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R.I.F.


R.I.F.
Giovanni Sicuranza

Non è facile morire. 
Per questo l’acronimo merita un primo piano. 
Lorenzo dilata i particolari sullo schermo del PC, fino al limite di sopravvivenza dei pixel, quindi sorride. 
 - Rip – annuncia alle penombre della camera, un suono così gonfio di morte da schiacciare persino Tori Amos nelle casse del computer, mentre sussurra “Hey Jupiter”.
Una mano sul mouse, a seguire il contorno della parola nera, l’altra a cercare il bicchiere di Bacardi sulla sinistra. “Orange”, rigorosamente. Bacardi come sempre. 
Tori Amos, per tutta la vita. 
Il bicchiere è freddo. 
Lorenzo ha un brivido, apre e chiude le palpebre. 
Già cinquanta fans in meno di un’ora. 
Cinquanta preci virtuali sulla sua lapide. 
Il bicchiere è vetro inanimato. Il Bacardi non si muove. 
Il titolo della pagina facebook è un primo piano assoluto. 
“R.I.P.” 
La frase sotto ha colore sangue, non rosso arterioso, però. È piuttosto un cupo venoso.
“Lorenzo Magnificat, scrittore (1975-2011)” .   
A fianco, sulla sinistra, sessantatré “mi piace”.
In apnea, Lorenzo deglutisce Bacardi e eccitazione.

***

Un particolare di Giovanni è il tatuaggio al polso sinistro. L’altro è che è un medico legale pendolare fra Tribunali e obitori. 
Stimato e richiesto, eppure con un tatuaggio indelebile che sporge dal polsino bianco lenzuolo. Di quelli lavati e stirati, però, non tipo sudario. Il dettaglio del tatuaggio è che raffigura un pipistrello. 
- Ti radierei dall’Albo. Non hai un aspetto serio.
Giovanni striscia lo sguardo sul volto di Lorenzo. 
Il particolare di Lorenzo è che non ha particolari. 
Viso tra i tanti, di quelli che conosci a una riunione e che l’attimo dopo confondi con altri. 
Nessuna espressività, mimetismo anatomico del sociale.
- Mi radieranno quando scopriranno che non sei morto. 
Silenzio. 
Occhi giovanni e occhi lorenzo dentro lo schermo dell’Ipad medico legale.
- Trecento fans da ieri – il pipistrello esce del tutto oltre il polsino, mentre la mano si allunga a indicare la pagina facebook. 
Lorenzo annuisce, piano. Intorno, la sala d’attesa della stazione è povertà di suoni. 
Il derby è ancora al primo tempo. O forse, pensa, sono tutti alla veglia virtuale dello scrittore Magnificat, due libri scritti in sei anni, ottantasei copie vendute, incluse quelle acquistate da parenti e amici.     
- Leggi questo – Giovanni scuote la testa - “Non l’ho conoscevo, ma morire così, mentre scriveva il suo terzo romanzo, ci spinge ad acquistare ogni sua parola”. 
La risposta al post è trecentosette “mi piace”. 
- Rischi di diventare un caso. 
Sì, dice la testa di Lorenzo, poi si solleva dallo schermo e scopre il vuoto della parete di fronte. Non un quadro, nessuna scritta di viaggiatori annoiati. Solo una colata verde scarafaggio, come ti aspetteresti di notare nella sala d’attesa di un dentista anni cinquanta.
- Forse gli imbianchini sono già morti. 
- Chi? – Giovanni, lontano. 
- Non ti sei compromesso molto con me, dottore. 
Ora lo sguardo è appeso sul soffitto. Grigio, con al centro la cicatrice lunga e sporca dei neon.
-  Trecentoventuno “mi piace” e non mi sono compromesso? Vallo a spiegare a questi che la pagina è una nostra finzione, che hai chiesto a me di darle credito – la voce di Giovanni è valanga in crescendo sul mondo di Lorenzo.
La parete alla sinistra, verde rugoso. Spoglio. Morto.
- Vai a spiegare a questi trecentoventinove che hai voluto che fosse il noto medico legale delle trasmissioni televisive, per sfiga non nota tuo amico, a scrivere su Facebook del ritrovamento dello scrittore Magnificat – sbuffo giovannesco. 
Alla loro altezza, la parete a destra è scrostata in un ampio ovale. Un occhio senza pupilla, aperto su Lorenzo. 
- Vai a spiegare a questi trecentoquarantasette che mi hai suggerito di aggiungere “Trovato accartocciato sulla scrivania, la parola fine del suo ultimo romanzo sul computer. Fine del romanzo, fine della vita”. 
In un angolo della visuale persa nel nulla, Lorenzo si accorge che l’amico si è alzato. 
- Non è un verbale, non un referto, vero. Ma mi sono compromesso. Per cui, egregio cadavere, ti lascio volentieri al tuo funerale virtuale. Hai reso eterna la tua memoria, ma, prima o poi, qualcuno ti vedrà, nel successo si ricorderà persino del tuo volto. E sarai finito.
Lorenzo si gira verso Giovanni, ma è come se i gesti fossero un sogno al rallentatore. 
Il medico legale è già sull’uscio. Prima di aprire la porta a vetri, si volta un istante, i loro occhi già distanti. 
- Saremo finiti. 
La porta si apre. Lo scatto della maniglia sembra rumore di rami secchi spezzati. Di ossa rotte. 
- Buon viaggio – dice Lorenzo. 
Giovanni alza un braccio, quello pipistrellato, e il mammifero nero sembra prendere slancio nella sala. Poi scompare. 
L’Ipad è rimasto sulla sua sedia. Dimenticato. Ma Lorenzo non lo raccoglie, non chiama l’amico. 
Osserva la gente affollarsi al suo funerale, immortale in Facebook. 
Ogni “mi piace” è un omaggio alla memoria di Lorenzo Magnificat, narratore, l’occasione per diventare qualcuno. 
La sala nuda ha un brivido di freddo. 
Lo scrittore defunto si stringe nelle spalle e legge lo schermo. 
“R.I.P.”
- Requiescat in pace – bisbiglia. 
Si alza in un gesto che dura minuti, prende l’Ipad dell’amico. 
Passo dopo passo verso l’uscita, la pagina che riempie e svuota gli occhi.
A un respiro dalla porta, si ferma. 
Oltre, la stazione è brulichio di corpi e parole. 
Una ragazza gli scivola davanti, separata solo dal vetro. Prima di essere annullata tra la gente, forse lo guarda.
Lorenzo ha un sorriso obliquo e breve.  
- Rif – dice all’Ipad - requiescat in Facebook.
La risposta è quattrocentotre “mi piace”. 




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