Le mani se ne vanno al petto, il petto si ferma al loro tocco.
La donna guarda oltre il bosco, verso un luogo che non conosce.
E sa.
Così, dopo un viaggio che ha tagliato chilometri di distanza e divieti e risposte non date a chi le respira intorno, giunge infine al cimitero.
L'uomo tace, con vestito leggero di terra, gli occhi infossati a scrutarsi dentro.
Non la saluta, eppure potrebbe riconoscerla subito anche se mai l'ha vista.
Lei è proprio come l'avrebbe immaginata se per un attimo, un solo attimo prima della caduta nel baratro, avesse scritto di come sarebbe stato il loro incontro dopo la sua morte.
Nera, elegante nella dissonanza dei jeans sotto la giacca con il bavero rialzato ad ali di rondine. Gli anfibi che marciano delicati, la ghiaia che si scosta al loro passo, fino al bordo della fossa.
Gli occhiali scuri sono per i presenti, adesso che lei è sopra di lui non hanno più essenza.
Così le dita li ripongono nella cantina di una tasca, così gli occhi, lenti e assorti, apprendono l'uomo.
L'uomo è ancora immobile, non sa fare altro, è vero, ma è immobile come immobile è stato il loro desiderio negli anni, immobile come chi è incantato infine dalla conoscenza.
Se avesse immaginato con più coraggio la propria sepoltura, l'avrebbe desiderata proprio per questo incontro.
Il giorno cede, i presenti cedono, non esiste prete.
Ora lei e lui, nel tramonto di un vento qualunque, sono soli.
E questo è tutto, un magnifico tutto, un tutto che rimarrà negli anni a venire, mentre la terra si assembra svogliata sul corpo dell'uomo.
La donna non aspetta la scomparsa nella tomba, cerca gli occhiali nella tasca, li trova, li lascia lì; pensa ad un sorriso ed è il sorriso più vero mai dato, perché si apre solo nella sua mente e solo per un uomo che mai sarà concreto.
Sono stati un mistero di dialoghi virtuali, lunghi anni ed anni, un mistero affluito nel canto minimalista della morte.
Così la donna si allontana, ritorna a se stessa.
Fragile nel tacito accordo di un ultimo silenzio.
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