D'anima - Giovanni Sicuranza
Cerchi l'anima gemella, gli chiedo, e mica aspetto la risposta.
Sono diventata più brava a disfarmi dei corpi di questi adoratori del metafisico, ora ci metto sette minuti sette da quando gli sparo in bocca a quando avvolgo la loro carne nel sacco dell'indifferenziata. Gettarla nell'organico sarebbe meglio, certo, ma prima dovrei svestirli, disossarli, questi uomini alla ricerca dell'impalpabile, e, no, sette minuti per celarli nella cerata scura, vestito funebre, cinque per trascinarli sotto la magia delle stelle, e chiedere se hanno ancora un desiderio, così, uniti fino all'auto, poi venti minuti per raggiungere la bocca mefitica, uterina, della fossa di Lavrange e lasciarli a imputridire nei gas della terra madre.
Credo sia già un buon servizio per riporre i desideri nella giusta prospettiva.
Cercano l'anima gemella, mi dicono i miei appuntamenti galanti, e qualcuno ci crede davvero, imbevuto di esalazioni alla walt disney fin da piccino, altri lo dichiarano perché pensano di fare colpo. Sì, magari con altre donne funziona, con le adoratrici del colore rosa e dei fiori recisi-in-omaggio-per-te, ma questa frase è un concentrato di schizofrenia.
Cerco l'anima gemella.
Ecco come la vita si suicida per un sogno a bocca aperta.
E allora sono io a fare colpo; li sfioro, fingo di cedere, di appisolare le mie labbra sulle loro, poi ne faccio esplodere la carne inutile nell'eiaculazione di un proiettile dalla pistola, perché,
dico,
cosa se ne fanno del corpo se cercano un'anima.
[da "Sotto la terra qualcosa campa"]
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