bella donna, estratto dal romanzo assoluto
"La neve defunta" di
Giovanni Sicuranza
...
***
La tazza è sul tavolino, tranquilla,
avvolta dai loro sguardi.
Tutto intorno, la stanza è un
sussurrio di ombre distorte dalla fiamma di una candela.
- Nostra figlia aveva ragione. Il
sapore è gradevole.
- Ne verso ancora, allora.
- Aspetta.
Guendalina allunga una mano sul
braccio del marito.
- Accendi le altre candele.
- Sicura? Credevo volessi fare tutto
all’ombra che più ombra non si può – ridacchia Ascario, l’infuso già inclinato
verso la tazza.
In realtà l’idea di un’unica candela
ad illuminare questa lunga sera che scende sulla vita è stata proprio sua.
- Non tirarti indietro, Ascario – la
mano stringe ancora di più sul braccio, stringe, lo costringe a posare l’infuso
sul tavolo – Preferisci non vedere la mia trasformazione, come se non lo
sapessi, ma, ricorda, è la stessa che cambiato nostra figlia.
Ascario sospira. Inutile aggiungere
che non solo l’ha cambiata, ma soprattutto l’ha uccisa, la loro bella figlia.
E’ il loro segreto senza ritorno.
Si alza, si sposta sulle altre candele,
le da vigore una ad una con un lungo fiammifero da forno.
Quando ha terminato, rimane ad
osservare i bagliori che si rincorrono frenetici sulla parete.
- Girati, Ascario – lo invita
Guendalina alle sue spalle.
- Guendalina, io.
- Guardami, Ascario, guarda il mio
viso.
E l’uomo si
gira.
Si
gira verso
la moglie che cambia.
Si gira sul suo viso che ha lo
stesso colore rosso delle fiamme, sui suoi occhi che sono pupille enormi,
dilatate di blu.
- Sei come lei – sospira, senza
riuscire a muovere un solo passo.
Guendalina sembra sorridere, anche
se è solo un’intuizione sui muscoli del viso che si stanno paralizzando.
- Nostra figlia prendeva sempre la
bella donna. A dosi minime. E davvero sembrava bella, ricordi? Gli occhi che
diventavano un verde enorme, immenso, il viso luccicante. Era proprio un fiore.
- Non sempre a dose minime, non quel
giorno – mormora Ascario, smarrito in se stesso; china il capo, i capelli
disegnati dalle luci delle candele, cespugli di erba nera sullo sfondo grigio
della stanza.
- Versane ancora, mio amore – lo
invita Guendalina; la mano trema, la mano si protende, si allunga, e non solo
nel movimento; ad Ascario già più lunghe sembrano le dita, le falangi, le
unghie, quella cosa che spunta dalla donna e chiede e supplica – È il nostro
ultimo patto, lo sai. Il nostro ultimo segreto.
- Il mio ultimo segreto – suda lui.
- E lo manterrai per sempre, hai
giurato.
- Sì – la rassicura Ascario, ma la
sua stessa voce gli sembra sconosciuta.
Prende il contenitore dell’infuso,
per riempire ancora la tazza della moglie, e gli sembra che anche i suoi gesti
siano quelli di un altro.
Continua ad estraniarsi, a pensare
ad un altro, mentre sua moglie beve e trema, beve e inizia a delirare di prati
gialli e rossi, beve e si addormenta.
Allora lui canta una storia, e lo fa
con quella voce che non è sua, che non può essere sua, perché anche se va
avanti, tutto quanto accade è solo un incubo.
Canta di Nostra Signora della Fossa,
canta alla danza delle fiamme, canta mentre la sera diventa notte.
E canta e ancora canta e Guendalina ascolta
e Guendalina muore.
***
... continua
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