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Sul baratro


Sul baratro - Giovanni Sicuranza

(immagine: autore Benjamin Victor)

Sul baratro l’uomo non respira. 
È un allenamento per prepararsi a morire.
Trattieni il tempo e chiudi gli occhi.
No, lasciali aperti, questi occhi feriti, e guarda, sei sulla Panoramica, c’è tutta la città, lì davanti, piccola e distante, un corpo vulnerabile.
Uno sprazzo di vitalità che lo sorprende al punto da fargli abbassare le difese. Così l’aria sfonda le narici, stupra la laringe, si appropria dei polmoni.
L’attimo dopo, mentre annaspa con il naso, lo sguardo torna al pulsare delle luci in fondo alla vallata. 
Così vulnerabile, questa città e, lo avresti mai detto, ora è la tua assassina.
L’uomo prova a sorridere e le sue labbra, rigide, non ne vogliono sapere.
Meglio infischiarsene di tutto e abbandonare il corpo sul bordo del baratro, lungo la linea dell'alba.
Città canaglia, non riesci a digerirmi e ora mi sputi.
Gli occhi cadono, seguendo le dita d'erba che disegnano ellissi appena accennate, leggere. Fragili.
- Ti aspettavi gratitudine? – ironizzano le labbra.
L’uomo inclina la testa di lato e rimane in silenzio, paziente, fino a quando il loro suono precipita sotto, tra i massi del dirupo, fino a quando non si spezza per sempre sui tetti della periferia.
Ma le labbra sono testarde.
- Alla città non interessa la morte del singolo.
Un sorriso, eccolo infine, sorprendente e fuori luogo.
Siete arroganti, pensa, siete, voi siete
- Maleducate? – provocano le labbra, rotolando macigni di sarcasmo – Invece tu, no, vero? Ci hai sfruttato per i tuoi scopi, ci hai spinto verso la seduzione.
L’uomo decide di smettere ancora di respirare e di farla finita, ma le due smorfiose sono un impeto di parole.
- Ci hai spinto verso le labbra delle tue vittime. E per cosa? Per ingannarle. Un bacio, un sorriso. E poi le hai uccise, tutte.
Era solo amore, geme lui, solo amore. Dovevo essere l’ultimo per ognuna di loro. Io, lo sapete, volevo solo 
- Ucciderle.
Le mani salgono alla bocca, stringono.
Basta!, urla.
Le dita artigliano le labbra, le schiacciano una contro l’altra.
Zitte!
E tirano, graffiano, affondano, fino a farle sanguinare.
Fino a ucciderle.
L’uomo ansima mentre si alza in piedi.
L’alba sta diluendo i suoi colori e tra poco la città sarà ancora un occhio vigile.
C’è troppa paura in giro, troppa gente interessata a lui.
È da un mese che non riesce a avvicinare un’altra donna, un’altra come quelle che ha amato. 
Per sempre.
La città è l’ultima donna, la più grande. E ingloba tutte le altre.
Gli occhi di lui diventano pesanti di lacrime.
La città lo tiene lontano. Gli nega amore.
L’uomo diventa dunque un lungo tuffo nel vuoto.
Mentre precipita ha la mente sgombra, gli occhi chiusi, il respiro sospeso.
Solo le labbra, libere dalla presa, sorridono.

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