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L'inferno di notte



L’inferno di notte – dal romanzo “Nostra Signora della Fossa”
Giovanni Sicuranza

Ogni anno la Luna si allontana da noi di quasi quattro centimetri.
Questo è il dato scientifico. Ma nessuno più della donna sa davvero cosa significa.
Lei che ha trecento anni. Lei che ogni mese, quando la luna splende, si trasforma.
Wicca ha smesso di seguire il ragazzo.
Ne percepisce ancora l’odore di paura, sa che è a pochi secondi dal ghermirlo, lacerarne le carni e l’insolenza con cui l’ha oltraggiata, eppure la sua complice è più importante.
Gli occhi ferini raggiungono la Luna lungo una scia di pianto.
Non allontanarti ancora, chiede Wicca, Mi fai sentire debole.
La Luna, appesa al cielo come un gufo grigio, fa un passo indietro nello spazio.

***

La notte brucia addosso.
Sette giorni di afa e l'acqua è già leggenda.
Il ragazzo è sfinito. Il ragazzo corre.
Prosciugato di liquidi, non riesce più a sudare.
La termoregolazione è andata a farsi fottere con tutti i piani per uccidere la Maligna.
Il ragazzo sa che tra pochi metri sarà cadavere, esploso nel suo stesso calore, eppure non smette.
Corre.
La Maligna è assetata. Quella Wicca-stronza.
Il pensiero che il suo corpo non le offrirà da bere è l’ultima consolazione in cui trova energia.

***

- C'è un caldo infernale, ti sembra, alle due di notte.
- Eh, già già. 41 gradi all'ombra.
- Fai lo spiritoso, Raganella? Siamo in servizio da solo un'ora e già mi sento un budino.
- Prendila con filosofia, maresciallo. Mica puoi cambiare il tempo. Se vuoi, apro i finestrini.
- Magari, ma il regolamento lo vieta. Invece dovrebbero darci auto con l'aria condizionata che funziona, ecco.
- Io li apro.
- No!
- Oh, maresciallo, sei esaurito? C'è mica bisogno di urlare così. E si fotta il regolamento.
- Non aprire, Raganella! No! Guarda!

***

Quando Wicca è morta, il villaggio di Lavrange era tripudio di fuoco notturno. La gente, la sua gente, ballava al ritmo del vino, mentre la pelle si staccava dai muscoli e le ossa scoppiavano sopra il tuono delle risate.
Wicca la strega, purificata nel rogo di se stessa e rami secchi, lungo i salmi dei ministranti.
Il ragazzo fu l’ultimo a colpirla con un sasso, proprio in mezzo alla fronte.
Lui non lo sapeva, lei nemmeno, ma quel lancio che le spezzo l’agonia era di pietra lunare.
E la Luna fu l’ultimo splendore percepito da Wicca prima del buio mortale.    

***
- Cazzo fa quello, ci viene addosso, maresciallo.
- Scendi, Raganella, scendi, perdio!
- Ma che, si è dato fuoco? Sembra un ragazzo, solo un ragazzo.
- Raganella, cazzo hai fatto, non dovevi aprire i finestrini, accidenti, aiutami!
- Oddio, ma brucia tutto. Maresciallo, mica si ferma, maresciallo.
- Cazzo hai aperto i finestrini, Raganella, si sono bloccate le portiere, macchina di merda!
- Maresciallo …
- Oddidiodio.

***

Wicca ha un brivido.
Le scaglie dell’epidermide si sollevano, come tendine nere, a svelare il rosa dei tendini. Un rosa pallido, stanco.
Il ragazzo le è sfuggito ancora.
Sono secoli che lui la rincorre e che lei lo preda.
Non ci sarà morte vera per nessuno dei due, finché la Luna non avrà il suo tributo.
Wicca osserva le lamiere dell’auto contorcersi nel fuoco, lungo il sentiero che porta a Lavrange, dove veglia la santella di Nostra Signora della Fossa.  
Cela il viso tra le braccia e con lui tutte le lacrime.
Ogni anno la luna si allontana di quattro centimetri da tutti noi.
Per Wicca sono altri quattro centimetri di distanza dalla pace eterna. 

[continua]


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