C’era un filo di vento – Giovanni Sicuranza
C’era un filo di vento.
Lo abbiamo visto, credetemi; era sottile, veniva giù dal cielo, unico e fiero, anche se bastava appena per la cinta più interna del cimitero. Se ne stava proprio sulla fossa della strega, un sopravvissuto all’afa di questi giorni, un richiamo di speranza, e noi non abbiamo resistito.
È andata così, mio fratello, il mio cucciolo di vita, si è allungato troppo, ha cercato di toccare il vento, con le sue manine dispnoiche, scure di terra e di sudore, non ha reagito al mio richiamo, questo caldo acceca, la sua umidità si spande sui sensi, rende fragile l’istinto di sopravvivenza, e allora capite che non sono stato io.
La fossa lo ha preso, ecco come è andata, ha preso ogni suo respiro, e l’attimo dopo anche il filo di vento, teso come piombo, è crollato.
Non chiedetemi della strega, Nostra Signora della Fossa non si è vista e, santocielo, abbassate quelle espressioni dubbiose, non è che non esiste solo perché nessuno oggi la vede.
Anche lei giunge improvvisa, come un filo di vento nell’inferno dell’estate.
Il bambino è morto e, stupito, si chiede come mai, con occhi grandi nel cielo, non gli interessano più le nuvole.
Il tramonto è diventato freddo e giace sul selciato pallido di roccia.
I rami se ne stanno intorno, tutti, chini di lutto e insensibili al vento della fossa, saldi come braccia di rigor mortis.
Gli uccelli se ne vanno, alti e neri e lontani, così lontani che paiono mosche.
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