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Micro



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Giovanni Sicuranza

A quelle parole tutti abbiamo sussultato. 
Persino il vento, oltre la vetrata dell'ospedale, ha mosso le foglie in un diniego. Questo lo aggiunge mia moglie, anche oggi, anche mentre dorme e si agita e piange. A quelle parole, dice, si è voltata, perché erano troppo pesanti per reggere ancora l'agonia di nostro figlio; così ha visto le foglie che smettevano di cadere; a quelle parole, dice, le foglie hanno esitato a lungo, e, invece di cadere, si sono mosse perplesse da un lato all'altro della finestra. Come chi nega oscillando la testa. 
Mi sono perso questo prodigio, perché ho continuato a guardare solo lui. 
Mio figlio. 
Sto morendo, ha detto, ed è stato come colpire tutti i birilli con un solo lancio. Mia moglie, l'infermiera, io, un unico passo indietro, come a prendere la distanza da quell'abominio. Un bambino di tredici anni, un bambino che sorride e, sto morendo, dice. 
Poi guarda me, solo me, gli occhi grandi, sempre più grandi. Spenti.


La luce della luna taglia mia moglie in due masse scure, irrequiete. Le gambe tremano, anarchiche, bilancieri di un pendolo privo di sincronismi. La testa fa no, la bocca socchiusa che lascia lacrime salivari sul cuscino. 
Ogni notte mia moglie cade piano verso il baratro. E' una foglia che ascolta le ultime parole. 
Sto morendo.
Io, invece, mi alzo e scivolo oltre il buio della stanza, verso il mio ambulatorio. 
Ho nella memoria il sorriso di nostro figlio, forte fino all'ultimo, e so che il sorriso è la sua vera parola. 
Negli anni trascorsi insieme, abbiamo condiviso la passione per il mondo microscopico. Abbiamo fatto più viaggi insieme tra habitat di batteri e virus e miceti, che tra mare e montagna. 
Nessuno, nemmeno mia moglie, immagina quanto questo ci ha unito.   
Mio figlio sapeva che ogni essere umano è una colonia immensa e variopinta di microrganismi, sapeva anche che, dopo la morte, il microcosmo diventa fermento, che cresce e che muta e trasforma organi e tessuti.
Lui stesso mi ha suggerito cosa prendere. Quanto prendere. 
La luna si è spenta dietro le nuvole, al piano di sopra è cessato il lamento. Mia moglie riposerà almeno queste ore prima dell'alba. Io no, io sono agitato, e sudo, mentre mi chino sul microscopio.
Sto morendo, ha detto, e intanto sorrideva. Perché non era vero, perché siamo cellule e microbi, siamo vita che si trasforma in continuazione, anche dopo la morte. 
Metto a fuoco un altro lembo di epidermide, un altro pezzo di mio figlio, questo brulichio di batteri, così pieno di energia. 
Adesso mi sento calmo. 
Adesso sorrido. 

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