Fine di un personaggio - Giovanni Sicuranza
Siamo stanche.
Ascoltale, sono le tue gambe.
Muoviti.
Ascoltala, questa tua ruvida paura.
Il sudore non è la risposta, non serve a niente.
Teodoro Acuzie, amministratore delegato della “Livor” S.p.A., ha l’occhio destro di un verde esaltato da rivoli di pianto.
E se inizi a chiederti se è un bell’uomo, almeno finché morte da bellezza non lo separi, è perché ancora non hai visto l’altro occhio, quello sinistro. O forse sì. E ti piace il macabro. Ti piace quella gelatina che striscia sulla sua guancia, la bava di tendini e sangue, come una lumaca ferita.
All’inizio, mentre correva, l’amministratore in giacca e cravatta e chiazze di sudore della "Livor" S.p.A., cercava di reggersi i fasci muscolari che circondano il nervo ottico, ma ora non gli importa più di tanto, anzi. Che l’occhio sinistro cada del tutto, che si spiaccichi a terra, magari per essere calpestato proprio dai suoi piedi, chissenefrega-no?
Il problema, nel senso di disastro, è chi lo sta braccando, chi lo vuole vedere così ridotto; chi respira sulle lancette dei suoi ultimi minuti.
Gli occhi del predatore in questo momento sono nel ventre del cuore suo impazzito.
Teodoro Acuzie si è chiesto come mai è stato scelto proprio lui, placido amministratore della catena di pompe funebri “Livor”, con sedi in tutta la Regione, prossima apertura anche nella capitale, prego, signore e signori, diamo spazio ovunque ai vostri defunti imperituri.
Forse proprio per questo?
L'anteprima della fine già scritta in una professione di morte.
Ma queste domande si formavano nei vortici di qualche secolo fa, ovvero pochi minuti prima, poche righe più su, quando tutto è iniziato e lui si è trovato a correre, stanco, con un occhio strappato.
Con un destino segnato.
Ed eccolo, Teodoro Acuzie, nell’ultimo anelito della vita, infine già inginocchiato sull’asfalto caldo della città.
È incredibile come possa arrendersi facilmente alla morte un uomo ancora giovane, piacente, nell’apoteosi della carriera.
Non c’è una spiegazione, perché la sua mente ora è svuotata di ogni futuro e passato, è solo attesa del presente di morte.
Solo, come altri a morire in questa prima afa di luglio, dove nemmeno il giorno ha respiro; gli basta una pagina per capire.
Teodoro Acuzie ha tentato di fuggire dal predatore, ma non aveva salvezza, perché il predatore sei tu, tu che stai leggendo.
E almeno fai presto, questo ti chiede Teodoro, cala la mannaia dei tuoi occhi, uccidimi ora con la fine della lettura.
Siamo stanche.
Ascoltale, sono le tue gambe.
Muoviti.
Ascoltala, questa tua ruvida paura.
Il sudore non è la risposta, non serve a niente.
Teodoro Acuzie, amministratore delegato della “Livor” S.p.A., ha l’occhio destro di un verde esaltato da rivoli di pianto.
E se inizi a chiederti se è un bell’uomo, almeno finché morte da bellezza non lo separi, è perché ancora non hai visto l’altro occhio, quello sinistro. O forse sì. E ti piace il macabro. Ti piace quella gelatina che striscia sulla sua guancia, la bava di tendini e sangue, come una lumaca ferita.
All’inizio, mentre correva, l’amministratore in giacca e cravatta e chiazze di sudore della "Livor" S.p.A., cercava di reggersi i fasci muscolari che circondano il nervo ottico, ma ora non gli importa più di tanto, anzi. Che l’occhio sinistro cada del tutto, che si spiaccichi a terra, magari per essere calpestato proprio dai suoi piedi, chissenefrega-no?
Il problema, nel senso di disastro, è chi lo sta braccando, chi lo vuole vedere così ridotto; chi respira sulle lancette dei suoi ultimi minuti.
Gli occhi del predatore in questo momento sono nel ventre del cuore suo impazzito.
Teodoro Acuzie si è chiesto come mai è stato scelto proprio lui, placido amministratore della catena di pompe funebri “Livor”, con sedi in tutta la Regione, prossima apertura anche nella capitale, prego, signore e signori, diamo spazio ovunque ai vostri defunti imperituri.
Forse proprio per questo?
L'anteprima della fine già scritta in una professione di morte.
Ma queste domande si formavano nei vortici di qualche secolo fa, ovvero pochi minuti prima, poche righe più su, quando tutto è iniziato e lui si è trovato a correre, stanco, con un occhio strappato.
Con un destino segnato.
Ed eccolo, Teodoro Acuzie, nell’ultimo anelito della vita, infine già inginocchiato sull’asfalto caldo della città.
È incredibile come possa arrendersi facilmente alla morte un uomo ancora giovane, piacente, nell’apoteosi della carriera.

Solo, come altri a morire in questa prima afa di luglio, dove nemmeno il giorno ha respiro; gli basta una pagina per capire.
Teodoro Acuzie ha tentato di fuggire dal predatore, ma non aveva salvezza, perché il predatore sei tu, tu che stai leggendo.
E almeno fai presto, questo ti chiede Teodoro, cala la mannaia dei tuoi occhi, uccidimi ora con la fine della lettura.
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