Giovanni Sicuranza
Barellato, le pareti che scorrono veloci, linee grigie e blu e affanni di mani intorno al mio corpo.
La mascherina è a posto, perché ho sempre qualcuno che la sposta, la comprime? Perché nessuno parla?
Nemmeno io, se è per questo, però almeno penso e, nonostante il sangue stia affogando il diaframma, lo faccio in grande stile.
***
Basta guardarsi intorno per notare due fenomeni, uniti e divergenti.
E' sempre più difficile trovare una donna o un uomo per un'avventura sessuale, a parte nei libri e nei social network, in cui orgasmi patinati e virtuali gonfiano il nostro desiderio.
Nel romanzo, in particolare, lo schema vincente ha poche variabili: la donna è una sfigata in attesa di conoscersi e, per farlo, per scoprire la sua femminilità, mica riesce da sola, no. Ha bisogno di un fottuto psico-sadico che la ami; a modo suo, chiaro. Ha bisogno di soffrire, nel corpo e nella mente. In genere, chi scrive questo trattato di erotismo è donna e, in genere, quando parla, usa il copia e incolla: "Io, no di certo, non sono come la mia protagonista, io; anzi, le dirò che con il mio romanzo ho voluto dimostrare proprio il contrario, ecco, cioè quanto è insalubre il rapporto in cui la donna si lascia brutalizzare da un dominante, ancorata a stereotipi maschilisti".
Davvero?
Mi sono vestito con leggera eleganza, ho indossato la mia maschera sociale, ho avvicinato femmine con ironia e gentilezza. Donne di carne, mica cartacee o virtuali.
Sono ancora solo.
Questi romanzi vanno, vanno sempre più, e più vanno, più ce ne dissociamo.
La mia collega di lavoro, che solo a guardarla ho picchi extraventricolari di testosterone, si nutre di questi libri.
Di sesso da sfogliare.
Ha anche un profilo Facebook, che gronda di maschi dalla battuta facile e dall'invito esplicito. Lei aggiorna le foto, sceglie quelle in cui può mostrarsi come oggetto. Ne è fiera e mi racconta ogni particolare, mugolando le cascate di commenti che le schizzano addosso, come se non ci fossi anch'io, maschio sbavante, su Facebook.
Però il suo cellulare continua a rimanere muto, però al lavoro arriva sempre presto, senza una sbavatura, un segno di lotta predatoria, un sorriso monnalisico.
Secondo me, la realtà ci spaventa, oppure è troppo lenta, e allora scopiamo al sicuro, protetti da un libro e da internet, scopiamo veloci, comodi sul divano o sulla tazza del cesso.
Secondo me, è un motivo per cui questi romanzi vanno. E vengono.
Allora ho pensato di crearla io, una storia in stile erotico-esplicito, ma che scardinasse questa alienazione.
Che provocasse il lettore.
***
Ho due notizie.
La prima l'ho sentita dire da un'infermiera a un'altra.
Sdraiato sul tavolo operatorio, i miei occhi sono come potassio, attratto dalle chiappe sodiche di quest'ultima. Ho le iridi gonfie di eccitazione.
Nemmeno le parole dell'altra infermiera le fanno ammansire.
Arrivano lontane, queste parole, come pronunciate in una galleria del vento, tremano e svaniscono subito. Forse ritornano, distorte, metalliche, ma non ne sono sicuro, perché, intanto, ci sono altre nuvole di frasi.
Sono la sentenza della mia morte. Dicono che mica si spiegano perché mi sono spezzato le ultime due coste e si fermano, poi ricominciano, vuote di speranze.
Il culo dell'altra sembra disapprovare, spostandosi appena da un lato all'altro.
Ah, se potessi allungare le mani, se solo riuscissi a vedere, a sentire le mie dita, vermi di carne e ossa, complici del mio inconsapevole suicidio.
***
E' semplice, lo spiegano i manuali di autoerotismo.
Per un rapporto auto-orale, le ultime coste sono un ostacolo.
In una semplice pagina spiegano che basta romperle per avere in bocca il proprio pene. E godere con il corpo del proprio corpo.
Ecco il tema del mio libro erotico, del mio romanzo denuncia.
Il sesso con se stessi, perché è questo che, in realtà, cerchiamo quando ci lasciamo andare alle letture di amore sofferto, di rapporti espliciti e possessivi. Quando, su internet, su Facebook, ci esibiamo per provocare.
Godiamo di noi stessi, ecco cosa facciamo. Siamo spinterogeni montati al contrario. Gli altri, fuori, ci interessano solo nella misura in cui possono spiarci, per quanto lo concediamo. Quel che basta ad auto-eccitarci.
Gli altri sono troppo reali. Troppo insoddisfacenti. La carne altrui ha la consistenza di troppi interrogativi, mentre noi siamo le nostre sole, uniche, domande e risposte.
Ecco, avrei voluto portare all'estremo questo, descriverlo attraverso la mia esperienza romanzata.
Sarebbe stato un libro di successo.
Il diario di un uomo che cerca un rapporto umiliante, da dominatore a dominato, ma che, coerente con il nostro isolamento sociale, possiede e si fa possedere da se stesso.
Orgasmi su orgasmi, il cazzo in bocca fino ad esplodere, avvizzirsi e poi ricominciare.
Registrare il lato più intimo della nostra fase orale, su carta, nei video on-line, goccia dopo goccia, sperma e saliva e sudore, tutto per i lettori e i voyeur del nuovo erotismo ripiegato in se stesso.
Una martellata alle coste, oltre ad uccidere dal dolore, rischia di fare penetrare i frammenti nei polmoni. Questo, nei manuali dei sessuologi, mica c'è scritto, non lo trovate negli effetti collaterali dei consigli per una più appagante sessualità.
Così mi trovo a respirare le mie ultime fantasie, in un'Unità Operativa di Pronto Soccorso. Le mie ultime coste sono diventate denti di squalo e hanno lacerato la prima carne succube della loro corsa.
Credo di essere una vasca di sangue.
***
Ciò che amareggia la mia agonia è constatare come, nonostante io sia nudo, aperto come mai prima, nessuna di queste due infermerie mostra la minima curiosità per il mio corpo.
Io, invece, le sento, le loro reali carnosità. Poi mi rendo conto che sono avvolte in divise di un colore familiare ed è allora, credo, che decido di lasciare perdere, di lasciarmi perdere.
Queste donne, che si affannano intorno alla mia nudità, sono blu, completamente protette di blu.
Il colore di Facebook.
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