Belle époque - Giovanni Sicuranza
Ah, così mi chiedi di offrirti un giro di assenzio. Accomodati, forza. Dici che sei uno scrittore, ma io ti sento solo parlare, e, sì, ho capito, dici che hai bisogno di andare oltre, anche oltre te stesso, per ritrovare i tuoi personaggi. Hai smarrito l’ispirazione, dici, però secondo me nemmeno sai espirare. Mi sembri arido, forse morto, e te ne stai qui, pesto come un masochista in una gang band, e mendichi il mio assenzio. Allora, scrittore senza respiro e senza fantasmi, sai cosa, c’è che questo è un liquore al gusto di anice, gradevole, vedi come riflette il verde sul mio volto. O forse è il mio volto ad avere il livore della morte e a colorare la bottiglia, cosa ne pensi? Ti piace come inizio per un nuovo racconto? Comunque, sì, l’assenzio andrebbe conosciuto meglio, almeno quanto noi, che lo abbiamo bevuto fino all’agonia dell’ottocento. Dicono che quella era l’epoca bella, l’evoluzione moderna dell’uomo, e invece sono deliri, è una vostra leggenda, una romanticheria idealizzata, quella della belle epoque, credimi; puoi metterla insieme alla discarica di buoni sentimenti di cui tanto scrivete e leggete, incapaci di viverli nella società. La verità, scrittore perso, è che la società moderna non ha empatia, è una predatrice tecnologica che si nutre di schiavi, attira mugolando nelle tane delle comodità e lì vi sorride e vi prosciuga. Era così anche ai miei tempi. Prendi l’assenzio, l'ingenuo l’assenzio, così bello da finire sodomizzato da metanolo, pentanolo, butanolo, insomma tutto l’olo che lo avvelenava, ne stuprava la purezza e si nutriva dei nostri sogni. Ah, c’erano altri agenti chimici, venivano utilizzati per dare all’assenzio un colore più appariscente, come l’acetato di rame, o per simularne l’intorbidimento, come il tricloruro di antimonio.
Non è stato l’assenzio a ucciderci, insomma, ma le sue mistificazioni, quelle aggiunte chimiche, meschine, la presenza di prodotti di pessima qualità etichettati sotto il suo nome e diffusi nel popolo grazie a prezzi molto bassi. L’assenzio è un colpevole non riabilitato, il capro espiatorio delle lobby del vino, preoccupate per le quote di mercato perse. Ironico costruire il discredito dell’assenzio tanto bene, che ancora oggi si crede alla sua pericolosità. L’alcool dell’arte, di noi artisti maledetti, distrutto ad arte. E adesso bevi, scrittore, prendi tutta la bottiglia, se riesci. È piena di fantasmi. Oppure è come te, vuota, e per questo ti aspetta.

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