La santella e il calamarium - Nostra Signora della Fossa
Giovanni Sicuranza
I
Nasco e muoio in Anno Domini 1631 sul ciglio del Lago Nero.
Sono sopravvissuta per nove mesi.
Diciassette, contando quelli trascorsi nella simbiosi con mia madre.
Il mio primo pianto non si sente, sovrastato da quello dei lutti, in un paese annichilito dal morbo nero.
I cadaveri vengono nascosti nel lago.
Non c'è tempo per singole sepolture. Non c'è la forza di guardare i morsi di una morte nuova, devastatrice di corpi e speranze.
Quando i miei bubboni esplodono sangue e pus, il cervello è in rapida espansione.
Il mio corpo infante è accatastato su quelli di mia madre, di mio padre. Sui resti dei miei fratelli.
Nessuno capisce che la mia vita encefalica continua.
Nasco e muoio nel 1631, la mia tomba è il Lago Nero.
Ma vivo ancora nella santella costruita sulla sponda, accanto al sentiero che da Lavrange porta sulla montagna.
La santella è in memoria dell'epidemia di peste, è roccia fredda costruita dai superstiti per ingraziarsi divinità e spiriti dei morti.
Solo che io sono sempre furiosa.
Ho l'energia mentale di un'adolescente, prigioniera nella santella.
Ho una voglie secolari di scatenarmi.
A stento attendo.
Ci sarà un viandante.
Arriverà e si fermerà di fronte alla santella per un segno della croce.
A pensarci mi prudono i denti.
II
Devo scrivere,
non devo vedere.
Masticare le pagine con il dente del calamo, incidere ferite di parole.
Veloce per non vedere.
Ieri l'inverno è entrato nel nostro giaciglio.
Pregavamo per tenerlo lontano, le famiglie sono nude al suo arrivo.
Pregavamo alla santella del Lago Nero.
E ieri.
No, scrivo, scrivo. Che almeno serva la mia arte.
Mariano me lo ha detto, sei l'unico che sa fare di calamo, che tu sia testimonianza, che tu sia come Verbo del Signore, ha sussurrato.
Non ricordo dov'è seppellito il pastore nostro, voce di Dio, però queste sono state le ultime parole. Dentro la mia fede.
Parlava piano, la gola gonfia di pustole nere.
Sono le ancelle del Signore, ci ha detto il prete.
Scure di rabbia, giungono sulle gobbe bianche dell'inverno per punirci.
Non abbiamo capito di quale peccato, nemmeno il prete lo sapeva, ma deve essere enorme, perché tutti, intorno, sono caduti sul peso delle pustole.
Anche mia moglie, ieri. L'inverno l'ha gelata nel dolore e nel sangue. Senza la benedizione del prete e ora temo per la sua anima.
Così scrivo. Scrivo e scrivo.
Non ti seppellisco, donna mia, scrivo.
Padre Mariano ha detto che le mie parole sono testimonianza e io credo.
Per questo ti salvo, qui, il tuo corpo gonfio sulle mie ginocchia.
Immergo il calamo nel ventre tuo, gravido di morte e di questa figlia nostra innata, in voi due io scrivo.
Che siate Verbo, scrivo. Che voi siate Anime Redente.
[immagine: art of Brooke Shaden]
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