi?
Mi gratto.
Senti, hai sentito di quelli beccati mentre cercavano di lasciare il
paese per andare a trovare i parenti?
Bestie.
Spero che li facciano cagare soldi.
Mah, non gli fanno proprio niente, credimi. Tu come te la passi?
Sono già di guardia da un’ora.
Che cazzo, non dorme più nessuno qui.
E tu?
Boh, te l’ho detto, mi gratto.
E dopo?
Dopo, dopo.
Senti, mi sa che oggi lo facciamo.
…
Mi senti?
Ti sento.
Dal palazzo accanto mi hanno mandato un messaggio.
Chi?
Cristiano.
Oh, bene. Dove sono i bastardi?
No, mi scrive che è una donna, solo una donna. Sta passeggiando, noi
siamo chiusi in casa e sta stronza se ne va in giro.
Merdosa, crede di essere in centro?
La fermi?
…
Lo fai? Ci siamo organizzati apposta, dobbiamo dare una lezione a questi
parassiti o non smetteranno mai.
Sì, sì, però poi mi sostenete, voi mi sostenete, vero?
Oh, bello, qui c’è con te tutta l’Italia, vedrai, ti romperanno un po’ le
balle all’inizio, ma nella prossima trasmissione sarai l’eroe della riscossa.
Già.
È quella tipa il pericolo. Se ne frega della sicurezza di tutti noi, va
in giro a prendersi il virus e poi chissà dove ce lo lascia.
Già.
Fermala.
La fermo.
Ci mette in pericolo, non merita rispetto, guarda, ti dico che non è
nemmeno una persona perché se ne frega se ci farà morire di virus.
Vero.
Dai, tra poco è sotto tiro, lo hai detto tu, sei un mito con la fionda.
Già.
Ci credi?
Certo.
Lo fai?
…
Per noi tutti, amico, lo fai?
********************
Ascolta.
L’aria apre vertigini sul corpo della donna, sembra quasi portarle il
pianto di un bimbo sull’ultima curva delle nuvole.
Non si mangia, oggi, piccolo, non puoi nemmeno ascoltare i suoni tuoi rassicuranti.
Mamma ha fatto la spesa, è stata brava, veloce.
La spesa preziosa giace gremita dal sangue.
Mamma ha un rubinetto aperto sulla fronte, da lì esce tutto quello che
poteva essere per lei, per te.
La mela bianca, dischiusa dalla busta della spesa, adesso è una mela
rossa.
24 marzo 2020, Giovanni Sicuranza
(immagine: “Bambino geopolitico osservante la nascita di un uomo nuovo”, Salvador Dalí, 1943)
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