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Primi passi (riedit)


Primi passi - Giovanni Sicuranza


​Primi passi - da "Sotto la terra qualcosa campa"
Giovanni Sicuranza


Ricorda questo, tu che ti appresti a leggere di noi. 

Quando ancora si usavano le mappe di carta​, tu ne prendevi una dell’Europa, e, ​se usci​vi dal labirinto delle sue piegature, indicavi un punto a caso​.

Non importava se oriente, occidente o ovunque, il fatto è che​ spesso​ ti imbatte​vi in un luogo chiamato Lavrange. 

***

Fino agli inizi del XIX secolo Lavrange è stato il nome più frequente dei luoghi urbani nati dalla morte collettiva. 

Un’epidemia, una strage; l’estinzione della terra e di chi dalla terra dipendeva. 

Lavrange era ogni centro organico, ogni paese sorto a calpestare moltitudini di morti. 
L'Europa ne era piena. 
Non i trattati, non la moneta, Lavrange dei morti è stato il primo elemento durevole e comune degli Stati.

Questi luoghi nascevano e perivano nel giro di due o tre generazioni, il tempo di una grande mietitura, umana o assoluta; mai sono riusciti ad aggregarsi in città.  

Nella tradizione indoeuropea, i lavranger erano i primi nomadi che migliaia di anni addietro, a partire dalle steppe a nord del Mar Nero, lasciarono la caccia per l’agricoltura. 
Erano gli avi dei campi coltivati, della fine del vagabondare; le popolazioni dei raccolti monogame, quelle che la terra domano, devastano e curano, temono e abitano.

Quelli che nella propria terra muoiono e, sepolti, le danno credo e nutrimento. 

Nell’era moderna, dove la morte è un tabù da rimuovere, non trovi indicato un Lavrange che sia uno.
Non è negazionismo, si tratta di paurismo sociale. 

Eppure a ben vedere, a ben leggere la mappa scelta tra quelle con più rughe, un luogo così, uno, unico, rimane. 

***
Visto dall’alto, in scala, il fiume che lambisce il paese di Lavrange oggi sopravvissuto, sembra un volto caprino, lungo, sottile, fino a quando si biforca con due corna a chiudere le mura medievali. Anche il colore delle sue acque, verde scuro, dove i cipressi si raccolgono ad oscurare il mondo, richiamerebbe all’osservatore una bestia​​ giunta dalle profondità della terra​, forse dagli inferi.
​Le mappe digitali non sono adatte a questa rappresentazione e​ il paese di​ Lavrange deve svelarsi improvvis​o al turista che gli capita dentro, accolto dai teschi dei fondatori, sentinelle nelle santelle, memorie agli angoli delle strade, tra nebbie di polvere e ghiaia. Non di asfalto, ​ci mancherebbe, l'asfalto è roba da google maps. 
Mai, ​a Lavrange, ha coperto il ricordo dei defunti.  

***

Per il mio amico Leopoldo quei teschi grotteschi, esposti al pudore eppure sopra ogni giudizio, schernivano la vita. 
Anche oggi, mentre mi preparo ad ucciderlo, lo ricordo con gli occhi smarriti nelle santelle. Ci ritrovammo​ in un paese​ che era la primavera della nostra età adulta​​ ​e il tramonto dell'epidemia​ letale​.
​Questa giunse improvvis​a, durante il riscaldamento globale che ancora sta trasformando la terra, e non ​ci diede modo di contenere i casi. 
Prima di essere riconosciuto, ogni contagiato aveva liberato milioni di batteri lungo decine di vie respiratorie feconde e indifese.
La Bordetella Pertussis si era sparsa in tutta Lavrange, tanto affamata, festosa e vogliosa nel bordello di carne e saliva della prima generazione dei non vaccinati.

Iniziarono i bambini. 
Scesero in casse da morto, bianche come la promessa del latte appena munto, per sempre muti di giochi e risate.
Finita la vernice in lattice, le loro bare si fecero colore pece e affollarono le strade e i cortili e la chiesa, simili a bubboni di Peste Nera sulla pelle di Lavrange.
Per gli ultimi cuccioli bastarono appena i sacchi dell'immondizia e molti di loro finirono chiusi insieme, in una calca di putrida miseria, uno contro l'altro, fino a quando non rimaneva spazio libero nemmeno per un dito, nemmeno per la pietà. 
  
In quel primo autunno, alcuni anziani dicevano che Nostra Signora della Fossa, la strega, ancora girava per le case a raccogliere le lacrime dei genitori. 
E qualche adulto sparì, forse consumato dal dolore, forse dalla rabbia di chi aveva perso un figlio vaccinato a causa di tanti bambini scoperti dall'immunità. 
Gli anziani insistevano, erano convinti che fosse colpa della strega, dicevano che Nostra Signora della Fossa era lo stato fisico della Morte e che la Morte viveva a Lavrange.

Nessuno aveva la forza di approfondire. 
Quando si è sopravvissuti, la vita è fatica, è concentrazione su chi rimane, è ripartire da nuove semine, da nuove regole, da altre famiglie. 
Non resta affanno per i morti, il dolore sociale deve esaurire presto il suo credito per lasciare posto al rinnovo della comunità.
A questo servono le fosse comuni; non solo per motivi di igiene, ma anche a seppellire tutti in fretta per non perdere la speranza nel futuro.

Lavrange non fece eccezione e, a differenza degli altri luoghi dallo stesso nome, ancora esiste.   

Così, in quei primi mesi di lenta ripresa, Leopoldo ed io giravamo come profughi tra i silenzi della bruma.
Lui era tornato a Lavrange per seppellire le sorelline e per un lugubre progetto.
Io ero tra i pochi ragazzi che ancora respiravano. 

I miei genitori avevano deciso di vaccinare me e mia sorella, credo perché ricordavano i​ racconto sui​​ lutti dell'epidemia di influenza​, quella grande e grassa, la​ spagnola, quando Nostra Signora della Fossa era risorta in paese e si era presa i loro nonni e i fratelli e le sorelle e tanti altri nonni. 

Ne parlavano sempre, tra loro, con noi​, al paese​; ricordo le preghiere intorno al tavolo, nelle omelie della chiesa, alle commemorazioni al cimitero della collina; ci dicevano che Lavrange non avrebbe mai mutato nome perché troppe volte i virus e i batteri avevano saccheggiato e depredato la sua gente.

Nostro padre diceva anche che per questo abbiamo bisogno di Nostra Signora della Fossa, che sempre si bisbiglierà il suo nome tra i sopravvissuti. 
Nostra Signora della Fossa è il feticcio della Morte, un volto di donna da individuare per ogni generazione, da affidare ad una femmina storpia o ribelle, o entrambe, perché, si sa, la donna non devota diventa brutta anche nell'aspetto. 
A Lavrange scegliere una strega è necessario per evitare la disgregazione. 
Vedere la strega, additarla, controllarla, renderla causa dei mali, protegge dal dolore improvviso, dalla morte inaspettata. Diventa coesione sociale, un credo comune per le persone. 
A Lavrange Nostra Signora della Fossa è come una religione, come la vostra Madonna. 
A volte, mentre ci porta via, ha persino la sua stessa triste compassione. 

​Mia madre era più interessata alla tradizione che a queste spiegazioni sociali. 
Nostra Signora della Fossa è il mito più importante del paese, diceva, la Santa Morte che si prolunga dalla prima pandemia di Peste Nera. 
Dopo il cimitero, scendevamo lenti per pochi metri verso le ultime case e, mentre papà brontolava e tirava dritto, ogni volta mamma ci portava a vedere l'occhio nero della strega. 
State attenti, non vi avvicinate troppo e respirate, respirate bene, piccoli miei, se sente un respiro regolare Nostra Signora non arriva. 
La mano di mia sorella cercava la mia, fredda, sudata, e si accucciava dentro. 
Erano i nostri momenti intensi a contemplare il nulla. 
Ricordo che ci sembrava di avere perso l'udito, tanto il silenzio era forte, e il linguaggio, tanto le parole erano incapaci di sopravvivere sulla voragine che lacerava e rapiva la terra di Lavrange.  
Il buio di quel fosso era così assoluto, solido, che a volte credevo di poterci camminare sopra. 
Mia madre forse lo sapeva, perché ci abbracciava stretti stretti.  
Qui non c'è ritorno, diceva, questa è la Morte. 

Mia sorella finì a sette anni; la pertosse aveva sfibrato i suoi anticorpi come era accaduto con altri di noi, protetti, sì, ma incapaci di resistere tra la moltitudine dei non vaccinati. 

Leopoldo aveva vissuto nelle fortezze di una scuola alberghiera, tra sorrisi lontani.     
Il mio amico d'infanzia mi aveva chiamato ​mentre l'epidemia, affamata, priva di nutrimento, già agonizzava sopra i morti.  
Lavrange ​poteva essere la sua occasione di costruzione. 
Ci vuole rinascita, comprendi, ti ricordi il mio progetto sul vecchio ospedale, ecco, è il momento, ci vuole un albergo, una speranza. 
Lo chiamerò l'Albergo dei Tre Atti e lo farò costruire accanto al cimitero, la vita che si oppone alla morte, cosa ne pensi? 
Perché dei Tre Atti? 
Ah, cosa importa adesso, dico, nascita, crescita e morte, ecco perché e te lo spiegheranno per bene i fantasmi, se mai fantasmi riuscirò ad ospitare. 
Sì, sai, è un'idea malsana e per questo scommetto che funziona; l'albergo sarà la comunione più prossima tra la folla durevole dei morti e quella transitoria dei vivi, sarà come un centro di memoria e pellegrinaggio. 

Quella era stata una telefonata satura di entusiasmo, non un sospiro aveva dedicato alle sorelle morte. 
Dal giorno in cui era entrato nelle mura di Lavrange, però, anche lui sembrava un cadavere. 
Si aggirava tra le vie ​melmose, che ancora esibivano gli odori​ e i liquami​ della putrefazione, il passo da zombie, le labbra appassite.  
Guarda ​questi teschi nelle santelle e poi guarda le foto dei vivi, mi diceva; queste persone, vedi​​ come sorridono​, un profilo qua e adesso, vedi, altro sorriso smagliante per un'altra bacheca​, ​tutti così ​disponibili ​da mostrare i denti. 
Io arrivo da un mondo così, amico mio. 
Un mondo dove la morte è rimossa. 
Sorridere è anche un tentativo per sconfiggerla, non credi?

E' una sfida che unisce la società. 
Io sorrido perché sto bene e tu mi sorridi perché lo sai e anche a te la vita sorride e nella foto amplifichiamo al mondo questo messaggio​ e mostriamo la nostra bellezza, la nostra capacità di essere vivi​. 
I denti belli dei viventi, è una rima, vero? 
E adesso guarda il paradosso, guarda l'inganno, osserva i teschi nelle santelle e poi i sorrisi di questi profili condivisi; i loro denti​ dietro le labbra​ svelano il cranio sotto la carne, sono le ossa della morte dietro le armonie del viso.
Mi diceva così nei primi mesi trascorsi tra i miasmi di Lavrange, e i suoi occhi fuggivano dalle immagini sul social network per trascinarsi nelle santelle. 
Io non sorrido più nelle foto; è una visione terribile, capisci, i nostri denti mostrano come saremo dopo la decomposizione.

[...]


"Sotto la terra qualcosa campa".

Non è un romanzo per un lettore forte. 
Non è un romanzo per un blogger acuto. 
Non è un romanzo per un editore serio.
Non è un romanzo da affollare librerie.
Ti piace anche se non ti piace.


[immagini: 1)surrealism by Erik Johansson
2) Angelica-Liddell-Card-550x400]

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