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Visualizzazione dei post da 2018

Loser

Loser – Giovanni Sicuranza Ho scelto di innamorarmi di Dolores O’Riordan. La ascolto ogni giorno, ancora di più da quando è affogata, e canto dopo canto mi sento più attratto verso la sua armonia. Lei è l’inno che innalza la Morte. Dolores cantava “Ode to my Family” e mio figlio spegneva la prima candelina di compleanno e l’attimo dopo le fiamme lo facevano urlare. Lei costruiva archi di suono e la voce di mio figlio, in confronto, era così sgraziata, che io, schiumoso di rabbia, gli ho dato una sberla, ho urlato a qual visino di lacrime e fiamme di smetterla, di essere all’altezza di Dolores almeno nel momento della morte. Un fallimento. Anche Dolores è andata avanti solo pochi mesi, so del suo entusiasmo, del nuovo album che stava realizzando con i Cranberries, eppure è morta. Mio figlio tra le fiamme, lei nell’acqua. Ed eccoci qui, tu, io; forse chi legge e rimarrà nella trappola del rito. E’ da ieri notte che la tua voce abbraccia la mia desolazione. “Zombi

Si dice che la neve sia il pianto delle fate

Sapessi, oggi mi sono svegliata presto per ascoltare il rimbombo delle rotaie lungo il vento.  Non mi sono mossa fino a quando il corvo mi ha trovata tra le cadute delle foglie di neve.  Forse non ricordi, padre, prima di morire lo facevi anche tu.  Costruivi suoni.  Questa chiesa, il cimitero di Magassa, tutte le case ora defunte mi sussurrano, come tu sussurravi della mamma, la strega che tutti temevano, la strega che tutti bramavano.  Era dunque come la morte, mia madre della Fossa, e tu mi facevi chiudere gli occhi ai confini del bosco, perché solo la scoperta del suono che torna alla valle e sale sulle montagne e poi torna a noi, solo questo modo di percepire il mondo racchiude il respiro eterno della memoria.   Come riverberano le rotaie, sembrano la strada ferrata del vento.  E' di uno dei suoni più strani che circondano la mia vita tra i ruderi della chiesa, padre; un richiamo a cui sarebbe un dolore resistere, e, no, resistere è come il pasto dell'

"bella donna" da "La neve defunta"

" belladonna" tratto dal romanzo assoluto " La neve defunta " di Giovanni Sicuranza *** Valentina e la tazza di caffè hanno un sussulto. La donna allarga le braccia, lancia uno sguardo verso l’alto, la tazza si gira a pancia in su, vomita il liquido nero sulle vesti di lei e la plastica del tavolo e si accascia al pavimento. - Non si preoccupi – Valentina sente la voce di Ascario – era solo lo sfrigolio di un insetto contro il neon. - Già – ammette lei, si affloscia sulla sedia, sente il volto che diventa fiamma, osserva la tazzina reclinata su un fianco. Sembra intatta, insomma, a parte un rivolo di caffè che ancora le esce, le esce come sangue nero dalla bocca , pensa, e subito distoglie lo sguardo. Ascario la fissa. Immobile. Attento. Intenso. - Per fortuna avevo già bevuto quasi tutto – annaspa lei. – Il suo viso ha lo stesso colore di chi prende la belladonna in dose eccessiv

La neve defunta - bella donna

bella donna , estratto dal romanzo assoluto " La neve defunta " di Giovanni Sicuranza ... *** La tazza è sul tavolino, tranquilla, avvolta dai loro sguardi. Tutto intorno, la stanza è un sussurrio di ombre distorte dalla fiamma di una candela. - Nostra figlia aveva ragione. Il sapore è gradevole. - Ne verso ancora, allora. - Aspetta. Guendalina allunga una mano sul braccio del marito. - Accendi le altre candele. - Sicura? Credevo volessi fare tutto all’ombra che più ombra non si può – ridacchia Ascario, l’infuso già inclinato verso la tazza. In realtà l’idea di un’unica candela ad illuminare questa lunga sera che scende sulla vita è stata proprio sua. - Non tirarti indietro, Ascario – la mano stringe ancora di più sul braccio, stringe, lo costringe a posare l’infuso sul tavolo – Preferisci non vedere la mia trasformazione, come se non lo sapessi, ma, ricorda, è la stessa che cambiato nostra figlia. Ascari

La neve defunta

bella donna - dal nuovo romanzo “ La neve defunta ” di Giovanni Sicuranza - Prende troppo caffè, è vero? La tazza si ferma a pochi istanti dalle labbra, indecisa. L’aroma no, persiste, si arrampica al naso, su volute di fumo, e porta con sé la risposta. Sorride appena, la donna intorno al naso; chiude gli occhi, beve un sorso. - Mai abbastanza. Riapre gli occhi, la tazza coccolata dalle labbra, e guarda l’uomo anziano, seduto di fronte. Sono ad un tavolo da quasi mezz’ora, nella penombra di un bar in chiusura. Lui ancora non le ha svelato nulla. Non ha nemmeno iniziato a bere il the che ha ordinato e che ormai, a giudicare dall’assenza di fumo, deve essere un’agonia di liquido scuro. Si limita a fissarla o a sviare l’argomento con sciocche domande sulle sue abitudini. E ancora non risponde a quelle di lei. - Sì, troppo caffè fa salire la pressione e lei ne beve molto, tanto – dice l’uomo con un’alzata di spalle – A me il dottore li h