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Visualizzazione dei post da giugno, 2014

Evoluzione

Io non scrivo da Dio solo perché Dio non esiste [Franz G. Kafkanza - Kierling, 3 giugno 1924]

Arresti di massa [riedit]

Arresti di massa - Giovanni Sicuranza Un altro arresto, questa mattina, appena ho iniziato il turno.  Non so cosa le prende, alla città, è come se volesse dimenticarci, i miei amici, i miei familiari, gli altri.  E' successo a mia moglie, è successo tre settimane fa, è successo all'improvviso, e per questo ho cercato rifugio nella nostra casa. Solo che casa dolce casa non c'era più; le sue, mie, le nostre intime memorie bruciano di un sole nero, il suo nome è chiuso tra sbarre irreversibili. Alle 05.30 di oggi decido di uscire, riprendo il lavoro, tanto nulla cambia dentro e fuori i miei occhi, e gli arresti continuano, privi di garanzie, e sono decine, quartiere svuota quartiere, e c'è bisogno di professionisti come me.  La mattina si consuma presto, mezzogiorno è già bruciato, solo nelle nostre vite sudate c'è buio.  Attenti, ci dicono dalla televisione, è pericoloso, la sua firma rimane appiccata ai vostri respiri; questo, sibilano al Meteo,

Il corso della vita

Il corso della vita   Ha le palpebre sottili come vento, le iridi pesanti come l'afa dell'imbrunire.  Osserva il paese che se ne sta immobile, tenace sotto il cielo fuso, il suo paese svuotato.  La grande transumanza degli abitanti ha riempito il ristorante della collina di Lavrange; anche lei è qui, tra gli altri, oltre gli altri; i suoi occhi sono una nuvola carica di pioggia, grigi e blu, e cercano vagiti di vita tra sudori, risate, brindisi.  Suo figlio è seduto di fronte, un mezzo busto prima del precipizio verso il paese, e guarda annoiato il volo delle mosche sul piatto dei salumi.  Non mangi.  No.  Forse dovresti.  Forse no.  I polsi del figlio sono ancora stretti nelle garze bianche, che proteggono le ferite e allo stesso tempo le risaltano e raccontano una fiaba di morte. Ci pensi ancora, anche adesso.  Lui minimizza con le spalle; sai, mamma, basterebbe un attimo per lasciarsi andare nel vuoto, da qui, e getta una forchetta dietro le spall

Nel vento

Nel vento *  E' un tondo doni, racchiuso in se stesso nel selciato dell'unica strada che porta al cimitero.  Ma che fai, soffia Alessandro, un filo di voce che cade nella ferita al petto, non ti capisco.  Come che faccio, sputa l'uomo, grande, grosso, le ginocchia accovacciate, i pantaloni e le mutande accovacciati, le rughe del viso anche, flesse in uno sforzo di concentrazione.  Fai schifo, fai.  Non è che tu sia messo meglio, ride l'uomo, un ringhio più che altro, silenziato da un lungo grugnito, cazzo, quanto è dura.  Troppa carne? Gocce, catinelle, densità di sudore sono sulla fronte di lui che, non scherzare con me, ragazzino, dice, o ti faccio togliere il disturbo con un'altra coltellata. Sono protetto da lei, sai, non dovevi mangiarmi.  Sì, certo, adesso taci, questa è una cagata storica.  La strega verrà e di te lascerà solo brandelli.  Perché non ti sdrai e aspetti di morire in silenzio, ragazzino? Credi di essere speciale solo perché hai

E' solo una ghiandaia

" Sotto la terra qualcosa campa " Giovanni Sicuranza La strada prende il suo fagotto di case e arranca sulla collina, con il fiato corto di un selciato stretto stretto, con i suoi ciottoli, che scivolano sotto le scarpe, bianchi, grigi, come gocce di sudore e lavoro.  Alessandro ha calato la pala sulla testa della sorella, gli uccelli si sono ripresi il cielo, veloci, spaventati dal suono, un going cupo, breve, spezzato. La piccola giace con il corpo a circumnavigare il ragazzo, il collo piegato ad angolo retto, la testa appassita dietro le spalle.  Alessandro se ne sta a riprendere fiato, in piedi sopra la tomba di mamma, e insieme fanno un bel quadretto.  Scusami, ma dovevo, recita lui, perché sa che è quello che si aspettano gli adulti, ah, però deve farsi male, male davvero, tanto per soffrire mentre lo racconterà alla nonna.  E' impazzita, voleva seppellirci con mamma, canticchia mentre si inginocchia accanto alla pala. Un po' di sole è rimasto im

Sotto la terra qualcosa campa

Sotto la terra qualcosa campa. Introduzione. Primo assunto.   Forse.  Si morde un labbro, la donna; spezza la frase, crolla dentro le lacrime, la vista si confonde nel vento del bosco.  La memoria è la vita dei defunti, dice poi, perché nessuno dei figli seduti intorno la interrompe e lei ne ascolta l'attesa, più densa dell'umidità della terra, più tenace di mamma tornata dalla tomba, mamma lacerata dalla deflagrazione del forno, mamma che aveva promesso di preparare una torta esplosiva per il compleanno del nonno. Nel buio delle sepolture i defunti sono nutrimento per la terra. Ecco, vedete, e con le dita affumicate sfiora il viso della piccola, i defunti della nostra memoria non sono i defunti trasformati dalla morte.   Tua madre era bella, così la ricordi, e sorride al figlio più grande come mai ha sorriso in vita, offrendo un tizzone nero al posto dei denti, tua madre, così devastata, certo non vorresti vederla adesso.  I defunti rimangono qui, e si porta