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Il potere dei morti
Giovanni Sicuranza 

Il freddo. L’odore. 
È così che l’uomo avverte la presenza di sua figlia. 
Chino sul trespolo del dolore, in bilico nella solitudine, il suo viso si alza. 
Il fruscio. L’odore. 
- Sei tornata troppo tardi – sussurra alle candele. Intorno agli occhi, la fiamma disegna l’ombra di un brivido. 
- Tu mi hai chiamata, padre. 
L’uomo fa no con la testa e le mani diventano artigli sul crocefisso. 
- Non dovevo rimanere qui, a vegliarti nella cripta. 
- Tu mi hai evocata, padre. 
La voce. E l’odore. 
Così l’uomo gira su se stesso, chiedendo alle gambe di non fuggire sul pavimento di marmo, dove ogni passo è trappola d’umidità e morte. 
La giovane figlia è a pochi aliti da lui. 
Scivola lungo le lapidi di famiglia, decisa, le orbite luttuose che entrano nello sguardo del padre. 
All’altezza dell’addome, dove l’intestino è esploso, il sudario è macchiato di oscurità verdi. 
I gas della putrefazione escono tra le gambe, nei capelli, e si uniscono in scie bluastre. 
L’uomo ringrazia se stesso per avere usato il rito gotico degli avi, con l’obbligo di tredici candele accese. Insufficienti per disegnare altri particolari del corpo che avanza. 
- Tu mi hai voluta, padre – sibilano le carni, attraverso le nuove bocche della putredine. 
Lui cerca sostegno sulla colonna alle sue spalle, si appoggia, si innalza e estende il crocifisso di legno verso la morta. 
- Fermati! Ho sbagliato. 
Il cadavere esita. Le orbite nere si dilatano come soli malati. 
- Hai sbagliato?
- Credevo saresti tornata subito dopo l’incidente, non dopo nove giorni – deglutisce lui, la mente che cerca di concentrarsi sul crocefisso. 
Trema la voce, tremano le mani. 
Il corpo alza le spalle. 
- Però sei rimasto nell’attesa, padre. 
Il crocefisso, pensa l’uomo, guarda solo il crocefisso. 
- Non era facile rinunciare – bisbiglia tra due lacrime. 
Il cadavere ha un gorgoglio toracico. Una zaffata di putrescina è un pugno allo stomaco dei vivi. 
- E ora, padre, pensi di cacciarmi con un crocefisso?
L’odore. 
L’uomo fa un passo indietro, un altro. E si blocca. La colonna secolare, che lo sorregge, è anche il suo limite. 
L’ombra di una mano cala sulla croce. 
- Credi che funzioni come nei film, padre?
L’odore non è solo quello della morte. C’è anche quello del terrore, ora. 
- Oh, non occorre fartela addosso. Sono solo venuta a portarti con me, padre. Del resto non dovevi morire al mio posto? Non eri tu che guidavi ubriaco? 
- Torna nella bara, non sei più mia figlia!
I resti di nove dita, lunghi, bianchi, strappano il crocefisso dalla presa come un ramo secco. 
- Non serve questo, padre. Il crocefisso non ci indebolisce, padre. Il crocefisso ci fortifica. 
L’uomo urla un agghiacciante silenzio, le corde vocali già recise da una nuova consapevolezza. 
- Il crocefisso è il simbolo di un morto tornato in vita, perché dovrebbe allontanarmi?


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