Intermezzo pubblicitario
(attenzione: il contenuto risulta banale, noioso, sgradevole, tendenzialmente sociopatico)
Le forze che distolgono dalla vita familiare e spingono verso il mondo del lavoro vengono continuamente alimentate dal consumismo, ideale per mantenere il rovesciamento di priorità emotive tra i due ambiti. Esposti ad un bombardamento continuo di pubblicità, ci si convince di avere bisogno di più cose, ma per comprarle occorrono più soldi e per guadagnare bisogna lavorare di più. Così si sta fuori casa, fuori dall'ambiente dei sentimenti, per molte ore, cercando di rimediare all'assenza con regali materiali: si materializzano i sentimenti. Il ciclo è senza fine.
Il distacco emotivo e l'assenza fisica dalla scena di coppia rendono il lavoratore, uomo e donna, insofferenti di fronte ai conflitti, che inevitabilmente nascono dalla convivenza; le abilità necessarie per dialogare e comprendersi tendono ad essere sempre più ristrette, ghettizzate, e la sfida al superamento si trasforma nel pretesto per interrompere e poi ricominciare con altri, daccapo, sempre nella stessa spirale: del resto, nella società del consumismo, noi stessi siamo consumi, da prendere e abbandonare.
Uomini e donne, dediti a guadagnare di più per acquistare "cose che occorrono per essere felici" (è un mantra in cui siamo calati dalla nascita), o per tendere al consumismo minimo che ci renda accetti nella società dei consumatori (anche a costo di ridurre ulteriormente i bisogni essenziali della vita), abbiamo meno energie, meno interesse, da dedicare all'empatia reciproca, ai negoziati intensi, lunghi, difficili, impegnativi. Meglio un rapporto "a rischio", un rapporto "usa e getta", nello stile di quanto si anela materialmente, o tentare di risolvere il conflitto velocemente con un atto di acquisto, con un regalo materiale. Meglio i rapporti fittizi dei social network, in cui l'aspetto migliore non è esserci, ma troncare quando si vuole, rapidamente, senza nulla dovere agli altri. Il rapporto di coppia, materializzato dal regalo, feticcio della carenza dell'esserci davvero, o termina, scartato come prodotto difettoso, o si assesta su complicità vuote; non subentra la soddisfazione, il vuoto interiore rimane, l'ansia continua (lavoro per consumare, capacità di consumare per sentirsi parte della società, per "equilibrare" rapporti emotivi)
E l'ansia è tra i migliori incentivi per ulteriori acquisti.
N.B.: pubblico questo post non perché profondamente toccato dalla problematica, ma a scopo fittizio, nel commercio di me stesso, per sentirmi accettato dalle comunità del confessionale del web, nell'anelito di rafforzare l'autostima alla ricerca di qualche "mi piace".
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