Il tempo dei best-seller [II] - Giovanni Sicuranza
E' come un petalo che cade sulla spalla.
La guardo, questa falange ungueale rivestita da tessuto morto.
Strato corneo ed epidermide mummificata.
L'unghia e la parte di dito che la lambisce.
Il resto è scheletro allo stato libero, privo dei legami dei tendini, della massa a scadenza dei muscoli e dei vasi sanguigni.
Mi volto piano verso il cadavere, lungo questo corpo che si regge alla mia spalla con il ricordo di un dito.
Ho il cuore in tutti i posti, un accelerato che batte in gola, nello stomaco, persino nella vescica.
Intanto ogni frazione di secondo rallenta, arranca, si ferma, attonita su questa scena contro natura.
Devo girarmi su me stessa ed è come fare il giro del mondo.
Lenta come un rantolo al calare della vita, troppo fragile perché ci sia tempo di reagire.
- Sono tornato - dice lui.
- Lo sapevi - aggiunge con una voce che è la sua, ma impastata.
Non si parla a bocca piena.
Piena di.
Prima del volto, scorgo la terra che esce dalle mandibole.
Nera.
- L'opera non vive oltre me - zaffata di putrescina e qualcos'altro, forse fanghiglina.
O assurditina.
- Sei stata la mia ultima creazione - dice e il suo dito penetra nella mia spalla.
Non fa male, è solo come un'era glaciale che si adagia nel respiro.
Così conosco il mio autore.
E' morte, è trasformazione. E' rassegnazione.
Fa un passo verso me e l'altro dentro me.
Ho vagato nel romanzo, da protagonista, poi sono uscita tra la gente, sperando di sopravvivere alla memoria del libro.
Invece no.
Mentre muoio nello scrittore, capisco che non è concesso rimanere oltre lo spazio di una lettura.
Questo è il tempo dei best-seller veloci.
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