Ego
Giovanni Sicuranza
Il poeta sarebbe diventato famoso.
In una folata di soddisfazione, schizzò dalla sedia, slanciato fino ai suoi centosessantanove centimetri, poi subì un arresto brusco e la gravità e novantasette chili di ingrato peso lo respinsero a sedere.
Ma tanto il creato era finito, la sua opera unica avrebbe illuminato l'indifferenza della gente per la poesia stampata. Le pagine erano lì, in una colonna ordinata sul tavolo, in attesa di essere suono mondiale del suo nome.
il poeta, già proclamatosi sommo e ipersommo, inspirò a fondo, dopo tre anni trascorsi a trattenere il fiato, e non riflettè che il respiro è un atto delicato, da trattare come seta.
Del resto, nulla aveva scritto a proposito, per cui non gli era dato pensarci.
Starnutì un monosillabo futurista a finestra aperta e il vento entrò rapido, primo e unico lettore di ogni pagina.
Chiuse i fogli in ellissi e li distribuì nel mondo.
Quelli che decantavano l'armonia della natura si adagiarono sul letame chimico, quelli impregnati di morale sociale coprirono la discarica abusiva.
Al poeta rimase in mano un solo foglio.
Un canto solitario d'amore, scritto per una donna analfabeta e sorda, morta tra due spaventapasseri e lì lasciata dal poeta per rendere fertile almeno la terra.
Un omicidio in rima, che doveva essere epilogo e apoteosi dell'opera omnia.
Quando i gendarmi irruppero nella casa, allarmati dalle scariche di starnuti, misero agli atti il foglio con titolo "confessione scritta e autografata; prot. 13/17".
Non ci fu pubblicazione.
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